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 2013  maggio 08 Mercoledì calendario

ROMA —

«Se lasciamo tutto com’è, la base impazzisce. Perché sembrerebbe che non è successo niente. Ma anche se scegliamo un segretario subito, sarebbe un cambiamento così forte, senza alcuna discussione, che il partito potrebbe non reggere». Fabrizio Barca non vuole sbilanciarsi sui nomi dei possibili successori di Pier Luigi Bersani. Però una sua idea ce l’ha ed è quella di un reggente, una figura pro tempore: «Una persona che investa sul governo, perché è pur sempre un esecutivo a guida Pd, ma nel contempo prepari le basi per una discussione vera dentro il partito». Riflessioni che arrivano nell’imminenza di una scelta. Oggi alle 18 si tiene il coordinamento del Partito democratico, incontro tra i big che provano a trovare un accordo per evitare l’ennesima spaccatura, in vista dell’assemblea di sabato. Tra le scelte possibili, un padre nobile, figura istituzionale, di mediazione tra le varie anime, o un giovane rinnovatore.
Ma la prima scelta ancora da compiere è proprio quella a cui accennava Barca: segretario (reggente) di transizione o segretario vero. Per la prima ipotesi si schiera con forza anche Sergio Cofferati. Che lancia un grido d’allarme e di dolore: «La patologia del Pd si sta allargando: da autolesionismo sta diventando propensione al suicidio». Per l’ex sindacalista, questa «propensione» si vede nell’ipotesi di non anticipare il congresso (si dovrebbe tenere a ottobre-novembre) e di «non individuare uno o tre reggenti per la gestione del congresso». La strada verso cui si va, dice Cofferati, ovvero quella del segretario subito, «è distruttiva». Ancora peggio l’ipotesi di separare da statuto candidato premier e segretario: «Sarebbe un clamoroso arretramento della democrazia diretta, con un segretario eletto dagli iscritti».
Ma forse la strada temuta da Cofferati non sarà quella scelta. Sembra favorita per ora l’ipotesi di una figura che traghetti il partito verso il congresso. Il nome più ricorrente è quello di Anna Finocchiaro. Oggi si terranno altre riunioni tra giovani turchi, l’ala sinistra del partito, e i renziani. Nel toto-reggente ci sono molti nomi: Claudio Martini, Vannino Chiti, Pierluigi Castagnetti e Roberto Speranza. Tra le cose da scegliere c’è anche quella sull’organizzazione del partito. Oggi è in mano a Nico Stumpo, ma i renziani vorrebbero un fedelissimo del sindaco di Firenze, Luca Lotti.
In caduta libera, invece, le quotazioni di Guglielmo Epifani (eletto alla presidenza della commissione Industria) e di Gianni Cuperlo, sostenuto dai dalemiani, ma pronto al passo indietro: «Sul mio nome non c’è unità». Del tutto improbabile anche la permanenza di Bersani. Intanto sale la protesta della base, che si è autoconvocata per sabato sotto le insegne di Occupy Pd. Giornata che dovrebbe vedere la presenza del premier Enrico Letta.
Alessandro Trocino

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Anna Finocchiaro: è questo il nome sponsorizzato da Pier Luigi Bersani per la successione a se stesso. È una donna e quindi è più difficile per chiunque opporsi alla sua candidatura a segretaria del Pd. Ha un’immagine non male (soprattutto se ci si dimentica delle famose foto in cui fa la spesa all’Ikea con la scorta che le porta il carrello e le buste). Così stasera nel caminetto che si riunirà a largo del Nazareno alle sei, il segretario dimissionario proporrà Finocchiaro.
Le reazioni degli altri? Massimo D’Alema, come sempre più spesso gli accade in questo periodo, diserterà l’incontro. Ha un ottimo motivo per farlo: una «due giorni» a Firenze con il presidente della Commissione europea Barroso. Non mancherà invece all’assemblea, anche se arriverà tardi, con un volo dalla Spagna. Il «suo» (o almeno così era stato dipinto) candidato, Gianni Cuperlo, è stato bocciato da Bersani, ma D’Alema, da uomo di partito qual è, non pronuncerà una parola contro questa decisione, né tanto meno contro la scelta di individuare la guida del Partito democratico nella Finocchiaro.
Walter Veltroni, che al caminetto ci sarà, non farà barricate. Ha già detto il suo «no» nei confronti di Gianni Cuperlo, difficile che ne pronunci altri. Beppe Fioroni ha spiegato come la pensa, anche al segretario dimissionario, direttamente: «Se non scegliamo un candidato condiviso, io mi alzo e dico "niente da fare", indiciamo il congresso il 30 giugno, non si può continuare così». Ma anche per Fioroni, che è d’accordo sulla candidatura di un segretario di «sinistra», dire di no ad Anna Finocchiaro è impossibile. Lo stesso vale per Rosy Bindi: l’ipotesi di una donna alla leadership del Pd mette la presidente dimissionaria nell’impossibilità di polemizzare con Bersani.
Poi ci sono i «giovani turchi», ma anche loro, che hanno già stoppato Finocchiaro alla presidenza del Senato, non possono fare le barricate su un’ipotesi del genere. Il premier Enrico Letta insieme a Dario Franceschini ha cercato fino all’ultimo di evitare la nomina di un segretario vero e proprio, ma poi si è dovuto arrendere. Anche perché molti dei suoi sono convinti che Finocchiaro sarà una soluzione pro-tempore. E sbagliano, perché lei non ha la minima intenzione di non ricandidarsi al congresso.
Chi manca all’appello? Solo Matteo Renzi. Il sindaco rottamatore non andrà al «caminetto». Del resto, non è la prima volta che il primo cittadino del capoluogo toscano diserta questi appuntamenti. Lo ha sempre detto che non gli piacciono le «riunioni segrete» e che preferisce gli incontri ufficiali e le trattative «alla luce del sole». Come D’Alema, Renzi parteciperà invece all’assemblea nazionale di sabato, e non è escluso che intervenga dal palco. Comunque, anche se i rapporti tra il sindaco e l’ex capogruppo del Pd al Senato sono tutt’altro che ottimi (lei gli ha dato del «miserabile», addirittura), Renzi ha spiegato ai suoi che non intende entrare nella «querelle» sulla segreteria: «Io non porrò veti». Non vuole farsi mettere in mezzo, né essere tirato in ballo per giustificare, magari, una scelta al ribasso.
Renzi sembra sempre più orientato a lasciarsi le mani libere. Oggi incontrerà Bersani, prima del caminetto, per sottolineare che le beghe del Pd non lo riguardano. Poi andrà all’Anci, dove confermerà che non vuole candidarsi alla presidenza dell’associazione dei Comuni. Quindi tornerà a Firenze, per fare il sindaco, lontano dalle traversie di questo Pd in affanno per l’alleanza con il Pdl.
Solo Goffredo Bettini, in questo frangente, ha l’autonomia e l’autorevolezza per fare una controproposta: «Andiamo da Chiamparino e chiediamogli di superare le sue resistenze e di accettare la candidatura: solo lui potrebbe risollevare il Pd».
Maria Teresa Meli