Giacomo Properzj, linkiesta.it, 8 maggio 2013
Solo quando ho conosciuto di persona Giulio Andreotti mi sono reso conto che era un omone, più alto di me, con le spalle larghe, leggermente incurvato, come sono spesso gli uomini alti, ma non gobbo
Solo quando ho conosciuto di persona Giulio Andreotti mi sono reso conto che era un omone, più alto di me, con le spalle larghe, leggermente incurvato, come sono spesso gli uomini alti, ma non gobbo. Duro e autorevole come lo sono i camerieri segreti del Papa di cui faceva gli i stessi gesti con la mano per allontanare la gente che non voleva vicino. Proprio quella mattina davanti alla questura centrale di Milano era stata lanciata una bomba a mano che aveva ucciso quattro persone e ferito molti altri, era il 17 maggio del 1973. Andreotti era presidente del consiglio, l’attentatore, un certo Giovanni Bertoli, fu subito arrestato, poi condannato ma non disse mai perché e per chi aveva fatto quell’attentato. Da allora ho avuto sempre un’impressione un po’ diversa da ciò che la volgata giornalistica e le caricature facevano di Andreotti: un uomo ecclesiale, quasi un sacrestano. Niente di tutto questo. Come poi ebbi modo sempre meglio di comprendere: un leader conservatore che operava per conservare quello che secondo lui c’era in Italia da conservare, cioè la tradizione cattolica Costantiniana che aveva controllato e talvolta salvato il paese per migliaia di anni. Il vaticano si fidava completamente di lui riconoscendolo come uno di loro, direi un cardinale laico, meno rozzo di Ruffo e più moderno di Antonelli. Forse non tutti i Papi riponevano in lui la stessa fiducia ma Paolo VI che lo aveva conosciuto prima della guerra, quando era presidente dell’azione cattolica, essendo lui, Monsignor Montini, assistente spirituale di quella organizzazione, l’aveva valutato bene e, al momento della liberazione, l’aveva collocato direttamente alla segreteria di De Gasperi scartando Aldo Moro, anche lui ex presidende dell’AC, come persona attiva ed efficace ancorché giovanissimo poiché aveva solo 25 anni. Montini che era, per così dire, più di sinistra di Andreotti, aveva percepito però il senso pratico dell’uomo molto superiore a quello di Moro a cui peraltro, forse, Montini si sentiva più vicino. Quando fu Papa, Monsignor Montini non risulta che appoggiasse particolarmente Andreotti che a quel punto, morto De Gasperi, doveva subire tutti gli attacchi derivati dalle gelosie precedenti quando nel mondo democristiano nulla si muoveva senza che il giovane segretario e poi ministro di De Gasperi non lo volesse. Fino a che fu vivo Pio XII la posizione di Andreotti, ridotta peraltro alla città di Roma e al Lazio dove doveva contendere i voti ai missini abbracciando ad Arcinazzo il generale Graziani, fu relativamente coperta. Con Giovanni XXIII le cose cambiarono e cambiarono molto col Concilio Vaticano II ma la quota di cardinali conservatori e soprattutto degli esponenti della curia romana non si distaccò da lui che poté sempre contare, nei congressi DC, di un pacchetto consistente. Un pacchetto che venne allargandosi nel corso degli anni e degli incarichi ministeriali, arrivando ad avere una forte consistenza, ahimè, in Sicilia e in alcune grandi città ( Roma e Milano) con Comunione e Liberazione. Voti congressuali ma anche problemi cosicché non appena fu possibile, dopo il 92’, i nemici tradizionali e i vigliacchi di sempre gli saltarono addosso con una lunga serie di processi del cui esito si discute ancora ma che in concreto portarono a grandi spese per lo stato, a nessuna condanna per Andreotti, a pochi svantaggi per la mafia e a qualche carriera elettorale presto scomparsa. In questi giorni su Andreotti sarà detto tutto e non mi azzardo a tuffarmi in quell’inferno di rievocazioni ma credo si possa dire che, rispetto a tutta classe dirigente di oggi, Giulio Andreotti, non solo di statura fisica, risulta un gigante. parole chiave: andreotti / politica / storia Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/largo-ai-vecchi/andreotti-il-cardinale-laico#ixzz2SiA9WyS7