Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 08 Mercoledì calendario

FERRUCCIO, IL MAZZOLA "TERZO INCOMODO"

E’ morto a 68 anni Ferruccio Mazzola che Sandro, il fratello più celebre e più ricco e calcisticamente anche più bravo ha riabbracciato pochi giorni fa, quando con la moglie è sceso a Roma per andarlo a trovare, sapendolo assai malato, il male del secolo e non solo. Il secondo figlio di Valentino capitano del Grande Torino era nato sotto la Mole il 1° febbraio 1945, e aveva fatto appena in tempo, da pupissimo, a entrare in rari filmati in cui, al Filadelfia con il fratellino, calciava il pallone verso Bacigalupo. Morto il padre a Superga, Ferruccio era cresciuto con Sandro a Milano nell’orbita nerazzurra.

Giocava bene da mezza punta tecnica, nonostante un fisico scarsino, esordiva nell’Inter, dove il fratello era già qualcuno, sotto Helenio Herrera, l’allenatore mago dai modi discussi. Fiero, testardo, libero (qualcuno diceva «balordo», già quelli erano i tempi), Ferruccio vagabondava per tanta Italia del pallone: Valdagno,

Venezia come il papà agli esordi, Fiorentina, Lazio dove stava, pur senza scendere in campo nell’organico dello scudetto 1974, e poi giù e su sino ad Edmonton in Canada.

Per lui si consumavano tesi e controtesi sull’ereditarietà delle doti pallonare. Sandro, trionfante come campione assoluto, emblematico, appariva lontano da Ferruccio che diventava anche gestore di una sala-corse, con altri ex del calcio. La coppia di bambini al Filadelfia non veniva mai ripristinata per le antologie, i fratelli erano su orbite anche familiari diverse, complicate.

Ferruccio tentava la carriera di allenatore, presso squadre sempre piccole. Nel 2004 dava alle stampe un libro, «Il terzo incomodo», in cui ripercorreva la sua vicenda e parlava anche di doping, tirando in ballo i metodi di Helenio Herrera e quindi dell’Inter dove il fratello era icona. La cosa finiva in tribunale e in prescrizione, dopo spiacevoli, dolorosi contorsionismi giuridici e non. Ferruccio dava vita ad attività a pro di ragazzi in difficoltà e di vittime del doping, intanto che la vita di tutti i giorni lo massacrava: gli moriva la prima moglie da cui aveva avuto due figli (un terzo è nato da un secondo matrimonio), era sempre più malato. Contro mulini a vento di ogni tipo era debole, povero. Ha fatto in tempo a chiedere di essere cremato e di riposare a Cassano d’Adda, il paesone di famiglia. Valentino il papà, è sempre sepolto a Torino, dove ebbe la gloria massima e due mogli.