Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 7/5/2013, 7 maggio 2013
VEGAS: RILANCIARE LA PIAZZA DI MILANO
La parola d’ordine – crescita – riecheggia nel parterre di Palazzo Mezzanotte dove una volta c’erano le grida. È il presidente Consob, Giuseppe Vegas, a invocare che la finanza torni ad avere un ruolo propulsivo dell’economia reale, e che il mercato svolga il compito, che dovrebbe essergli proprio, di motore della crescita.
Ma ogni anno che passa, l’elenco dei problemi è sempre lo stesso, semmai si allunga. A fine 2012 – ha ricordato Vegas – c’erano solo 255 società quotate in Borsa, meno ancora delle 263 di un anno prima. Il confronto con altri listini resta impietoso: 1009 società nel Regno unito, 757 in Germania, 528 in Francia. Guardando ai mercati dedicati alle piccole imprese, il quadro è ancora più sconsolante: solo 27 le micro-aziende trattate sull’Aim italiano contro le 870 dell’omonimo circuito londinese. In rapporto al Pil, se la capitalizzazione di Borsa è leggermente aumentata, passando da un anno all’altro dal 20,6% al 22,5%, la distanza rispetto alle principali economie europee resta abissale: il mercato azionario tedesco è al 43% del Pil, quello francese al 68%, quello britannico al 126%.
Problemi cronici che originano da questioni strutturali ben note: tradizionale avversione alla quotazione da parte delle nostre imprese, modesto contributo degli investitori istituzionali al listing, ridotta propensione dei risparmiatori all’investimento azionario. E tuttavia occorrerebbe trovare il modo di affrontare questi problemi in un momento in cui il credito è razionato e, come sottolineato da Vegas, è «indispensabile rimuovere gli ostacoli che impediscono lo sviluppo delle nostre imprese e dotarle di adeguati capitali», perchè «se non saranno in grado di assumere le dimensioni richieste dall’ampiezza dei mercati di sbocco, non potranno conservare a lungo la loro capacità competitiva».
Che fare, dunque? La Consob, ha ricordato Vegas, ha promosso un gruppo di lavoro che ha dato via al progetto "PiùBorsa". Obiettivo è definire una sorta di percorso guidato nel quale le imprese alla ricerca di capitali siano assistite fino a giungere ad affrontare il processo di quotazione. Procedure di ammissione semplificate e alleggerimento degli oneri amministrativi possono aiutare. Compatibilmente con le finanze pubbliche, anche gli incentivi fiscali possono servire. Promuovere fondi di fondi per canalizzare le risorse degli istituzionali verso strumenti che investano in azioni di nuova quotazione è un’altra idea. Come pure sviluppare un mercato di corporate bond al quale possano accedere anche le pmi, acclimatandosi con l’ambiente "tecnico-regolamentare" della finanza mobiliare. E, infine, per l’ampliamento del listino, servirebbe una nuova ondata di privatizzazioni, coinvolgendo le utilities locali.
Però occorre anche che i segnali siano coerenti. Se la premessa per il successo di qualsiasi iniziativa è che si faccia l’Europa, quando si scende sul pratico, si tocca con mano che persino l’armonizzazione è quasi una chimera. Sulla Tobin tax, la tassazione sulle transazioni finanziarie applicata a macchia di leopardo, si discute ancora. L’Italia è stata tra i primi Paesi a introdurla, ma a senso unico sul mercato azionario. Presto per tirare le somme, ma Vegas segnala «il rischio di spiazzamento sui mercati, in termini di delocalizzazione di importanti comparti dell’industria finanziaria nazionale e di penalizzazione per l’operatività in strumenti derivati». In platea ad ascoltare il discorso dell’Authority di mercato c’era anche il neo-premier Enrico Letta. Adesso che un Governo c’è, forse è il caso di affrontare il tema, prima che sia troppo tardi e gli effetti di un’imposta introdotta frettolosamente diventino davvero «irreversibili», come ha paventato il presidente Consob.