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 2013  maggio 07 Martedì calendario

PERCHÉ SI PUÒ RECUPERARE LO 0,5% DEL PIL

Perché c’è bisogno di una legge per pagare i fornitori? Casalinghe di Voghera ma anche grandi manager allargherebbero le braccia di fronte a questa "ingenua" domanda. Ma il problema dei fornitori della Pubblica amministrazione è assurto ormai – nello stallo delle politiche strette fra le domande della crisi e i vincoli degli impegni europei - a "questione nazionale". Vediamo alcune domande e alcune risposte. Fra queste ultime c’è anche un suggerimento su come si potrebbe tirar fuori, senza colpo ferire, una manciata di miliardi (mezzo punto di Pil) per far fronte alle necessità più urgenti (Cassa integrazione et alia...) senza toccare il disavanzo pubblico (conto economico della Pa). Quanti sono i debiti della Pa verso i fornitori? Se il capo della Fiat, Sergio Marchionne, chiedesse al proprio direttore amministrativo «quanto dobbiamo ai fornitori?», e questi dicesse «con precisione non lo so, possiamo solo fare stime», è sicuro che quel direttore amministrativo sarebbe licenziato. Ma purtroppo cotale ignoranza è "normale" in quella grande azienda che è lo Stato italiano. Un’azienda che è un conglomerato di ministeri, enti pubblici, Regioni, Provincie, Comuni, Inps..., con sistemi contabili diversi (financo da Regione a Regione). Ma perché si è creata questa giungla contabile? Le ragioni sono essenzialmente due. La prima sta semplicemente nell’inefficienza. La nostra Pa soffre di antichi difetti: una brutta tradizione di antagonismi fra cittadini e Stato, per cui la "buona amministrazione" non è mai stata in cima alle preoccupazioni dei politici. La seconda ragione non è colposa ma dolosa. Mantenere le cose complicate dà "onorata nominanza" ai pochi che ci capiscono qualcosa e chi presiede alla macchina amministrativo-contabile - la Ragioneria generale dello Stato (Rgs) - acquista potere. Torniamo al problema: perché ci vuole una legge per pagare i fornitori? Il pagamento non fa parte delle normali procedure di gestione del bilancio? Torniamo alla giungla. In molti casi i pagamenti, a livello degli enti locali, erano stati bloccati dal "Patto di stabilità interno": un patto che trasferisce a livello locale gli impegni (limiti al disavanzo), che erano stati presi con l’Europa. Per sbloccare il patto ci vuole una nuova norma. E lo stesso per dare anticipazioni di cassa alle Regioni per pagare i fornitori. Allora il problema è solo la cassa? Se bisogna pagare delle fatture vuol dire che l’impegno di spesa era stato già preso. Esatto. Nel conto economico della Pa, quello valido ai fini degli impegni europei, le spese sono iscritte per competenza, non per cassa. Quindi quando si paga una fattura, quella spesa era già stata considerata nei conti passati della Pa. Allora, adesso che paghiamo i debiti verso i fornitori, questo non dovrebbe far aumentare il deficit secondo Maastricht. Esatto. Perché, dunque, l’ex ministro Grilli ha detto che il deficit previsto per quest’anno sarebbe salito dal 2,4 al 2,9% del Pil a causa del pagamento dei debiti verso i fornitori? Buona domanda. La ragione sta nel fatto che non sempre le spese pubbliche erano state iscritte per competenza nel conto della Pa. Fabrizio Galimberti
Alcune di queste venivano iscritte per cassa. Più precisamente, le spese di investimento. Talché, se adesso paghiamo le fatture alle imprese di costruzioni o ad altre imprese fornitrici di beni capitali, tutto questo va ad impattare sul deficit secondo Maastricht. Ed era sbagliato iscrivere nel conto economico le spese di investimento per cassa e non per competenza? Sì, era sbagliato. Secondo il manuale internazionale di contabilità nazionale anche le spese di investimento devono essere iscritte secondo competenza, e, più precisamente, secondo lo stadio di avanzamento dei lavori. Questo dice il manuale, ed è questo che fanno molti Paesi: per esempio, la Spagna, che recentemente ha potuto pagare i debiti verso i fornitori anche per le spese di investimento senza impatto sul conto della Pa. Ma allora, perché l’Istat, che è responsabile della costruzione del conto della Pa, non riportava le spese di investimento secondo competenza? Per due ragioni. La prima: non c’erano abbastanza dati per stimare le spese secondo lo stadio di avanzamento dei lavori. Il sistema enti locali/Rgs non era in grado di fornire questi dati. La seconda ragione sta nel fatto che molti anni fa l’Istat fece un’indagine per stabilire la corrispondenza fra avanzamento dei lavori ed effettivo pagamento; e risultò che l’80% dei pagamenti si riferiva a lavori fatti nell’anno. Quindi diventava giustificabile usare la cassa come una buona approssimazione della competenza. Ma, appunto, questo avveniva molti anni fa, mentre da allora le cose sono cambiate. I tempi di pagamento si sono allungati: in pratica, lo Stato si è fatto finanziare dalle imprese. Allora, si può adesso ristabilire la verità dei conti, e reiscrivere le spese per investimento secondo le regole anche se mancano i dati? Dati precisi non ci sono, ma si possono fare delle stime e rispalmare le spese di investimento secondo gli anni in cui sono stati fatti i lavori che sono dietro a quelle stime. Stime... ma la contabilità nazionale non dovrebbe essere una cosa precisa? Otto von Bismarck disse che non bisogna guardare da vicino come sono fatte le salsicce e come sono fatte le leggi. E la stessa cosa si può dire per molte poste della contabilità nazionale. Quando si guarda alle cifre, queste vanno fino ai milioni di euro, ma questo grado di precisione è un’illusione. Anche gli Stati Uniti esprimono il Pil al milione di dollari, ma, per calcolare, per esempio, i redditi da affitti, guardano a quello che si evince dai dati delle imposte sui redditi, e poi allegramente raddoppiano quella cifra per tener conto degli affitti non dichiarati. E loro hanno uno dei sistemi di contabilità nazionale più complessi, sofisticati e tempestivi del mondo. Va bene, allora cambiamo il conto economico degli anni passati spalmando le spese di investimento secondo verità. Quali sono i vantaggi? Il grande vantaggio è che per quest’anno togliamo al deficit secondo Maastricht mezzo punto di Pil. Possiamo pagare ai fornitori di beni capitali quegli 8 miliardi di euro senza effetti sul conto economico. E quel mezzo punto di Pil lo possiamo spendere - tornando di nuovo al 2,9% del Pil - per quelle necessità urgenti sopra richiamate. Controindicazioni? Spalmando all’indietro si aumenta il disavanzo degli anni passati e in particolare del 2012, che è stato del 3,04% del Pil. Si supererebbe cioè la soglia magica del 3%, e questo potrebbe non piacere alle mezzemaniche bruxellesi. Ma la tendenza al miglioramento rimarrebbe intatta, e in ogni caso è arrivato il momento di mettersi dietro le spalle le meschinità di una "Europa zero-virgola" (come l’ha definita Guido Gentili sul Sole 24 Ore del 4 maggio).