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 2013  maggio 07 Martedì calendario

«SLOT CITY», SE L’ITALIA DIVENTA UNA SALA BINGO

Basta una gita fuori porta da Milano. Poco più di un’oretta di macchina e tra le colline della Brianza lecchese spunta la Las Vegas italiana, Consonno. Ora è solo una città fantasma. Del minareto, delle sale da gioco e delle balere d’un tempo rimangono le vestigia. Le pacchiane sfingi egizie così come le pagode cinesi e le gallerie di negozi stile Mille e una notte, gli armigeri medievali e le colonne doriche, le rocce finte, i cannoni puntati contro i paesi vicini e le cascate facevano da corona al Grand Hotel Plaza dove Pippo Baudo, Johnny Dorelli e le star degli anni Sessanta tenevano banco durante le loro serate. Di tutto questo rimane solo il ricordo. Sulla strada, all’imboccatura della cittadina oggi disabitata campeggia ancora il tonitruante «Consonno è il paese più piccolo ma più bello del mondo», evocazione di una città che doveva essere ma non c’è più. Oggi quella città dei divertimenti non è più lì tra colline brianzole perché si è disseminata ovunque in Italia.
Per accorgersene basta girare la propria città. Le sale Bingo hanno preso il posto di pizzerie e cinema, i bar rigurgitano di slot machine, i tabaccai sono illuminati dai monitor delle videolottery e le casse dei supermercati traboccano di sgargianti gratta e vinci. Senza contare che l’appuntamento settimanale del Lotto oggi ha raddoppiato: si estrae due giorni a settimana. Finito? Macché! Una rete del digitale terrestre dedicata al gioco d’azzardo e le trasmissioni sul poker si moltiplicano... senza contare casinò online e applicazioni per l’azzardo accessibili a tutti gli smartphone. E per finire le pubblicità sparate sul digitale terrestre col marchio dei monopoli di stato. Insomma l’Italia stessa è diventata una grande Consonno, dove casinò e biscazzieri diventano frequentazioni quotidiane. Questa grande trasformazione che spinge la penisola a credere che a salvarla sarà il ludico e non il lavoro la racconta Marco Dotti nel suo Slot City (Round Robin Editore, pp. 120, euro 12).
Ogni epoca ha una sua città ideale. L’accarezzava Platone e la sognava forse Piero della Francesca. Consonno è stata tutto questo nella mente del suo eroe eponimo Mario Bagno: la città ideale per l’Italia che si lasciava il boom economico alle spalle e entrava nella bolla che l’avrebbe condotta alla recessione e al grande debito. In molti penseranno che la trasformazione dello stivale in uno sconfinato tavolo verde spetti ancora una volta al malefico Silvio con le sue tivù commerciali. E invece no. A ingenerare la metamorfosi ci hanno pensato i moralisti della porta accanto, quelli che alzano il ditino per indicare il lecito e l’illecito ma che sotto sotto come dei novelli Vespasiano sanno che la pecunia non puzza soprattutto se si tratta di colmare le casse dell’erario. Saranno Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi, con i loro governi a dare il la. Poi Walter Veltroni che da ministro introduce la seconda giocata del Lotto (il mercoledì) per accrescere le entrate dello Stato. Lo segue a ruota Pier Luigi Bersani che col decreto semplificazione, da ministro, da un lato taglia i 5 o 2,5 euro di addebito sulle ricariche del telefonino, dall’altro avvia il più grande processo di tassazione, legalizzazione e distribuzione di slot machines che l’Europa abbia mai conosciuto. Poi Tremonti, certamente, col decreto Abruzzo del 2009, che permette, grazie all’incasso delle videolottery, di contabilizzare introiti già assegnati per la cosiddetta costruzione della cosiddetta new town all’Aquila. Ma non finisce qui. L’ultimo passo tocca a Mario Monti, ovviamente. Dal 18 aprile, mentre tutto tace, ha preso vita e forma il «Lotto on line». Questa svolta ha il colore chiaro, preciso, Tremonti a parte, del Pd. Altroché Berlusconi, berlusconismo e la cattiva maestra televisione. Ad aver trasformato i cittadini in giocatori non ci sono le televisioni ma le leggi precise che profittano della mancanza di speranza, dell’indebitamento e delle difficoltà degli italiani per rimpinguare le casse dello Stato.
Chi sono coloro che affollano le sale scommesse? A Milano i giocatori patologici sono il doppio degli alcolisti e tossicodipendenti in cura ai Sert. Ma il giro d’affari non deriva da loro. A fare girare la macchina sono i normali. «Se vai in una sala scommesse», dice un tassista a Dotti, «non ci trovi tanto il giocatore. Ci trovi l’indebitato».
I conti tornano subito: negli ultimi otto anni, mentre la crisi imperversa, il fatturato del comparto giochi esplode: si passa da 25 a 94 miliardi con una crescita del 400%. La raccolta complessiva tra gennaio e dicembre 2012 è stata di 87,8 miliardi di euro. Sia la videolottery sia le slot machine sono monitorate dai sistemi centrali della Sogei, la società di Information and Communication Technology del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il 13,5 % dell’incasso delle videolotterie finisce direttamente nelle casse dello Stato. Un affare per le finanze pubbliche l’aver fatto evolvere gli italiani da sudditi in cittadini. E poi in giocatori.