Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 06 Lunedì calendario

EFFETTO SERRA, VICINI AL PUNTO DI NON RITORNO

Quattrocento parti per milione di biossido di carbonio (CO ) nell’atmosfera terrestre. Sembra un’informazione priva di interesse, e invece costituisce un dato epocale. E’ la simbolica soglia toccata, per la prima volta da almeno 3 milioni di anni, dalla concentrazione di questo gas a effetto serra.

Il gas più importante tra quelli artificialmente incrementati da un’umanità sempre più vorace di combustibili fossili. Come dire che su un milione di molecole d’aria che respiriamo, 400 sono di CO, un livello non certo tossico per il nostro organismo - lo diviene oltre circa 5000 parti per milione (ppm) - ma per il sensibile clima terrestre sì, soprattutto se a controllarlo sono le energivore attività umane in un pericoloso esperimento globale ormai sfuggito di mano. Secondo le indagini geochimiche l’ultima volta che si erano toccati livelli comparabili era durante il Pliocene, tra circa 3 e 5 milioni di anni fa, quando la nostra specie non era ancora comparsa, la Terra era più calda di 2-3 gradi rispetto a oggi, i livelli marini più elevati di 25 metri. Uno scenario che suggerisce ciò che potrebbe diventare il clima terrestre nei prossimi decenni, e ce ne sarebbe abbastanza da metterci in crisi, come da 40 anni ammoniscono climatologi e biologi. Nulla di nuovo per il pianeta, ma per la specie umana sì. E tanto più che l’attuale presenza di CO nell’aria non è certo stabilizzata qui: nonostante i timidi tentativi internazionali di riduzione delle emissioni serra, continua a crescere ormai di quasi 3 ppm all’anno e rischia di proiettarci verso un riscaldamento atmosferico e una degradazione ambientale senza precedenti. Peraltro la soglia ritenuta di sicurezza dagli scienziati, da non superare per scongiurare cambiamenti climatici irreversibili, è quella di 350 ppm, già raggiunta nel 1986, e l’attuale superamento delle 400 ppm rappresenta dunque l’ulteriore campanello di un allarme troppo poco ascoltato che suona ormai da decenni. Le misure più utilizzate della concentrazione atmosferica di biossido di carbonio provengono dall’osservatorio del Monte Mauna Loa, a quota 3400 metri nelle Hawaii, e sono attive fin dal 1958. Là, in mezzo al Pacifico, lontano dalle grandi aree urbane di emissione, si trovano infatti le condizioni ideali per analizzare campioni d’aria rappresentativi dell’atmosfera globale, dato che le molecole di CO avendo una permanenza di oltre un secolo, hanno tutto il tempo di diffondersi omogeneamente a scala planetaria. Cinquantacinque anni fa, in un’epoca in cui solo pochi pionieri delle scienze del clima parlavano di effetto serra, fu Charles David Keeling, dottorando al California Institute of Technology, insieme a Roger Revelle, oceanografo e direttore della Scripps Institution of Oceanography a San Diego, a portare avanti la battaglia per avviare e mantenere quelle misure continuative a lungo termine, tra difficoltà logistiche e finanziamenti a singhiozzo. All’inizio della loro avventura scientifica la concentrazione di biossido di carbonio era di 316 parti per milione, già in aumento rispetto alle 280 dell’era preindustriale, ma chissà se immaginavano la drastica impennata che ci ha portati fin qui. La crescente “curva di Keeling”, così è stato battezzato il grafico del CO2 a Mauna Loa dal 1958 a oggi, è uno dei simboli più evidenti della capacità umana di alterare l’ambiente, e se ne può seguire l’andamento giorno per giorno su http:// keelingcurve.ucsd.edu/. La sua tipica fluttuazione stagionale, una sorta di “respiro della Terra”, dovuta alla temporanea cattura di CO da parte della fotosintesi delle grandi foreste boreali, farà sì che tra qualche giorno la linea inizierà ad abbassarsi, fino a ottobre, di qualche parte per milione, ma la tendenza non cambia: in assenza di provvedimenti per la riduzione delle emissioni serra, l’umanità si sta pericolosamente affacciando su un territorio ignoto e nonostante tutto, troppo presa dal confrontare ogni giorno gli isterici cambiamenti dello spread e degli indici di borsa, sta incautamente sottovalutando indicatori fisici ben più rilevanti per le generazioni a venire e la conservazione della specie.