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 2013  maggio 06 Lunedì calendario

IL RECORD NEGATIVO DI HOLLANDE. È IL PRESIDENTE MENO AMATO —

Un anno di presidenza socialista e 50 mila militanti di sinistra — molti con la scopa portata da casa — si sono radunati ieri in piazza della Bastiglia per «dare una spazzata alla politica corrotta» e gridare «Hollande come Sarkozy». Li aveva chiamati a raccolta Jean-Luc Mélenchon, ex compagno di partito poi fondatore del Front de Gauche, che definì il presidente della Repubblica «un comandante di pedalò nel mare in tempesta». Poco lontano, in piazza c’era pure la destra furibonda per le nozze concesse agli omosessuali, che esibiva gli striscioni con la scritta «François ma che ne sai tu di matrimonio» (Hollande ha quattro figli e due compagne storiche, la ex Ségolène Royal e l’attuale première dame Valérie Trierweiler, ma non ha mai voluto sposarsi). In entrambi i casi questioni epocali — la crisi dell’euro e profondi mutamenti sociali — si sono risolte in insulti contro Hollande.
Il 6 maggio 2012, nella stessa piazza della Bastiglia, François Hollande era salito sul palco pochi minuti dopo avere vinto le elezioni per promettere «una Francia nuova, diversa, più giusta». Un anno dopo la popolarità del presidente della Repubblica è la più bassa nella storia della V Repubblica, tre francesi su quattro dichiarano di non avere fiducia in lui e l’Ump, il partito dell’opposizione, ha stampato 150 mila volantini che lo ritraggono infradiciato, sotto la pioggia come spesso gli accade, il giorno del suo insediamento all’Eliseo, e la sentenza: «Il fallimento».
Ma è davvero così? O i francesi hanno semplicemente trovato qualcuno sul quale è facile rovesciare frustrazioni e l’incapacità — che ha cause ben più lontane nel tempo — a reggere il confronto con gli insopportabili, brillanti, efficaci vicini tedeschi? Prendersela con Hollande è facile, in parte naturalmente per colpa sua. Ha voluto proporsi come l’«uomo normale» lontano dagli amici miliardari di Sarkozy e dallo stile di vita estremo (tra sesso e Porsche Panamera) del rivale di partito Dominique Strauss-Kahn, si è fatto fotografare in motorino invece che sull’auto blu, e con lo stile «sono uno di voi» ha vinto le elezioni. Quella stessa bonomia, quella semplicità, gli si sono rivoltate ben presto contro.
Molti hanno visto nell’approvazione della legge sul mariage pour tous un modo per sviare l’attenzione dalla crisi economica, ma la parità dei diritti agli omosessuali era una promessa elettorale che è stata mantenuta. Dopo anni perduti anche dalla destra, Hollande si è fatto promotore di un accordo finalmente firmato a gennaio tra sindacati e industriali per ridurre il costo del lavoro, che nei prossimi mesi potrebbe dare frutti importanti; ha varato una Banca pubblica per gli investimenti con 40 miliardi a disposizione per aiutare le piccole e medie imprese; ed è stato il primo a condurre in Europa la battaglia per affiancare la crescita al rigore.
François Hollande ha commesso due gravi errori: la tassa del 75% sui redditi superiori al milione, bocciata dal Consiglio costituzionale non prima di aver devastato l’immagine internazionale della Francia, e il non essersi liberato immediatamente di Jerôme Cahuzac, l’inarrivabile ministro anti-evasione fiscale che dopo quattro mesi ha ammesso di avere tenuto per vent’anni un conto in Svizzera.
Gli indicatori dell’economia — la disoccupazione record a 3,2 milioni, la recessione, il deficit al 3,9% invece che al 3% chiesto dall’Europa — sono pessimi. Ma sono anche il frutto di riforme strutturali rinviate per decenni, ben prima dell’ingresso di Hollande all’Eliseo. Il «presidente normale» chiede tempo e rinvia il bilancio vero al 2017, alla fine del quinquennio: con la maggioranza solida garantita dal sistema politico francese, è un lusso che può permettersi.
Stefano Montefiori