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 2013  maggio 04 Sabato calendario

VOTO NEL PAESE PIU’ PERICOLOSO DEL MONDO

Ci eravamo dimenticati del Pakistan. Orripilati dai massacri in Siria, preoccupati del disastro che è il nuovo Egitto, eternamente spaventati dall’idea d’un Iran nucleare, ci eravamo scordati che “il Paese più pericoloso della Terra” resta il Pakistan, l’unico posto ove Osama bin Laden si sentisse, ingiustificatamente, al sicuro. Così, per rinfrescare a tutti la memoria, ci sono volute le raffiche che ieri mattina hanno assassinato Chaudry Zulfikar Ali, il massimo pubblico ministero, che indagava sui casi criminali che dominano la politica del paese. Mentre da Islamabad andava a un tribunale della vicina Rawalpindi, è caduto in un agguato ed è stato ucciso da terroristi in moto con 7 proiettili in corpo. Ali aveva ricevuto decine di minacce di morte, sia dai talebani del Pakistan che dalla criminalità organizzata, ma sprezzante aveva sempre sfidato la sorte. Eppure doveva sapere che, in vista delle elezioni, la campagna elettorale in Pakistan si fa con le armi. Lui non era candidato, ma contava più di un leader politico. Ed è stato così fatto tacere.
SI VOTA SABATO prossimo, in Pakistan, e l’appuntamento sarebbe da celebrare: due elezioni di seguito, senza intervento dei militari, sono un record per il Paese della purezza musulmana. Cinque anni fa, quando il dittatore Pervez Musharraf si fece da parte, l’Economist titolò mestamente: “In Pakistan non funziona mai niente, proviamo la democrazia”. La donna che doveva rimettere ordine nel paese, Benazir Bhutto, era stata assassinata durante un comizio e il voto portò quindi alla presidenza, come surrogato, il marito Asil Ali Zardari, vedovo con l’imbarazzante soprannome di “mister 5%”. In cinque anni burrascosi Zardari è riuscito a difendersi dai militari e dagli agguerriti giudici della Corte Suprema, che hanno tentato invano di destituirlo. In mancanza di altri verdetti, si torna alle urne: ma il partito di Zardari-Bhutto, il Pakistan People’s Party (Ppp) è in grave difficoltà, di fronte al partito islamico di Nawaz Sharif, favorito. Per cui ogni alleanza, anche criminale, può venir buona. Per esempio a Karachi, il favorito è Shahjanan Baloch, boss di una gang chiamata solennemente People’s Amn Committeee (Pac), che non ha nemmeno bisogno di fare campagna elettorale: infatti sta in galera, accusato di un paio di omicidi, tra cui quello di un rivale, Ashad Pappu, con la cui testa i sicari, per monito, giocarono a pallone nelle strade. Questo Pac dovrebbe essere rivale di un partito laico e progressista come quello dei Bhutto. Ma il Ppp è così debole dopo 5 anni al potere da essere costretto a scendere a patti con il crimine, fino a diventarne, dicono, “prigioniero”.
Il fatto è che in Pakistan gli anni non sembrano passare. Oggi come allora, i muri sono tappezzati di manifesti con il volto di Benazir, dietro al cui carisma si nasconde Zardari. E il pubblico ministero assassinato ieri, Chaudry Zulfikar Ali, proprio sull’assassinio Bhutto stava indagando. Dopo avere accusato i talebani, che pure rivendicarono l’omicidio, ora si occupava della mancata protezione alla Bhutto, mettendo sotto accusa l’ex dittatore Musharraf. L’ex generale con capelli tinti all’henné, è tornato da un paio di mesi dall’esilio di Londra, ma non si aspettava d’essere squalificato per precedenti penali e finire, ignomignosamente, ai domiciliari. L’esercito, per bocca del potentissimo generale Ashfak Kayani, non ha gradito l’offesa all’ex collega, sicché si teme che i militari, che hanno governato più dei politici nei 65 anni di vita del Pakistan, siano pronti a tornare.
Il modo migliore per vincere un seggio resta quello di far fuori il rivale, e almeno 50 candidati sono stati assassinati in questa campagna, quando mancano 7 giorni al voto.