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 2013  maggio 06 Lunedì calendario

NON SI SENTE «TUTTA ITALIANA» PERO’ VUOLE TUTTI ITALIANI

A nome degli italiani che amano l’Italia e che han­no a cuore l’interesse su­premo degli italiani chiedo le dimissioni della neoministro per l’Integrazione Cécile Kyen­ge per aver giurato il falso sulla Costituzione. Nell’assumere il suo incarico, domenica 28 aprile al Quirinale, aveva pronunciato la formula rituale: «Giuro di essere fedele alla Re­pubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione». Ma nella sua prima conferenza stampa a Palazzo Chigi venerdì 3 maggio ha detto che «non potrei essere intera­mente italiana», ciò che è in­compatibile con il giuramento di esercitare le sue funzioni nel­l’interesse «esclusivo» della na­zione. Queste le sue testuali pa­role: «Sono italo-congolese e, tengo a sottolinearlo, sono italo-­congolese perché appartengo a due culture, a due Paesi che so­no dentro di me e non potrei es­sere interamente italiana, non potrei essere interamente con­golese, ciò giustifica anche la mia doppia identità, ciò giustifi­ca ciò che io mi porto dietro. Questa è la prima cosa con cui io vorrei essere definita».
Per la prima volta nella storia della Repubblica viene designa­to un ministro che non si sente del tutto italiano e che non intende nep­pure diventar­lo perché si concepisce come deposi­tario di una doppia identi­tà nazionale, italo-congolese, sostenendo candidamente di appartenere a due Paesi e a due culture. In aggiunta alla chiara incompatibilità costituzionale e politica nell’affidare un mini­stero della Repubblica a un cit­tadino che non si riconosce né intende riconoscersi nell’identità italiana nella sua integrali­tà, la Kyenge incarna lo stravol­gimento della nostra cultura e della nostra tradizione circa il concetto di cittadinanza, di società, di patria e di nazione.
È chiaro che se essendoci un vizio d’origi­ne, ossia la non adesione all’identità na­zionale italia­na in modo integrale ed esclusivo, non dobbia­mo stupirci che la Kyenge anteponga le rivendicazioni degli immigrati rispetto alle necessità degli ita­liani, arrivando a concepire co­me priorità nazionali la conces­sione automatica della cittadi­nanza ai figli degli stranieri nati in Italia, che a loro volta auto­maticamente accordano ai ge­nitori il diritto alla cittadinanza anche se non sussistono le con­dizioni contemplate dalla leg­ge; l’abolizione del reato di clan­destinità, la chiusura dei Cie (Centri di identificazione e di espulsione) e la regolarizzazio­ne dei clandestini; l’accoglien­za incondizionata degli immi­grati perché sarebbero so­lo una risorsa e mai e poi mai un proble­ma; la più am­pia estensio­ne del diritto all’asilo politi­co.
La scelta di Kyenge è frut­to della condivisione da parte di un ampio fronte catto-comu­nista- relativista dell’ideologia dell’immigrazionismo, l’ideo­logia che ci impone di conside­rare l’immigrazione positiva e gli immigrati buoni a prescinde­re dalle conseguenze per il no­stro vissuto e la nostra quotidia­nità. Nella foto di famiglia del nuovo governo alla Kyenge è stato riservato il posto d’onore, tra il capo dello Stato Napolita­no e il presidente del Consiglio Letta. È stato solo un eccesso di scrupolo per non essere taccia­ti come razzisti qualora si fosse mescolata, così come avrebbe dovuto essere, in mezzo alla compagine governativa?
Il suo essere «nera», come lei ha voluto essere pubblicamen­te qualificata, è diventato il discrimine che non ci consente di contestarne le idee pena l’accu­sa di razzismo? Se sono stato ac­comunato ai razzisti (io di origi­ne egiziana con una madre che era nerissima di origine sudanese!) per aver sostenuto «Prima gli italiani», spiegando che, so­prattutto in una fase tragica in cui il 44% delle famiglie non arri­va a fine mese, agli italiani deve essere garantita la priorità nel­l’accesso ai beni e ai servizi, allo­ra bisognerà riformulare i contenuti dei concetti fondanti del­la nostra civiltà. Dovremmo di­re che l’Italia non è più la patria degli italiani ma la terra di tutti coloro che vi approdano e pian­tano le loro tende; che l’identità italiana non corrisponde più al­le radici cristiane, alla cultura laica e liberale, ai diritti fonda­mentali della persona; che la civiltà italiana non è più la dimen­sione qualitativa che esalta le eccellenze della propria storia ma la dimensione quantitativa che somma le istanze di identità, culture e religioni diverse che vengono messe sullo stesso piano a prescindere dai loro contenuti.
Noi che siamo orgogliosi di es­sere italiani al 100%, a prescin­dere dal fatto di essere nati all’estero e dal colore della pelle, sosteniamo a viva voce che l’Ita­lia è la patria degli italiani, chie­diamo che l’integrazione avvenga nel contesto dei valori dell’identità nazionale e delle regole della cittadinanza italia­na, così come chiediamo che l’immigrazione vada contenu­ta, oltreché regolamentata, fa­vorendo lo sviluppo e condizio­ni di vita dignitose nei Paesi d’origine degli immigrati affinché l’emigrazione sia frutto di una scelta e non di costrizione. Sin dal 2005 proposi all’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la nascita del mini­stero dell’Identità, cittadinan­za, integrazione e cooperazio­ne allo sviluppo, così come fu ef­fettivamente costituito da Sarkozy in Francia nel 2007. Ora più che mai: «Prima gli ita­liani»!