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 2013  maggio 06 Lunedì calendario

QUAGLIARIELLO, «SAGGIO» SOBRIO CHE AMMALIA PURE LA SINISTRA

A passi misurati, com’è nella sua natura, Gaeta­no Quagliariello è salito alla ribalta diventando mini­stro pdl delle Riforme. Parlamentare dal 2006, nella sua prima legislatura si era fat­to notare per una riflessività che lasciava ben sperare e lì si fermò. Nella seconda (2008-2013), era già vicepresi­dente dei senatori Pdl e incari­cato di spiegare in tv la posizio­ne del centrodestra. Colpì la sua arte di arrampicarsi sugli specchi e lo sguardo malinconi­co, quasi di scusa, con cui accompagnava le contorsioni dia­lettiche. All’alba dell’attuale le­gislatura, cogliendo i frutti del­la semina passata, il cinquanta­treenne Gaetano è esploso. In marzo, il presidente Napolita­no lo ha selezionato tra i dieci «saggi» e in aprile il premier En­rico Letta lo ha fatto ministro, spalancandogli l’avvenire. In questo arco temporale tra le fila del Pdl, Quagliariello ha avuto una sola sbandata nel­l’autunno dell’anno scorso quando parve sul punto di farsi accalappiare dalle sirene di Ma­rio Monti. All’epoca, il Cav ave­va le lune e con le sue incertez­ze metteva in forse la sopravvi­venza del centrodestra. Gaeta­no, in eletta compagnia (Cicchitto, Sacconi, Alemanno, Lu­pi, Formigoni, Frattini, altri), fu tentato dal salto della quaglia. Il professore bocconiano gli ap­pariva un porto sicuro e uno spi­rito gemello essendo egli stes­so docente universitario, indossatore di loden, sobrio di costu­mi e innamorato di sé quanto l’altro.La rottura fu evitata poi­ché alla fine il Cav prese la gui­da delle truppe e i comprimari titubanti ritrovarono il corag­gio perduto. Tra i due sembra non sia rimasto alcuno strasci­co: Berlusconi gli fa sempre il suo miglior sorriso e Gaetano ri­cambia con il suo mesto sguar­do adoratore.
La figura esangue, accentua­ta dai cerchi sofferti delle orbi­te, è il maggiore fascino di Quagliariello. Lo esercita a colpo si­curo sulle colleghe parlamenta­ri. Le più vulnerabili sono di si­nistra che vedono in lui l’opposto del macho destro, tutto mu­scoli e niente cervello. Gaetano è la creatura in carne e ossa più somigliante al puro spirito. Conversando con una signora, la ascolta compunto e assente benevolo. Poi, con un filo di vo­ce e lo sguardo da cerbiatto, ri­balta impercettibilmente la frit­tata portando l’interlocutrice sulle sue posizioni. Tra le vitti­me, Anna Finocchiaro, già pre­sidente dei senatori del Pd, che, conquistata dal suo aspet­to da custode del Graal, ha spes­so ceduto alle tesi di Gaetano. Un uomo con tale presa sul gen­til sesso parrebbe l’emblema dell’instabilità coniugale. Nulla di più falso. Quagliariello è sposato da decenni con una sua allieva, Stefania, mamma delle loro due bambine. Quan­do gli fu chiesto quale sarebbe stata la reazione di sua moglie se avesse ceduto alle tentazioni cui era sottoposto, rispose rabbrividendo: «Mia moglie è sar­da».
Il ceppo dei Quagliariello è napoletano, in origine forse di bracconieri («quagliare» è una tecnica di uccellagione della quaglia), poi di intellettuali e ottimati, tra cui senatori del Re­gno. Gaetano, nato a Napoli, a tre anni seguì la famiglia a Bari. Il padre, Ernesto, è stato rettore dell’Ateneo barese e presiden­te del Cnr. Era un dc di sinistra, amico di Aldo Moro. La mam­ma è un’eminente microbiolo­ga. Il ragazzo, tanto per indi­spettire i familiari, fu intensa­mente radicale tra i quindici e i ventuno anni. Segretario citta­dino prima e vicesegretario na­zionale poi, si mise alla testa di tutte le campagne pannellia­ne: pro aborto, contro il nucleare, per la pace nel mondo, per l’eutanasia. Con Rutelli fu arre­st­ato in Sardegna per essere pe­netrato nella base Usa della Maddalena. Insomma, un demonietto. La sbornia però du­rò poco. Tornato nell’alveo, si laureò a Bari in Scienze Politi­che ed esordì docente di Storia dei partiti politici nelle univer­sità dell’Aquila e Bologna. A 36 anni era ordinario alla Luiss, l’ateneo romano della Confin­dustria. La sua opera più nota è un libro ammirato su de Gaul­le, il solo di un autore italiano tradotto in francese. È senz’al­tro un indizio di quali saranno, come ministro delle Riforme, le sue proposte di cambiamen­ti costituzionali: un gaullismo all’italiana o, se vi è più familia­re, un semipresidenzialismo al­la francese.
Gaetano, trentaquattrenne, entrò in Forza Italia nel 1994 da semplice simpatizzante. Fu la collaborazione con il più anzia­no collega universitario Mar­cello Pera, divenuto presiden­te del Senato (2011-2006), a trasformarlo da quieto professore in politico. Come consulente di Pera, Quagliariello seguiva per ore i lavori parlamentari sulla tv a circuito chiuso. Ogni volta che l’altro era in difficoltà, gli dava un suggerimento via ca­vo. Poiché è uomo che appro­fondisce, i consigli si rivelaro­no preziosi e i due divennero in­separabili. Marcello lo presen­tò al Cav e Gaetano nel 2006 eb­be il seggio a Palazzo Madama. Fecero poi in tempo a fondare il think-tank, Magna Charta, pri­ma di rompere il sodalizio, for­se perché mentre Gaetano en­trava nelle grazie del Cav, l’al­tro ne usciva.
Quagliariello deve a Pera il suo approdo a posizioni teocon, fritto misto di tradizione e religiosità. È nota la sua contra­rietà, nella vicenda di Eluana Englaro, al distacco della spina e celebre l’urlo in Aula con cui accolse la notizia della morte: «Eluana non è morta, è stata ammazzata». Poiché, dopo il grido, lanciò anche il microfo­no in aria, molti, colpiti da que­sta improvvisa platealità, so­spettarono giustamente una doppia personalità di Gaeta­no. Ne avrete conferma andan­do a Laureto, nei pressi di Loco­rotondo, dove i Quagliariello trascorrono l’estate nel loro trullo. Vedrete allora il compunto senatore su un’Ape car (Vespa con rimorchio), regalo della moglie per i cinquant’an­ni, scorazzare per le strade co­me un ventenne adrenalinico tra lo spavento dei passanti e il terrore dei disgraziati che ha preso a bordo.
Personalmente mi compiac­cio di queste punte recondite del neo ministro poiché per far­si valere, soprattutto in un go­verno a maggioranza di sini­stra, il temperamento aiuta. Te­mo di più, l’arrendevolezza perbenista che in Gaetano è sem­pre in agguato. È successo di re­cente con Ventunesimo seco­lo, da lui fondato nel 2002 con lo storico russo, Victor Zaslavsky. Nonostante i pregi della ri­vista, l’Anvur, discusso sine­drio universitario che ha per legge il compito di fare valuta­zioni, l’ha classificata tra i periodici di serie B, danneggiando­ne i­l prestigio e quello dei colla­boratori. Altri più combattivi, come Eugenio Di Rienzo con la sua Nuova rivista storica, ha fat­to ricorso al Tar e l’ha vinto. Ga­etano, invece, per restare fede­le alla sua parte crepuscolare, si è rassegnato. Se farà così nel governo Letta, è votato al falli­mento. La speranza è che tiri fuori, pur nella complessità del­la sua natura, il teppista che c’è in lui.