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 2013  maggio 05 Domenica calendario

COSÌ QUEI LINGOTTI TORNARONO «A CASA»

Singolare aspetto aveva assunto, nella mattinata di sabato 19 maggio, il tratto di via Nazionale dove sorge il palazzo della Banca d’Italia: via Mazzarino, via della Consulta e via dei Serpenti erano state bloccate da abbondanti forze di polizia alleata e italiana con auto-blinde, motociclette e jeeps armate di mitragliatrici, e fucili mitragliatori erano stati collocali alle finestre di fronte al palazzo.
La polizia alleata aveva occupato anche il cortile della Banca dove era un viavai di soldati, di guardie di finanza e di uscieri. I passanti venivano obbligati a transitare sui marciapiedi. Ogni punto della strada era sottoposto a rigorosa sorveglianza.
Qualche avvenimento di grande importanza stava certo per verificarsi. I passanti, che, nel frattempo, richiamati dall’insolito apparato di forze; si erano assiepati curiosi ai lati della strada, non tardarono ad intuire che quella presenza di vigilanti armati, ai quali vi erano aggiunti vari operatori cinematografici americani, preludeva al ritorno di un nobile ospite che venti mesi or sono era stato rapito dalla sua riposta e tranquilla residenza. Con solennità andava ricevuto l’altissimo signore.
Si trattava, infatti, del rimpatrio di una parte della riserva aurea della Banca d’Italia, trafugata dai nazisti nell’autunno del 1943 e trasportata a Milano donde nel dicembre successivo venne traslocala a Bolzano e da qui condotta nelle cave di Fortezza vicino al passo del Brennero.
Arrivò verso le 11 a bordo di una rumorosa teoria di autocarri con soldati armati, che dall’Esedra scese per via Nazionale tra gli sguardi stupiti della gente che aveva popolato anche le finestre prospettanti la strada, e s’infilò veloce nel portone della Banca. Arrivo improvviso ed inaspettato, sebbene, dopo la resa dell’esercito tedesco nell’Italia settentrionale, si avesse, da vaghe notizie trapelale, qualche speranza di poter ritrovare nel suo ripostiglio il prezioso metallo.
L’oro in notevole quantità è stato scoperto in una specie di camera scavata nella roccia all’interno della torre di Fortezza, fortino che era stato costruito a protezione del passo del Brennero nei primi anni del secolo XIX. Un’altra parte è stata rinvenuta anche a Bolzano e nei pressi di questa località.
L’oro è contenuto in 180 barilotti e 76 casse e le monete sono racchiuse in bisacce. Sono 23 tonnellate in tutto, le quali rappresentano il valore di circa 25 milioni di dollari vale a dire a 500 milioni di lire alla parità di anteguerra. Costituiscono, dunque, pressoché un quarto del metallo che è stato asportato tra il 22 e il 28 settembre 1943, e che ammontava precisamente a 117 tonnellate, 574 quintali, divisi in 92.261 tonnellate di oro puro in Verghe e monete, 10.784 tonnellate in verghe destinate alla Banca nazionale svizzera per conto dello Stato, 12.604 tonnellate, in verghe spettanti alla Banca dei regolamenti internazionali di Basilea, 177.338 quintali appartenenti all’Istituto dei cambi con l’estero, 146 chilogrammi appartenenti al ministero degli Affari esteri. (Inoltre una partita di 13 valigie suggellate dalla Zecca italiana contenenti verghe d’oro e di platino per 2.177 tonnellate venne inviata a Milano).
Il grosso trasporto è stato effettuato da dodici autocarri americani di oltre due tonnellate l’uno, scortati da quattro autoblinde e da otto jeeps armate. Vi hanno partecipato quasi esclusivamente soldati della quinta armata. Al carico ed alla tutela hanno accudito soldati del 349º reggimento dell’88ª divisione. Il trasporto venne affidalo alla 3373ª compagnia del 56º battaglione addetto a questi servizi. Il percorso dalla zona delle Alpi, dove trovavasi il nascondiglio, sino a Roma è stato di circa 300 miglia. Il tenente colonnello James H. Pennick, capo dell’Allied Finance Agency, incaricato del trasferimento dell’oro a Roma, ha dichiarato che il viaggio si era svolto senza incidenti.
Gli autocarri, dopo una sosta nel cortile principale del palazzo della Banca, dove i dirigenti dell’istituto presero in consegna il carico dalle autorità alleate, si portarono ad uno ad uno nel cortile di via dei Serpenti per scaricare l’oro che è stato collocato nei sotterranei.
«Non ho mai maneggiato tanto oro in vita mia e non credo che ne maneggerò più», ha esclamato sorridendo il sergente William T. Hutson nativo di Little Elm nel Texas, appartenente all’805º battaglione T.D. il quale ha prestato il suo aiuto a caricare l’oro a Bolzano e a Fortezza e a riporlo nella sacrestia della Banca. Sulle bisacce si leggeva una scritta in lingua tedesca: «proprietà della Reichsbank». Ciò significa che se la rapida fine della guerra non avesse costretto le truppe tedesche alla resa, l’oro da Fortezza avrebbe proseguito per la Germania compiendo, così, il suo fatale viaggio. Dio voglia che sia dato mettere le mani anche sul rimanente della riserva rubata e che il trovamento di Fortezza rappresenti il felice inizio della rinascita del nostro credito.