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 2013  maggio 05 Domenica calendario

MACCHÉ ALLARME, SI AMMAZZA MENO

Ieri, sabato, il Tg1 delle 13.30 ha dedicato le prime quattro notizie alla cronaca nera: un farmacista che ammazza a pistolettate mo­glie e figlia, riduce in fin di vita (coma) il figlio e si lascia annegare in piscina, dopo essersi stordito con barbiturici e roba simile; una ragazza picchiata e strangolata da uno straniero a Castagne­to Carducci (Livorno); un’altra ragazza uccisa di coltello a Dragona (Roma); una sposa romana stecchita dal marito «amorevole», guardia giura­ta, con un colpo d’arma da fuoco alla nuca.
L’informazione fa quello che deve fare: infor­ma. Infatti anche il Corriere della Sera, ancora ie­ri, recava in prima pagina questo titolo ingentili­to da uno sfondo celeste: «Tre storie. Ilaria e le altre. Una strage quotidiana di donne». Sotto, un pez­zo firmato da Giusi Fasano. Inci­pit: «Siamo tutte Ilaria, Alessan­dra, Chiara, uccise nelle ultime 48 ore». Più chiaro di così il messaggio non poteva essere: l’Ita­lia è diventata una macelleria in cui si abbattono specialmen­te donne. I macellai, manco a dirlo, sono uomini.
Da qui nasce e prende forza l’idea di coniare un nuovo rea­to, il femminicidio (di cui si di­scute da mesi), da considerarsi più grave del comune omici­dio. In altri termini, esemplifi­cativi: fai fuori un uomo? 20 an­ni di reclusione; fai fuori una si­gnorina o una signora? 30 anni. Sarebbe un deterrente: indur­re i maschi a pensarci due volte prima di stroncare la moglie, la fidanzata, l’amante. Se il pro­getto di puni­re più severamente il fem­minicidio ri­spetto all’omi­cidio ordinario andasse in porto, intro­durremmo il principio che gli esseri uma­ni non sono tutti uguali: le donne valgo­no di più, per cui se ne ac­coppi una de­vi scontare più galera. Mi sembra che ciò si scontri con la Costituzione, ma è noto che la Carta è molto adorata e po­co rispettata. Ecco perché si fa tanta fatica a modificarla e aggiornarla.
Proseguiamo. I delitti tengo­no banco in televisione e (me­no) sui giornali. Si prestano ad approfondimenti morbosetti e incrementano gli ascolti, e si pensa che i lettori siano assai interessati ai racconti noir. Quasi tutte le emittenti offrono pro­grammi- veri e propri processi - riservati alla trattazione dei delitti clamorosi. I casi della mamma di Cogne, della neo­laureata di Garlasco, di Aman­da (Perugia), del caporale Paro­lisi, della ragazzina di Avetra­na han­no fatto scuola e inaugu­rato un filone destinato ad ave­re un posto fisso nei palinsesti. Segno che rende, come si evin­ce dai dati Auditel. Al punto che l’editore Urbano Cairo, il più svelto sul mercato, ha addi­rittura varato una nuova pub­blicazione cartacea ad hoc, Giallo, nella speranza di sfruttare la spinta televisiva per ave­re successo, proponendo stran­golamenti e accoltellamenti particolareggiati.
Il rotocalco imita, a molti lu­stri di distanza, lo stile adottato nel dopoguerra da Krimen, rivi­sta che si presentava anche gra­ficamente per ciò che era: una rassegna di violenze varie, simboleggiate da gocce di sangue ben visibili nella testata. Nulla da eccepire su Giallo e chi lo confeziona. Raccontare i fattac­ci che turbano l’opinione pub­blica è lecito: guai a proibirlo, sarebbe una censura intollera­bile. Ma una riflessione sull’or­gi­a nera propinata quotidiana­mente ai consumatori (anche involontari) della cronaca tru­cida è obbligatoria. Ricorrono nelle conversazio­ni sui treni, nei bar e nelle fami­glie commenti grossolani e fuorvianti di questo tipo: ogni giorno c’è un delitto; un tempo non accadevano queste cose orribili; dove andremo a finire? come mai gli inquirenti non rie­scono a scoprire gli assassini? mi sa che siamo vicini all’apo­calisse. Discorsi influenzati dall’informazione,la quale pe­rò non per questo dev’essere condannata: essa segue l’onda com’è nella propria natura, ri­flette gli umori prevalenti, espone in vetrina la mercanzia che incontra i gusti maggiorita­ri. In pratica, essendo di moda criticare aspramente il nostro Paese, i media si adeguano e, specializzati come sono nel lo­ro lavoro, colgono al volo l’op­portunità di spiattellare anche i dettagli più raccapriccianti de­gli atti criminali. Che tuttavia in Italia sono da oltre dieci anni in netta decrescenza.
Basta dare un’occhiata alle statistiche per rendersene con­to. È falso affermare che au­mentino vistosamente i delitti (peraltro crepano ammazzati più uomini che donne). Al con­trario, calano a ritmo costante. Gli omicidi volontari nel qua­driennio 1993-1997 furono in media 3.819. In quello dal 1997 al 2001 furono 3.215. E in quel­lo dal 2001 al 2005, 2.740. Negli anni successivi si è mantenuta la tendenza verso il basso. Non lo diciamo noi bensì il ministe­ro dell’Interno, di cui abbiamo riportato le cifre ufficiali. Com­plessivamente, anche altri rea­ti segnano una marcata flessio­ne. L’Italia, checché se ne dica, è diversa da come noi stessi ad­dett­i all’informazione la descri­viamo: in Europa, e non solo, è tra le nazioni meno funestate dalla delinquenza. Il nostro si­stema di sicurezza, pur vitupe­rato, è efficiente. Il merito sarà di qualcuno: anche dei cittadi­ni, oltre che delle forze dell’or­dine e di chi le guida.
Nonostante ciò, non riuscia­mo a risolvere il problema del­le carceri, sempre strapiene, luoghi non di pena ma di tortu­ra, dove l’illegalità esercitata si­stematicamente dallo Stato è superiore a quella esercitata saltuariamente da chi le fre­quenta quale detenuto. Su 18mila arrestati l’anno, 10mila sono stranieri. Le strutture scoppiano anche a causa del­l’ingiusta carcerazione preventiva, di cui sono vittime coloro i quali attendono il giudizio. Pendono 5 milioni di processi e i magistrati affogano nelle car­te.
Che fare? C’è una sola via: pe­ne alternative alla prigione, de­penalizzazione dei reati mino­ri, riforma della custodia caute­lare, riforma del potere giudi­ziario. Per realizzare un’impre­sa ­di questa portata bisogna cominciare dall’amnistia, che consentirebbe di ripartire da zero. Ma soltanto ad accennar­ne si rischia il linciaggio. La gen­te (e persino certi politici) igno­ra la realtà: non siamo un popo­lo di malviventi e assassini. Vi dispiace?