Morya Longo, Il Sole 24 Ore 4/5/2013, 4 maggio 2013
PERFORMANCE CHE SUPERA I FONDAMENTALI DELL’ECONOMIA
C’è un’Italia che soffre nel buio della crisi. Quella delle famiglie, sopraffatte da un tasso di disoccupazione all’11,5%. Quella delle imprese, che contano ormai oltre 5mila fallimenti nel solo 2013. C’è poi un’Italia che sembra quasi in estasi: quella dei BTp, che mostrano sulle scadenze decennali tassi d’interesse ai minimi dal 2006. Ieri sera rendevano sul mercato il 3,80%, quasi mezzo punto percentuale in meno rispetto a inizio anno: questo significa che negli ultimi mesi, soprattutto nell’ultimo, gli acquisti degli investitori sono stati così abbondanti che i rendimenti si sono schiacciati come non facevano da anni. Basta osservare questa forbice, tra l’ottimismo dei mercati finanziari e il pessimismo della vita reale, per capire che qualcosa non quadra. Che le quotazioni dei BTp sono sempre meno coerenti con i fondamentali economici. Che il surreale mondo della finanza si sta dimenticando di guardare il ben più crudo mondo reale.
Il motivo è noto: nel mondo finanziario girano ormai tanti, troppi, soldi. Dal 2007 ad oggi le banche centrali di tutto il mondo hanno aumentato la quantità di moneta in circolazione di 22mila miliardi di dollari (dati di Bloomberg sull’aggregato M2). Solo nel 2013, stima Pimco, la Federal Reserve Usa e la Banca del Giappone inietteranno 2mila miliardi di dollari in più sul mercato. Soldi, soldi, soldi che piovono dal cielo e che gli investitori non sanno più dove investire: ormai, stima Bank of America, le obbligazioni che offrono nel mondo meno del’1% di rendimento ammontano a oltre 20mila miliardi di dollari nel mondo. Per questo gli investitori globali hanno iniziato a comprare titoli sempre più rischiosi, per aumentare i guadagni sui loro portafogli. Non hanno alternative: o rischiano di più, oppure soccombono nel tasso zero. Questo ha avuto l’effetto, boomerang per loro, di abbassare oltremodo i tassi d’interesse in tutto il mondo.
Dai bond aziendali a quelli dei Paesi emergenti: tutto, ormai, offre rendimenti intorno ai minimi storici. Secondo Bill Gross, padre del fondo obbligazionario più grande del mondo (Pimco), i mercati hanno «sembianze da bolla».
È questo il contesto che spinge i tassi dei BTp italiani ai minimi dal 2006, sebbene l’Italia sia afflitta dalla crisi più grave del dopoguerra. Indovinare quale possa essere il rendimento "giusto" per i nostri titoli di Stato decennali è ovviamente impossibile. Ma qualche calcolo a spanne, con l’aiuto di alcuni economisti che preferiscono restare anonimi, si può fare. Il tasso d’interesse dei titoli di Stato dovrebbe riflettere tre variabili: l’inflazione attesa nei prossimi anni, il potenziale massimo di crescita in termini reali e il premio per il rischio-Italia. Anche tenendo più compresse possibile le stime su queste tre variabili, gli economisti calcolano che il rendimento minimo dei BTp non dovrebbe scendere sotto il 3,5%-4%. L’attuale livello di 3,8%, dunque, potrebbe essere considerato in una sorta di "zona grigia": già troppo basso per essere coerente con l’economia reale. Eppure gli acquisti continuano. Anzi, alcuni trader confessano di puntare a BTp decennali intorno al 3% di rendimento. Perché la liquidità abbonda in tutto il mondo.
E nella bolla sono finiti
anche i BTp.
Ovvio che tutto questo rappresenti un rischio gigantesco: il giorno che il vento dovesse cambiare, o che le banche centrali dovessero decidere di ridurre la liquidità, la grande «bolla» mondiale potrebbe scoppiare con un fragore simile a quello del 2007. Eppure, finché dura, questa follia collettiva può rappresentare un’opportunità per l’Italia: perché può aiutare non solo lo Stato ma anche le imprese. Per lo Stato il beneficio è ovvio: finalmente il Tesoro può rifinanziare il debito pubblico a tassi contenuti. Il beneficio sta arrivando anche alle imprese più grandi, perché tante di loro stanno approfittando di questa grande liquidità per reperire finanziamenti non-bancari sui mercati obbligazionari a tassi contenuti: da Sisal a Indesit, i bond made in Italy fioccano.
Ma se ci fossero gli strumenti, la grande liquidità finanziaria potrebbe arrivare anche alle imprese più piccole. È per questo che la Bce sta cercando, insieme alla Bei, di rivitalizzare il mercato delle cartolarizzazioni (obbligazioni costruite impacchettando al loro interno mutui o finanziamenti alle imprese): questo sarebbe un modo per convogliare un po’ di denaro proprio sui finanziamenti alle Pmi. Ma la liquidità finanziaria, dunque non bancaria, potrebbe arrivare anche da altri strumenti: dai credit funds a fondi dedicati ai mini-bond. Alcune iniziative di questo tipo stanno già nascendo. È meglio approfittarne in fretta: in modo da avere una maggiore forza il giorno che il vento deciderà di cambiare.
Perché quel giorno, inutile illudersi, arriverà.