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 2013  maggio 04 Sabato calendario

LO SPETTRO PER LE BANCHE UE DI TASSI NEGATIVI AI DEPOSITI BCE

Far pagare alle banche il «parcheggio» per la liquidità in eccesso non è più un tabù per la Bce. Mario Draghi l’ha detto a chiare lettere durante la conferenza stampa dopo il taglio dei tassi di due giorni fa, sostenendo che l’istituto centrale è «tecnicamente pronto» per tassi negativi sui depositi custoditi a Francoforte. Eppure di reazioni importanti sui mercati, a parte uno sbandamento iniziale (l’euro soprattutto) non se ne sono ancora visti.
«Prima di muoversi, gli investitori aspettano che la misura diventi realtà» è la spiegazione che danno per ora gli analisti. In effetti, quella a cui ha accennato Draghi resta un’ipotesi, prima che si possa concretizzare occorrerà comunque superare (oltre che le questioni tecniche) anche le presumibili resistenze della Germania. Il motivo di tanta avversione è evidente, perché a fine marzo (dati più aggiornati li avremo la prossima settimana) circa un terzo del denaro custodito a Francoforte nei due diversi strumenti («deposit facility» e «current account») apparteneva a banche tedesche.
Se a questi fondi si aggiungono quelli di Francia (20%), Olanda (9%) e di altri Paesi come Lussemburgo, Finlandia e Austria, si comprende come oltre l’80% del denaro parcheggiato all’Eurotower arrivi dalla parte «core» dell’Europa, e che i soldi ottenuti dalle banche italiane e spagnole attraverso le due Ltro siano già andati altrove. Anche per questa ragione non c’è da farsi eccessive illusioni sugli effetti reali dell’eventuale abbassamento sotto lo zero dei tassi sui depositi: operazione che resta sì uno dei tasselli della politica monetaria Bce, ma non certo «la» soluzione dei problemi del sistema finanziario dell’Eurozona.
Per avere comunque un’idea di ciò che potrebbe accadere con un tasso negativo sui depositi si può fare un passo indietro di quasi 10 mesi al luglio dello scorso anno. L’azzeramento del rendimento della «deposit facility» (conseguente al taglio del costo del denaro allo 0,75%) provocò dapprima una riallocazione dei fondi a vantaggio della «current account» (remunerata allo 0,25% almeno per la parte di riserva obbligatoria) e più in generale una drastica diminuzione dell’ammontare di denaro lasciato a Francoforte.
Gli oltre 900 miliardi di euro contabilizzati complessivamente nelle due voci del bilancio Bce si sono infatti ridotti fino ai 418 miliardi di due giorni fa. Merito soprattutto delle banche tedesche e francesi, che che da agosto 2012 allo scorso marzo hanno ritirato rispettivamente il 58% e il 23% dei fondi parcheggiati nei forzieri dell’Eurotower, mentre nello stesso lasso di tempo la quota dei depositi italiani (decisamente inferiore) si è ridotta soltanto da 30,1 a 26,2 miliardi.
Chi pensa però che quei quasi 500 miliardi siano stati impiegati a beneficio dell’economia reale rischia di essere fuori strada, prima di tutto perché una cospicua fetta (277 miliardi finora) è stata reimpacchettata e rispedita alla Bce quando si sono aperte le finestre per la restituzione dell’Ltro. Il resto del denaro se ne è verosimilmente volato via altrove in cerca di remunerazione, come testimoniano i rendimenti dei titoli di Stato a breve termine di Germania, Francia e Olanda, precipitati sotto zero la scorsa estate. E pure, nel loro piccolo, i tassi dei BoT che sono finiti nel mirino delle tesorerie di molte banche italiane.
Difficile pensare a uno scenario differente dal «raschiare il barile» dei rendimenti nel caso in cui la Bce decidesse di farsi pagare per custodire i fondi. Questo almeno nell’ipotesi migliore, perché in quella peggiore, come dimostrano gli esempi di Danimarca e Svizzera dove una mossa del genere è stata già attuata, le banche hanno semplicemente ricaricato quel costo sulla clientela. Per ottenere un risultato davvero efficace, una mossa simile dovrebbe essere coordinata con altre, magari con la creazione di un mercato delle cartolarizzazioni dei prestiti concessi alle imprese di cui si è parlato due giorni fa a Francoforte. Sempre ammesso che il denaro parcheggiato in modo improduttivo sia davvero un problema: la Federal Reserve custodisce oltre 1.700 miliardi di dollari delle banche Usa e nessuno si scandalizza: ma il sistema finanziario americano è distante anni luce da quello europeo.