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 2013  maggio 06 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA MORTE DI ANDREOTTI


REPUBBLICA.IT
GIULIO ANDREOTTI si è spento oggi nella sua abitazione romana alle 12 e 25. Il ’Divo Giulio’ aveva 94 anni, essendo nato il 14 gennaio del 1919. Politico longevissimo, sulla scena politica da più tempo della regina Elisabetta. Sette volte presidente del consiglio, Andreotti è stato uno dei principali esponenti della Democrazia cristiana e tra i protagonisti della vita politica italiana nella seconda metà del secolo scorso. E’ sempre stato presente dal 1945 in poi nelle assemblee legislative italiane: dalla consulta nazionale all’Assemblea costituente, e poi nel Parlamento italiano dal 1948, come deputato fino al 1991, e successivamente come senatore a vita. Andreotti è stato anche giornalista e scrittore.
Domani, secondo quanto si apprende da fonti vicine al Quirinale, si svolgeranno i funerali. Secondo fonti vicine alla famiglia non ci saranno esequie di Stato ma probabilmente una funzione privata nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, vicino alla residenza del senatore a vita. La camera ardente si aprirà questo pomeriggio, allestita nello studio della sua casa in corso Vittorio Emanuele, nel centro di Roma. Potranno rendere l’ultimo saluto al politico amici, colleghi e chi lo conosceva.

L’ARCHIVIO
ROMA - E’ una leggenda politica. Un mito archivistico. Il "grande armadio" della Prima repubblica. Per ora è ancora chiuso, tranne particolari autorizzazioni, alla consultazione pubblica e ci vorrà ancora del tempo anche perché Giulio Andreotti ha continuato ad "alimentarlo" quotidianamente e a consultarlo per i suoi libri, interventi, discorsi. Eccolo l’archivio più temuto e ambito della Repubblica depositato nel caveau blindato dell’Istituto Don Sturzo dove tutti i principali esponenti della Dc hanno lasciato le loro carte.
C’erano voluti due mesi per trasferirlo in via delle Coppelle 35 nell’antico Palazzo Baldassini (opera dell’architetto Sangallo il giovane) da via Borgognona 47 dove in uno appartamento era custodito l’Archivio per antonomasia. Sono oltre 3.500 grandi faldoni - "buste" secondo la denominazione archivistica - conservati in due grandi archivi a scomparti mobili che hanno occupato due stanze dei sotterranei dell’Istituto che già accoglie le 1.400 buste di Luigi Sturzo, l’intero archivio della Dc, quello di Flaminio Piccoli, le trecento "buste" Giovanni Gronchi e le 350 di Mario Scelba.
L’Archivio Andreotti era già stato definito nel 2007 di "interesse storico particolarmente importante". Il lavoro di classificazione è quasi definito per le prime carte, quelle del giovanissimo sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giulio Andreotti che aveva la delega per il cinema e lo spettacolo tra il ’47 e il ’53.
Sulle singole scaffalature dei due grandi armadi che scorrono su rotaie appare la scritta "G. A." e alcune sezioni recano la scritta "riservato" per le carte di natura personale. Ancora oggi la scheda di Giulio Andreotti sul sito del Senato reca, alla voce professione, la dicitura "giornalista" e questo è l’archivio di un politico che non ha mai dimenticato il suo mestiere. Infatti, da ogni faldone spuntano ritagli di giornali, appunti, foto, discorsi, documenti vari ed anche, in molti casi, libri, pubblicazioni inerenti l’argomento.
Spiegava l’archivista che sta lavorando alla classificazione, Luciana Devoti, che si tratta di un archivio che copre circa 600 metri lineari. Era stata raggiunta un’intesa con Andreotti per stabilire, tenendo conto della attuale normativa, le "linee di azione rispetto alla conservazione, tutela, accesso e valorizzazione del complesso documentario".
"Quello che colpisce è la cura con cui si sono archiviati documenti vari per evidenti fini di studio o di documentazione personale che l’Istituto ha solo ordinato per seguendo lo schema pratico ma efficace di archiviazione che via via si è adottato", notava l’archivista nel 2009.
Il tutto era poi sintetizzato nelle schede collocate in due grandi classificatori a schede da cui spuntano riferimenti a grandi fatti storici (Alleanza atlantica, comunismo, De Gasperi ecc.) ma anche le piccole annotazioni dei rapporti di Andreotti con il suo elettorato. Una mole incredibile di carte, ma c’è chi ancora oggi giura di camion di faldoni arrivati in Vaticano quando Andreotti abbandonò definitivamente il dicastero della Difesa.
Due sono le sezioni principali dell’archivio; quella seriale divisa in 15 argomenti (Camera dei Deputati, Cinema, Dc, Discorsi, Divorzio, Elezioni, Europa, Fiumicino, Governi, Parlamento, Personale, Trieste, Scritti, Senato e Vaticano). Si tratta di circa 110 "buste". Ci sono poi le "Pratiche numeriche", cioè la seconda sezione corrispondenti a pratiche numerate da 1 a 10.560 ( 2400 "buste" circa).
Ad ogni pratica, comunque, possono corrispondere uno o più fascicoli, contenenti documentazione relativa ad affari diversi. Ad esempio ci sono 80 fascicoli dedicati agli Usa e 200 al Vaticano, con relativi ’incartamentì riguardanti i Papi dello scorso secolo. Otto decimi delle carte sono disponibili in buste ma c’è anche un grande archivio fotografico, uno sonoro e audiovisivo e perfino una raccolta dei menu e dei cartoncini degli inviti ai vertici e pranzi ufficiali a cui il sette volte Presidente del Consiglio ha partecipato.
Ci sono fascicoli annuali, come quello sul 1978, l’anno della morte di Aldo Moro e della elezione di due Papi dopo la morte di Paolo VI. Andreotti molto spesso chiedeva questo o quell’incartamento ma anche, con cadenze varie, le faceva avere all’istituto che incrementava così uno dei suoi "giacimenti" più importanti, certamente il più ambito per storici e giornalisti.
(06 maggio 2013)

Una bara semplice in legno chiaro
I servizi funebri sono arrivati in casa di Giulio Andreotti per preparare la salma. Per il senatore a vita, sette volte presidente del Consiglio, una bara di legno chiaro molto semplice. Intanto continua il viavai. Sono appena giunti a rendere omaggio nella sua abitazione romana Pierferdinando Casini, Emilio Colombo e Gianni Letta.

"La Cassazione ha confermato il giudizio di secondo grado della corte d’Appello di Palermo: Giulio Andreotti era colpevole di aver avuto rapporti con Cosa Nostra sino al 1980. Una colpevolezza cui non poteve seguire una condanna, perché il reato era prescritto. Ma non si trattò certo di un’assoluzione, tanto è vero che contro la prescrizione aveva presentato ricorso alla Suprema Corte lo stesso Andreotti: non si è mai visto che un imputato si appelli alla Cassazione se è stato assolto! Insomma, la colpevolezza di Andreotti fu confermata in toto e a titolo definitivo, sino al 1980, ma tutto questo è stato poi occultato da molti politici e da molti media, con una gravissima violazione dell’obbligo della trasoarenza e della verità". Così, a Lapresse, il procuratore di Torino Gian Carlo Caselli, già procuratore a Palermo e alla guida del pool di pm che condusse l’inchiesta per mafia contro Giulio Andreotti e che poi sostenne l’accusa nel successivo processo.


Con scomparsa Andreotti, tre i senatori a vita
Con la morte di Giulio Andreotti si riduce a tre il numero dei senatori a vita: Emilio Colombo, Carlo Azeglio Ciampi e Mario Monti. L’ultima nomina fatta da Giorgio Napolitano (prima della sua rielezione al Colle) e’ stata quella di Monti, il 9 novembre del 2011, poco prima che lo stesso capo dello Stato affidasse al professore bocconiano l’incarico di formare il nuovo governo.