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 2013  maggio 05 Domenica calendario

LA POLITICA DELLA SCIENZA

Si potrebbe cominciare dall’oggi, raccontando i dieci anni della Fondazione Umberto Veronesi, nata il 25 maggio del 2003, grazie all’intuizione di Umberto Veronesi in compagnia di sei premi Nobel. Partendo dalle cose concrete, descrivendo l’avventura di un ente no profit a favore della ricerca e della divulgazione scientifica, è nella logica delle cose saltare dai Nobel agli uomini sul campo. Come Eugenio Martinelli, 40 anni, vincitore di una borsa di studio della fondazione Veronesi alla fine del 2012 per il progetto sugli effetti del «Naso elettronico» applicato nella diagnosi di avvio di un tumore quando ancora non è stato rivelato. L’apparecchio, un cubo della misura di venti centimetri, si basa sulla correlazione tra le emissioni di composti volatili e stato di salute del paziente.
«Una cellula malata presenta un’alterazione del metabolismo: interagendo con l’ambiente esterno prende e rilascia sostanze, ma in maniera diversa da una cellula sana. Così, le cellule sane cambiano odore quando si trasformano in malate», spiega Martinelli, del dipartimento di ingegneria dell’università di Roma Tor Vergata, giunto a questo grazie agli studi precedenti di Arnaldo D’Amico, Corrado di Natale e Roberto Paolesse. Il ricercatore romano, che non è un medico ma un ingegnere elettronico, osserva: «La tecnologia non è fine a se stessa ma ha valore se applicata al prossimo, in un’ottica di prevenzione». Che è poi la rivoluzione dei dieci anni della Fondazione, mossasi tra oncologia, neuroscienze e cardiologia, le aree di ricerca finanziate progressivamente con numeri impressionanti. Se nel 2003, 100 mila erano gli euro destinati a borse di studio e 50 mila ai progetti, oggi si parla di tre milioni e mezzo solo per le borse di studio e quasi un milione e mezzo per i progetti. Molti dei nomi dei ricercatori intercettati dalla fondazione Veronesi, da borsisti sono diventati dei veri e propri guru nei loro ambiti: Gian Marco Contino, per esempio, è medico alla Chicago University e collaboratore di Pier Cristoforo Giulianotti, padre della chirurgia robotica.
«Cultura della salute e della prevenzione sono i principali pilastri su cui si basa la nostra azione», ricorda Paolo Veronesi, presidente della fondazione. Ma prevenire è anche scuotere le coscienze, soprattutto pensando ai ragazzi. I Giorni della scienza (dal 2007 a oggi hanno visto la partecipazione di 12 mila studenti) sono un’ottima occasione per far sì che i ragazzi diano del tu agli scienziati. «Tre anni fa, all’università della Bicocca di Milano, abbiamo assistito alle lezioni di Andrea Cuomo, esperto di nanotecnolgie applicate al tumore del pancreas: è stato come trovarsi nel dietro le quinte di una ricerca», ricorda Maria Cristina Jetti, docente di Matematica e Fisica al liceo milanese di Scienze Umane. «Il bello degli incontri è la possibilità di entrare in contatto con i problemi di tutti i giorni: credo sia ormai superata la visione dello scienziato isolato dal resto del mondo. E i ragazzi questo l’apprezzano molto», aggiunge l’insegnante.
Lo spirito di una visione nuova della scienza si declina anche in The Future of Science — in collaborazione con le fondazioni Giorgio Cini e Silvio Tronchetti Provera — in cui ci si chiede quale sia il suo ruolo nella società del Terzo millennio. Anche qui, oltre a una questione di numeri (dal 2005 a oggi sono state organizzate otto edizioni spaziando tra sfida dell’energia, la scarsità d’acqua, l’evoluzione, virus e mente) è la trasversalità degli argomenti a farla da padrone, passando dai più attuali, da cronaca scientifica a (lo scopriremo domani) la prevenzione. E affrontando un problema mondiale come la scarsità d’acqua e dell’agricoltura sostenibile, discussi un paio d’anni fa in occasione di «Food and Water for Life» — un’anticipazione dei temi dell’Expo in programma nel 2015 — va da sé parlare dei risvolti etici e politici. Nascono da queste premesse, nel 2009, gli appuntamenti con «Science for Peace»: diffondere la cultura della pace attraverso la riduzione degli ordigni nucleari e delle spese militari. Più di 200 mila partecipanti, incantati di fronte a sette premi Nobel, hanno compreso negli anni la missione della fondazione. Formata da scienziati, gente pratica, che quattro anni fa ha «puntato» due armi pesanti in un punto caldo del pianeta: un mammografo e un ecografo per la diagnosi precoce del tumore al seno all’ospedale Al-Ram, in Palestina. «Il cervello è un organo in grado di mutare ed evolversi nel corso di 20 anni in relazione all’ambiente, all’educazione e agli stimoli che riceve e, di conseguenza, cambiare la personalità e il carattere del soggetto», scrive Pietro Melogli, all’ultimo anno del liceo milanese di Scienze sociali, nel suo articolo, «Nuovi valori della pena alla luce delle neuroscienze», premiato dalla fondazione Veronesi. Pietro è convinto che l’etica sia importante, per questo sceglierà Filosofia all’università. Anche grazie al miracolo dei dieci anni di una nuova scienza.
Peppe Aquaro