Carlo Azeglio Ciampi, Corriere della Sera 05/05/2013, 5 maggio 2013
TARANTELLI, LA TELA SPEZZATA
Nel marzo del 2010 l’Università La Sapienza di Roma volle ricordare il venticinquesimo anniversario della morte di Ezio Tarantelli, promuovendo un convegno dedicato all’attualità del pensiero dell’economista caduto sotto il piombo delle Brigate rosse proprio a causa delle sue idee.
Nell’imminenza di quella manifestazione incontrai Luca: veniva a intervistarmi per la realizzazione di un video da proiettare in apertura del convegno. Ricordavo un ragazzino tredicenne — l’età che aveva quando suo padre fu ucciso — mi ritrovai davanti a un giovane uomo, nei cui tratti, soprattutto nel sorriso, non senza emozione scorgevo quelli di Ezio.
Mi colpì — certo, non mi sorprese — cogliere nei pensieri, nelle parole, financo nei gesti di Luca, la profondità delle tracce di una vicenda che ne aveva segnato irrimediabilmente l’esistenza; con la quale egli forse non aveva ancora cessato, come usa dire, di fare i conti. Ammesso che sia possibile «elaborare» sentimenti tanto complessi quanto riposti nei recessi più profondi dell’animo umano.
Così qualche tempo dopo, quando venne a trovarmi per portarmi, ancorché in forma provvisoria, i capitoli del libro che stava scrivendo, capii che forse quel grumo oscuro, e per questo più doloroso, che aveva condizionato la sua vita stava cominciando a sciogliersi. La lettura alla quale mi accingevo mi attirava e allo stesso tempo mi respingeva per quella sorta di riluttanza a entrare — pur se invitato — nella sfera dei sentimenti, nell’intimità di qualcuno che conosco, con cui intrattengo rapporti. Ero consapevole di avere tra le mani non un esercizio letterario, né la ricostruzione di anni cruciali della nostra storia, ma l’esito sofferto di una immersione in acque profonde; in quell’habitat mai esplorato del tutto che è il cuore dell’Uomo.
Questo, in breve, l’antefatto. La mia paginetta non è, quindi, una prefazione, tanto meno una introduzione al libro. Idealmente, essa è la conclusione dello scambio avvenuto tra Luca e me nel corso delle nostre chiacchierate occasionate dal venticinquennale della morte di Ezio. Scambio apparentemente ineguale, poiché era Luca a «interrogarmi» su Ezio, sollecitando i miei ricordi su episodi e fatti precisi, chiedendomi impressioni e valutazioni sul collaboratore, sull’economista, sull’uomo Ezio Tarantelli. L’asimmetria dello scambio è, tuttavia, solo apparente, avendo ricavato a mia volta da queste conversazioni ulteriori elementi di conoscenza su Ezio innanzitutto, ma non solo. Erano, quelle chiacchierate, tasselli con cui veniva componendosi un mosaico: preistoria e storia di una famiglia che avevo visto nascere fin da quando Ezio, tornato dagli Stati Uniti, mi presentò la giovane, avvenente ragazza americana che poco dopo sarebbe diventata sua moglie.
Ezio e Carole, anche come coppia, certamente con modalità diverse, erano una «presenza» nel Servizio Studi: lui come uno fra i più brillanti di quell’agguerrita compagine di economisti arrivati in Banca d’Italia tra la seconda metà e la fine degli anni Sessanta; Carole, come assidua frequentatrice della biblioteca della Banca, dove portava avanti gli studi e intanto perfezionava il suo italiano; insieme — Ezio e Carole — erano commensali alla tavola del governatore Guido Carli, che era solito radunare alcuni giovani degli Studi con le loro compagne quando qualche illustre economista, per lo più straniero, era ospite della Banca d’Italia per seminari e conferenze.
Nelle nostre conversazioni i miei ricordi sovente sono stati interpolati da quelli di Luca, che riferiva quel che a sua volta aveva sentito raccontare dai genitori sull’inizio della loro vita comune: una fitta trama di memorie, di affetti, di speranze. Ma Luca è venuto tessendo una tela più vasta, riprendendo e riannodando numerosi fili, tanti quanti sono quelli che compongono una storia familiare di più generazioni. È questa storia, infatti, a fare da premessa e da sfondo al tema principale del libro. In questo senso potremmo definirne il contenuto «una storia italiana» i cui personaggi, ora laboriosi e capaci, ora brillanti ma superficiali, si avvicendano sulla scena mentre scorrono immagini a noi note: povertà, disoccupazione, emigrazione, guerra, fascismo e poi ancora guerra. Intanto, a casa, generazioni diverse di donne si prodigano senza risparmio per tenere insieme la famiglia. Famiglia spesso composta da nonni e nipotini, vecchie zie e parenti in temporanea o permanente difficoltà: convivenze non sempre facili, accettate come dato naturale in nome di legami e di sentimenti di solidarietà che benessere e cambiamento dei costumi hanno inesorabilmente allentato. Più di una volta, leggendo queste pagine mi è sembrato di veder scorrere i fotogrammi del bel film firmato diversi anni fa da Ettore Scola: La famiglia.
Una storia italiana questa; della Storia il libro scritto da Luca reca il segno incancellabile di uno dei capitoli più drammatici: il terrorismo. Quella stagione, con il suo tragico bagaglio, pur essendo il primum movens del libro, non è posta al centro della narrazione. Luca Tarantelli lo dichiara esplicitamente. Nel suo percorso egli ha inteso risalire alle origini: circostanze, vicende, incontri, occasioni che hanno concorso a generare e a irrobustire in Ezio la fede nella «forza delle idee». Ed è a quelle idee, fondate sul primato del confronto e del dialogo, che Luca Tarantelli guarda come all’eredità paterna più significativa e se ne lascia guidare nel suo itinerario alla ricerca del padre, per riannodare, ormai adulto, i fili di un rapporto troppo presto venuto meno nella sua «fisicità». Guardare a quelle idee e alla loro forza trasformatrice è l’invito che Luca Tarantelli rivolge, dunque, oggi al lettore.
Recuperare la forza di quelle idee è il solo modo di lasciarsi alle spalle il difficile presente; di sanare le lacerazioni che assottigliano, fino a strapparlo, il tessuto delle nostre comunità; di ritrovare il senso del vivere insieme; di ridare respiro al futuro.
Non era forse questo l’obiettivo di Ezio Tarantelli?
Carlo Azeglio Ciampi