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 2013  maggio 05 Domenica calendario

LA SPARTIZIONE DEI «RIPESCATI»

Sarà pure di larghe intese, ma il governo appena nato sta battendo ogni record nella velocità di morte (politica) e resurrezione dei sottosegretari. Velocità strabiliante di spostamento, sostituzione, slittamento, riqualificazione, punizione e ricollocamento in poco più di 24 ore.
Sparisce il cartellino «delega alle pari opportunità» per la pidiellina Michaela Biancofiore e compare quello con su scritto «pubblica amministrazione». Un piccolo fuori programma. Ma resta salva la proporzione tra i partiti. Che è quello che veramente conta. Era scontato che la nomina di un esponente politico che non perde occasione per deplorare la pervicace tendenza dei gay ad «auto-ghettizzarsi» (tra l’altro bastava «ghettizzarsi»: «auto» è un’ inutile e tautologica ridondanza) avrebbe suscitato molte polemiche. Non potevano accorgersene prima? No, perché la scelta della ancora molto vasta platea di vice-ministri e sottosegretario ha seguito, come sempre, logiche tortuose eppure, in un’ottica strettamente partitocratica, assolutamente prevedibili. In questa tornata di nomine, i partiti hanno fatto un pò quello che hanno voluto, e non sono stati frenati, come nel caso dei ministri, dalla ferrea supervisione del capo dello Stato, intenzionato a sottoporre al più severo scrutinio ogni nome proposto nella fascia più prestigiosa del governo Letta. Tanti ne spettavano al Pd, tanti al Pdl, tanti a «Scelta civica». Non c’era nemmeno l’elegante ipocrisia del «tecnico d’area», del nome riferito a qualcuno ma mai organicamente appartenente a qualcosa. No, qui c’era da soddisfare un criterio spartitorio senza infingimenti ed edulcorazioni. Inoltre l’infornata dei sottosegretari obbedisce da sempre a una regola di compensazione, per cui chi si è sentito escluso, o emarginato, o sottodimensionato nella torta principale dei ministri, ha potuto sfogarsi nei vassoi dei pasticcini collocati più lateralmente ma pur sempre paradiso, benché minore, di ogni ghiottoneria. C’era inoltre da placare la brama presenzialista dei falchi che hanno visto le colombe trionfare nella lotteria dei ministri e non volevano restare delusi anche nella riffa dei vice e dei sotto. Ecco perché i «falchi» del Pdl, sacrificati sull’altare del dialogo, delle larghe intese, della responsabilità, dei «bisogni del Paese» prima di quelli del «partito», eccetera eccetera, dovevano essere ripescati in qualche modo. Beninteso, vale per il Pdl ciò che vale anche per le altre componenti della coalizione, e infatti sono insistenti le voci che dicono di quanto la fazione «dalemiana» sia stata più considerata nella selezione dei sottosegretari di quanto non lo fosse in quella dei ministri, e idem per quella «montezemoliana», più rappresentata a livello dei sottosegretari sebbene sotto-rappresentata a livello dei ministri. Ma in questo caso, bisognava collocare da qualche parte la signora Michaela Biancofiore, conosciuta in tutto il mondo come pasionaria e pasdaran del berlusconismo. Dove? Qui una certa inclinazione al maschilismo impenitente deve aver suggerito ai distributori di sottosegretariati chiusi nel conclave delle trattative che in fondo, le «pari opportunità», essendo un dicastero minore, potevano fare al caso della Biancofiore. Ignorando che la Biancofiore ripetutamente aveva formulato sui gay espressioni che sul piano istituzionale suonano alquanto stonate. Avevano sottovalutato il rumore che quella scelta avrebbe fatto nel mondo di fuori, lontano dalla stanza segreta delle trattative. E perciò, non potendo ricominciare daccapo e alterare il perfetto equilibrio spartitorio, e il sottoequilibrio correntizio, si è deciso, con notevole tempismo, non già di cancellare Michaela Biancofiore dalla terra dei sottosegretari, ma di affidarla alla «pubblica amministrazione» anziché alle «pari opportunità». Con la speranza che il mondo della «pubblica amministrazione» non si senta ora come un mondo di serie B, deposito e rifugio dei sottosegretari sgraditi.
Pierluigi Battista