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 2013  maggio 05 Domenica calendario

PASSERA: PRONTO A UNA NUOVA COMPETIZIONE —

Un anno e mezzo da superministro dello Sviluppo. Corrado Passera, qual è il suo bilancio sulla crescita?
«La mia missione era creare le condizioni per lo sviluppo. Per questo compito non ci sono scorciatoie o soluzioni semplici. Ho scelto di agire in modo sistemico, sulle varie leve della crescita per favorire una ripresa strutturale».
Si poteva fare di più?
«Abbassando la pressione fiscale. Ma non avevamo le risorse. Quale governo con un po’ di coscienza e competenza non lo fa se può? Noi abbiamo dovuto aumentarle per evitare il peggio».
Le risorse non potevano arrivare azionando altre leve?
«Abbiamo usato quella della spending review. Un recupero di 40 miliardi strutturali considerando anche i risparmi sulle pensioni e la lotta all’evasione fiscale. Certo, si poteva valorizzare l’immenso patrimonio pubblico... Lo abbiamo detto tante volte ma mi pare che il meccanismo impostato dal ministero dell’Economia, si sia mosso, come dire? Assai lentamente. Sul punto non ho condiviso le scelte del governo».
Intanto cosa si è fatto per la crescita?
«Pur avendo risorse molto limitate, abbiamo agito su molte delle radici profonde della competitività e dell’efficienza».
In cosa il sistema oggi sarebbe più competitivo?
«La lista è lunga. Cominciando dal gas, di cui abbiamo ridotto il costo: si partiva da un prezzo all’ingrosso superiore del 25% alla media europea, adesso siamo nella media».
Cosa ha funzionato?
«Ridisegnare il discutibile "mercato" degli incentivi per le rinnovabili, confermando gli obiettivi verdi europe, introdurre concorrenza nel mercato del gas anche separando Snam da Eni, liberalizzare lo stoccaggio, legare le bollette ai prezzi di mercato. Al ministero mi hanno messo in guardia: "Lasci stare, non si può!". Ma l’abbiamo fatto: per famiglie e imprese la bolletta del gas calerà del 7-8% già nel 2013».
Le infrastrutture sono ancora bloccate?
«Erano bloccate: in 18 mesi abbiamo rimesso in pista progetti per 47 miliardi, più di quanto sia avvenuto nei dieci anni precedenti. Se gira per l’Italia i cantieri ci sono. E se non basta sul sito Cantieri.mit.gov.it ogni tre mesi si aggiorna lo stato dell’arte. Così il cittadino può controllare quanto abbiamo fatto e lo stato di realizzazione dei progetti riattivati. E capire se e chi blocca che cosa».
Le procedure restano complesse, dicono gli imprenditori.
«Abbiamo fatto alcuni interventi di forte accelerazione dei regimi autorizzativi sulle infrastrutture e introdotto nuovi strumenti di finanziamento privati e pubblici: i project bond, la defiscalizzazione, il contratto di disponibilità».
Si ha la sensazione che altre cose non siano passate.
«Il credito d’imposta per l’innovazione, ad esempio. Lo dico al nuovo premier: con un miliardo si possono riattivare investimenti cruciali per recuperare produttività. Sulle start up la legislazione innovativa di cui ci siamo dotati andrebbe estesa a altre nuove imprese. Ma il primo esame per Letta sarà sul ripagamento totale dei debiti commerciali della Pa».
E’ immeritata l’uscita di scena sottotono del governo Monti?
«I meccanismi politico-partitici, specie in fase elettorale, fagocitano in tempi record e in modo strumentale i risultati più significativi. Il governo Monti ha evitato il tracollo e il commissariamento, blindato i conti, ridato credibilità internazionale al Paese. Ha realizzato o avviato riforme attese da anni. Questo anche grazie a Parlamento e parti sociali che insieme hanno detto: "Ce la facciamo da soli"».
Ora c’è chi rivedrebbe tutto: dall’Imu alle pensioni.
«Sarebbero sbagliati stravolgimenti che mettessero a rischio la credibilità acquisita. Affinamenti sono possibili: per l’Imu serve maggiore progressività. Nel lavoro l’apprendistato con pochi interventi di semplificazione e incentivazione può diventare un formidabile strumento di inserimento».
Con il Parlamento non abbiamo visto un grande idillio.
«All’inizio il rapporto è stato di confronto costruttivo e di collaborazione. Con l’avvicinarsi del voto scelte coraggiose sono divenute per i partiti faticose. Si sono alzati muri sulle liberalizzazioni delle professioni e i costi della politica: il taglio delle Province è naufragato. E sulle nomine dell’Authority dei trasporti si sono scaricati i veti».
Quanti decreti attuativi hanno prodotto i suoi due ministeri?
«Guardi qui (mostra alcune tabelle colorate, ndr): allo Sviluppo 105 interventi attuativi, alle Infrastrutture 57, in entrambi i casi il 100% di quelli adottabili ad oggi».
C’è stata qualche carenza nella comunicazione di tale lavoro?
«Sì e anche qualche pregiudizio. Di me si è detto che avrei favorito il settore finanziario e invece mi sono inventato i minibond con cui le Pmi possono disintermediare le banche e il contratto-base per la Rc auto che aumenta la concorrenza».
Pensa di essersi fatto dei nemici?
«Disboscare gli incentivi al fotovoltaico, staccare la Snam dall’Eni, bloccare il beauty contest mi ha anche creato dei non-amici... ma è dignità della politica anche questo».
Perché non ha corso con Scelta civica alle scorse elezioni?
«Non era il progetto radicalmente riformista di cui il Paese ha bisogno: non si può ambire a fare una cosa nuova mettendo insieme pezzi vecchi. Non era nuovo il partito, non era nuovo e coraggioso il programma, perché non conteneva veri cambiamenti in campo istituzionale, economico e sociale. Non ha aiutato il sistema elettorale. Io sono per l’uninominale a doppio turno alla francese che al primo giro permette al cittadino di scegliere il suo candidato. Al secondo consente alleanze e assicura una base larga alla maggioranza».
Che pensa di Grillo?
«E’ un chiaro messaggio alla politica tradizionale: la somma di chi ha votato Grillo e di chi non ha votato raggiunge quasi il 50% degli italiani. Certo, ha potuto godere del monopolio della novità e della disaffezione dalla politica. Trovo la sua proposta spesso populista e poco costruttiva».
Cosa pensa del governo Letta?
«Ringraziamo Napolitano e Letta per aver fatto l’unico governo possibile. Sono scettico che partiti cosi diversi e avversari possano lavorare insieme a lungo. Capiremo entro 3-6 mesi, quanto spirito di servizio ci sia in effetti nei partiti».
Se si andasse a nuove elezioni lei sarebbe in campo?
«Diciotto mesi fa ho fatto un cambio di vita radicale, lasciando alle spalle 35 anni di lavoro nel pubblico e nel privato esercitato tenendo presente l’interesse del Paese. Rifarei tutto. In questi mesi ho avuto la conferma che ci sono molte cose che potrei realizzare, mettendo la mia esperienza al servizio del Paese, per dare risposte a chi tutti i giorni si rimbocca le maniche e mantiene alto il nostro nome nel mondo. Non so se si creeranno le condizioni, ma in una competizione con regole adeguatamente innovate, valuterei di esserci. Condizioni irrinunciabili: un programma coraggioso per realizzare un vero progetto-Paese e compagni di viaggio che credano nell’Italia e la amino. Proprio come me».
Antonella Baccaro