VARIE 5/5/2013, 5 maggio 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - LA QUESTIONE DELLO IUS SOLI
ROMA - Il ministro per l’Integrazione, l’italo-congolese Cecile Kyenge, ribadisce la sua fermezza nel voler arrivare a una legge che riconosca la cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri, il cosiddetto "ius soli". Lo fa intervistata da Lucia Annunziata a In mezz’ora, dove assicura che un ddl sul tema sarà pronto nelle prossime settimane.
"E’ difficile dire se ci riuscirò - ammette il ministro -, per far approvare la legge bisogna lavorare sul buon senso e sul dialogo, trovare le persone sensibili. Non è una priorità del mio ministero, è la società che lo chiede, il Paese sta cambiando".
Posizioni contrarie nel Pdl. Ma su questo tema le posizioni all’interno del governo Letta non sono omogenee. Nel dibattito si inserisce, infatti, Anna Maria Bernini, portavoce vicario del Pdl, che ribadisce che lo "ius soli" non è nel programma dell’esecutivo di larghe intese. "Le opinioni politiche di Cecile Kienge su cittadinanza e reato di immigrazione clandestina sono perfettamente legittime se espresse a titolo personale - chiarisce la senatrice - ma fuori luogo se pronunciate nelle vesti di ministro della Repubblica in un governo di coalizione che vive anche grazie al sostegno del Pdl, e ai suoi voti sui singoli provvedimenti".
"Il ddl sullo ius soli e l’abolizione del reato di immigrazione clandestina non solo non sono delle priorità di questo momento, ma più in generale non fanno parte di quell’agenda di governo su cui Enrico Letta ha incassato la fiducia delle Camere - aggiunge -. Sarebbe opportuno che il presidente del Consiglio chiarisse bene ai suoi ministri quali sono i confini politici e programmatici di questo esecutivo, al fine di evitare episodi di destabilizzazione. Le assolute priorità su cui deve ora concentrarsi l’attività di governo sono l’abolizione dell’Imu e la riduzione della pressione fiscale su lavoro e imprese".
Gli fa eco Renato Schifani, capogruppo del Pdl al Senato, che invita a usare "maggiore cautela" ed a evitare "proclami solitari, senza che gli argomenti siano discussi e concordati in un ambito collegiale". E Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato: "Sull’immigrazione clandestina non decide il ministro. La cittadinanza automatica per il solo fatto di nascere in Italia non è praticabile", taglia corto.
Balotelli tesimonial. Alla domanda, posta da Lucia Annunziata a Cecile Kyenge, se si dimetterà in caso di mancata riforma della cittadinanza, il ministro risponde di non aver valutato le conseguenze di un eventuale fallimento, ma si dice consapevole che "bisogna lavorare molto per trovare i numeri necessari. Bisogna lavorare anche con chi la pensa diversamente da me, già nelle prime settimane bisogna lavorare tutti insieme".
La giornalista suggerisce al ministro di arruolare una star del calcio come Mario Balotelli in qualità di testimonial per la riforma della legge sulla cittadinanza. "Una buona idea - conviene il ministro Kyenge, che parlando ancora dell’attaccante del Milan, sottolinea: "Ognuno ha il suo carattere, ma lo ringrazio perché anche se subisce degli atti di razzismo, anche se è sotto tensione, a testa alta sta dando un contributo all’Italia, riesce a dare un valore aggiunto".
Da parte sua super Mario risponde subito all’appello: "Sono sempre disponibile" per la lotta al razzismo e alle discriminazioni, dice all’agenzia Ansa.
Centi di espulsione. Nel corso dell’intervista, Cecile Kyenge fa chiaramente intendere che la sua visione dell’argomento "stranieri in Italia" è ben più ampia. Per il ministro dell’Integrazione, si dovrebbe partire dall’abolizione del reato di immigrazione clandestina. "Dovremmo andare in questa direzione" spiega, ricordando come la competenza su questa materia sia "del ministro dell’Interno, Alfano" e aggiungendo: "Lavoreremo insieme, serve dialogo".
Sulla questione dei Centri di identificazione ed espulsione, il ministro Kyenge si era già esposto presentandosi alla stampa. A In mezz’ora la signora Kyenge ribadisce come sia necessario "rivedere la struttura dei Cie e lo stato di emergenza" legato agli sbarchi. "Bisogna guardare alla direttiva europea che l’Italia ha ratificato in modo sbagliato anche riguardo alla permanenza di 18 mesi, che devono essere una extrema ratio - spiega ancora il ministro -. La direttiva non chiede all’Italia di mettere nei Cie persone malate, fragili, minori, ma solo persone pericolose o criminali".
Libertà di culto. Quanto alla religione, in particolare all’idea di una moschea a Milano entro l’Expo 2015, "è mia intenzione continuare il percorso di libertà di culto già del mio predecessore. Ma da qui a promettere con certezza una moschea a Milano per l’Expo c’è differenza e non è neanche mia competenza - osserva il ministro dell’Integrazione -. E’ certamente una proposta interessante, si può vedere come può essere attuabile, ma non dipende e non compete a me. Io lavoro anche sulle comunità religiose, quindi è una cosa di cui mi interesserò e la potrò portare all’attenzione del governo".
Io, immigrata irregolare. A In mezz’ora, la signora Kyenge offre nuovi dettagli sulla sua personale vicenda, parlando del periodo in cui fu irregolare in Italia. "Son venuta in Italia a studiare medicina pensando di avere una borsa di studio, che non c’era. Prima, a 18 anni, sono andata nella capitale del Congo, mantenuta dalla mia famiglia. Ma mi hanno iscritto a farmacia. Ho frequentato un anno medicina in Italia senza essere iscritta. Poi ho trovato una facoltà di medicina che mi ha preso. Il vescovo della mia città mi aveva trovato una borsa di studio alla Cattolica di Roma, che poi non ho avuto. Senza borsa di studio ho dovuto trovare un modo per vivere in Italia. Mi ha accolto un prete, padre Beppe, rifugiato dall’Ungheria. Era a Roma, a Sant’Anselmo. Attraverso altre persone mi ha fatto conoscere una donna straordinaria, Adele Pignatelli, che fa parte di una associazione di medici".
Tra le esperienze più dolorose vissute nel nostro Paese, Cecile Kyenge ricorda la campagna elettorale del 2004. "Fui aggredita. Mentre ero con mia sorella, da un signore che ci mise le mani addosso, ci diede del ’vu cumprà’ e dei ’negretti".
Per contro, la signora Kyenge si dice felice di "avere tanti fratelli e sorelle, 38, perché aiuta nei rapporti con la comunità". In Congo esiste la poligamia e un uomo può avere fino a quattro mogli, la Chiesa riconosce solo il primo vincolo. "Prima della crisi era una cosa abbastanza frequente" osserva il ministro. Il padre di Cecile, cattolico, ha praticato la poligamia, secondo tradizione, e quindi non tutti sono figli della stessa madre. "Vengo da una famiglia cattolica, ma sono poco praticante".
(05 maggio 2013)