Antonio Pitoni, La Stampa 5/5/2013, 5 maggio 2013
Lo scenario è da campo di battaglia. Perché mentre i «moti» giovanili di #occupypd continuano a premere dal basso, le divergenze di posizioni, quelle dall’alto, restano ancora lontane da una possibile sintesi
Lo scenario è da campo di battaglia. Perché mentre i «moti» giovanili di #occupypd continuano a premere dal basso, le divergenze di posizioni, quelle dall’alto, restano ancora lontane da una possibile sintesi. Al punto che, pure Carlo De Benedetti, tessera numero uno del Pd («Ma è solo una leggenda») mette il dito nella piaga che rischia di mandare tutto il partito in cortocircuito: «A forza di correnti, c’è il rischio che scompaia il fiume». Distanze rese ancora più evidenti dall’escalation degli ultimi giorni. Le polemiche sui sottosegretariati, dalla nomina (esterna) della pidiellina Michaela Biancofiore all’esclusione (interna) del segretario regionale del Pd Piemonte Gianfranco Morgando (che due giorni fa si è dimesso). Oltre al nodo della Convenzione per le riforme ancora tutto da sciogliere come pure la partita per la designazione (che ne sarà delle primarie?) del segretario-reggente. E l’Assemblea nazionale di sabato 11 maggio si preannuncia già come un’inevitabile resa dei conti. Specie dopo l’ultima bordata arrivata direttamente dal blog di Pippo Civati: «I vertici del Pd non cambiano strada. Anzi, vogliono rimanere al vertice del Pd. Semplice, no? Ora pensano a un segretario (non più a un reggente super partes) che venga eletto sabato dall’assemblea nazionale del 2009 e che poi si candidi alla segreteria a ottobre, con il sostegno del partito (uno schema alla Franceschini di quattro anni fa, per capirci). Come dimissionari, sono parecchio attivi, non trovate?». Sotto accusa, Civati mette l’idea di aprire il Congresso solo ai tesserati e non agli elettori: «Nemmeno quelli del famoso albo, che abbiamo registrato e fatto votare su un testo molto impegnativo, che poi non abbiamo rispettato, perché il segretario non sarebbe più automaticamente il candidato premier». Mentre per «il-segretario-in-due-mosse» si profila una corsa a due tra il bersaniano Guglielmo Epifani e il dalemiano Gianni Cuperlo. «Un derby, diciamo, in cui le magliette si faticano a distinguere». Venti di scissione in vista? «Se faranno davvero così, il Pd ci toccherà farlo da un’altra parte – scrive ancora –. Perché questo non è più il Pd, aperto e inclusivo che ci eravamo raccontati: è più o meno il suo contrario». Ma anche la prosecuzione «di quello che abbiamo visto al lavoro negli ultimi venti giorni» e «con i successi che sappiamo». Insomma, più che rischio scissione, Civati lo definisce rischio estinzione: «Perché il punto è che stiamo snaturando il Partito democratico. Gli avevamo dato un nome: primarie. E un cognome: alternativa a Berlusconi. Il cognome è saltato per le ragioni che sappiamo, cerchiamo almeno di salvare il nome». Ma Come? «Epifani e Cuperlo – conclude Civati – si presentino sabato prossimo come figure di garanzia impegnandosi a non ricandidarsi alla segreteria». Posizione tanto dura quanto chiara, sebbene di minoranza. «È ovvio che il Pd deve avere un segretario e non una semplice e banale reggenza» checché ne dicano «i raffinati professionisti della politica, rottamatori o meno che siano come Civati e compagnia cantante», replica Giorgio Merlo. Anche il candidato sindaco di Roma, Ignazio Marino, esclude soluzioni a tempo: «Penso che si debba in tempi più brevi possibili scegliere una donna o un uomo che sappiano guidare e possano guidare per i prossimi quattro anni il partito». Mentre Matteo Renzi incassa l’endorsement di Carlo De Benedetti: «È l’unico leader spendibile del Pd oggi. È una persona nuova, pragmatica, è sindaco ed è giovane».