Chiara Beria di Argentine, La Stampa 4/5/2013, 4 maggio 2013
AD HAITI L’ALTRA FACCIA DI MARTINA COLOMBARI
«Ad Haiti diventiamo tutti uguali. Donne o uomini, non importa chi sei, che età hai, quale mestiere fai», dice l’attrice Martina Colombari, a 38 anni sempre più affascinante e lontana dalla futile immagine di miss con relativo marito calciatore.
«La mia prima volta ad Haiti - era il 2008 - ho avuto paura di non farcela ma non sono tipo da mollare. Laggiù dormo tra i topi; se serve in ospedale cambio le flebo e se devo trasportare dei cadaveri indosso guanti, mascherina, mi metto nel naso del balsamo di tigre e pedalo». Oltre al nostro ombelico. Prima dell’estate, Martina tornerà ad Haiti per lavorare come volontaria della Fondazione Francesca Rava, la onlus che con padre Rick Frechette di Nhp (Nuestros Pequenos Hermanos) ha aperto 50 strutture ospedali, orfanotrofi, centri di formazione, scuole di strada - nella povera isola devastata nel gennaio 2010 dal terremoto (250 mila vittime; 600 mila disperati ancora oggi nelle tendopoli), dove mezzo milione di persone sono contagiate dal colera e un bambino ogni 3 non arriva a 5 anni.
In Italia si parla tanto d’emergenza? «Ad Haiti l’emergenza non finisce mai», ribatte Martina. «Non c’è un governo capace di gestire la ricostruzione; la valanga di soldi raccolti da enti internazionali e da Clinton sono bloccati. Ma c’è di più. Per far ripartire un Paese non puoi - come hanno fatto tante organizzazioni e fondazioni anche dignitose - arrivare, distribuire acqua, cibo, medicinali e andartene via. Alla fine Save the children, Unicef etc. etc. portano i bambini all’ospedale Saint Damien da padre Rick dove sono stati aperti nuovi reparti di neonatologia e maternità. E ancora. Per ridare speranza a un popolo la Fondazione ha creato scuole negli slums e laboratori. Coltiva un orto e vendi ai vicini. Raccogli macerie e ti diamo 2 dollari al giorno. Insomma, ci vuole “business sociale” come ha ribadito nelle sue visite ad Haiti il premio Nobel, Yunus».
Capelli biondi, magnifici occhi azzurri un fisico bestiale, quando entra nel bar, Martina Colombari, cattura tutti gli sguardi. Ma al di là dell’apparenza è davvero una bella persona. Felicemente sposata da 17 anni all’ex calciatore del Milan, Billy Costacurta, mamma di Achille, 8 anni e mezzo, romagnola solare e tenace («Sono troppo appassionata del mio lavoro e curiosa per restare a casa a farmi servire su un divano») confessa di vivere una stagione assai felice. Due film in uscita («Barbara ed Io», diretto da Raffaele Esposito e «Bologna 2 agosto, i giorni della collera», sulla strage alla stazione), Colombari ha appena finito di recitare e ballare nel musical «La Febbre del sabato sera».
Gran sorriso: «E’ stato il mio lavoro più bello. Pura adrenalina». L’altra faccia di Martina è il suo impegno di volontaria. «Fino a 4 anni fa pensavo che bastasse prestare dignitosamente, come fanno tanti miei colleghi, la mia immagine. Ma una sera, dopo una galà per la Fondazione - ero elegantissima in un abito Armani Privé - ho provato una sensazione di sofferenza. Dovevo fare qualcosa di più; sono andata nella sede della Fondazione; ho visto i loro progetti. Mi hanno invitato ad andare, sono partita».
Nel gennaio 2010, il viaggio più atroce. «Nelle bare di cartone tenute insieme con acqua e farina raccoglievamo 8,9 cadaverini. Caldo, puzza. Un giorno sono crollata, padre Rick mi ha ripreso gentilmente, mi sono sentita una schifezza!». Cosa pensa l’ex miss Italia della situazione politica nel nostro Paese? «Finalmente la Minetti torna a occuparsi di denti!», scherza. Poi, più seria: «Il discorso di Enrico Letta alla Camera mi è piaciuto; mio marito che lo conosce - il premier è un tifoso milanista - dice che è ottima persona». Quanto a Matteo Renzi («Con lui Berlusconi avrebbe preso meno voti!») ha offerto lo storico Teatro della Pergola di Firenze per il concerto il 21 maggio di Paola Turci e Paolo Fresu in favore della Fondazione Rava. Appello finale di Martina per le adozioni a distanza: «Basta un euro al giorno per mantenere un bambino. Si può restare indifferenti sapendo che ad Haiti le piccole che restano in strada hanno la prima gravidanza a 11 anni?».