Maurizio Ternavasio, La Stampa 4/5/2013, 4 maggio 2013
DA GIUSTIZIA A LUCIFERO LA LISTA DEI NOMI PROIBITI
Tutti i nomi che hanno a che fare con i titoli aristocratici, King, Princess, Prince, Duke, Majesty (ovvero Re, Principessa, Principe, Duca, Maestà). Poi Lucifero, che in Nuova Zelanda si scrive Lucifer, e Giustizia (Justice), oltre a stranezze difficili da giustificare come . (sì, il punto con cui si chiudono le frasi), oppure * (sì, l’asterisco). E poi numeri romani come III, oppure cifre come 89, lettere come T e I, abbreviazioni come Mr e frasi deliranti come Mafia No Fear (Mafia senza paura). I tribunali della Nuova Zelanda, che in passato avevano accettato Number 16 Bus Shelter (la pensilina del bus numero 16) come nome di battesimo, tengono una lista di quelli che bocciano, in modo che i futuri genitori si possano regolare. La nuova lista è appena uscita, con 77 aggiunte, tra le quali quelle che abbiamo appena citato. Il Paese australe non è l’unico a comportarsi così: anche Germania e Islanda hanno regole precise su quali nomi siano accettabili e quali no.
Anche se in famiglia un figlio viene trattato come un Re - o come una Regina, se femmina - in Nuova Zelanda questi nomi sono banditi, al pari di altri 75. Qui il registro delle nascite ha dato un giro di vite, per «scoraggiare i genitori in scelte che in futuro possano rappresentare un problema per i propri eredi».
Nel 2012 ben 62 famiglie hanno dovuto trovare un’alternativa al nome Justice (Giustizia), ma nella speciale classifica dei «no» entrano anche Duca, Maestà, Messia. Vietati pure i numeri romani, Slash (chissà se scritto così oppure semplicemente /). E se è passato, per due fratelli, il nome Benson & Hedges (il loro futuro da tabagisti è comunque assicurato), in sei si sono visti stoppare Lucifero. Visto – chissà perché - con sospetto il casto Stallone, va bene invece Violence (Violenza).
In Italia la materia è regolata da un decreto del presidente della Repubblica (il numero 396 dell’anno 2000) con cui si stabilisce il divieto dell’imposizione dello stesso nome del padre, di un fratello o di una sorella ancora in vita o di un cognome come nome. Proibiti anche i nomi «ridicoli e vergognosi» come Venerdì (sentenza della Cassazione) o Varenne: con il senno di poi, una vera scommessa.
La parte del cattivo spetta all’ufficiale di stato civile, ma con il recente ordinamento il suo ruolo è profondamente cambiato: infatti l’articolo 34 stabilisce che può opporsi alla registrazione di un nome, proponendone uno di sua scelta, ma non rifiutare la registrazione del nome stesso. E di fronte a un genitore ostinato l’ufficiale di stato civile può trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica che a sua volta può attivarsi per chiedere una sentenza di rettifica del nome. Quando manca l’accordo tra i genitori, è possibile fare un’istanza alla prefettura che decide con decreto prefettizio.
Esistono poi precise regole per i patronimici stranieri imposti ai bambini con cittadinanza italiana, che devono essere scritti nel nostro alfabeto, con l’estensione alle lettere J, K, X, Y, W e, dove possibile, anche con i segni diacritici (dieresi, accenti circonflessi…) della lingua di origine del nome.
Insomma, con queste disposizioni la cantante Giorgia si chiamerebbe proprio come voleva suo padre (Georgiaonmymind). Rimane invece un forte contenzioso per il nome Andrea al femminile: in Italia la sua attribuzione non era consentita fino allo scorso novembre, quando la Cassazione, accogliendo il ricorso di due genitori che erano stati obbligati dal Tribunale di Pistoia a cambiare il nome della figlia in Giulia Andrea, ha deciso che Andrea è un nome unisex.
E se la città di Chiavari ha respinto Bottom, che in inglese vuol dire fondo schiena, nel 2008 nessuno ha saputo opporsi all’ iniziativa del Movimento sociale-Fiamma Tricolore in Basilicata: 1.500 euro per ogni Benito o Rachele.
Paese che vai, stranezza che trovi. Nel New Jersey i fratelli Adolf Hitler e Joyce Lynn Aryan Nation sono stati affidati ad un giudice ma presto potrebbero tornare con i genitori perchè "i nomi non rappresentano un valido motivo per togliere l’affidamento".
La Svezia ha detto no a Veranda e Ikea, ma poco ha potuto nei confronti di Volvo Lutfisk Wannadies Almqvist, neonata con una sfilza di nomi presi in prestito da un supermarket. In Malesia niente Testa Puzzolente. Lo stesso in Cina per @, i cui caratteri in realtà lo fanno assomigliare al nome "Come l’amore di lui".
Negli States ecco Hashtag, chiari riferimento a Twitter, mentre un ghanese che vive a Modena ha chiamato il figlio Silvio Berlusconi. Ma a scuola la maestra vuole che sia chiamato semplicemente Silvio.