Francesca Sforza, La Stampa 4/5/2013, 4 maggio 2013
DERRICK NAZISTA RISVEGLIA GLI INCUBI DELLA GERMANIA
È stato incastrato da un dettaglio, Horst Tappert, in arte l’ispettore Derrick. Nessuno avrebbe potuto prevedere che a cinque anni dalla sua morte un sociologo di nome Joerg Becker, impegnato nella stesura di una monumentale biografia intellettuale di Elisabeth Noelle-Neumann, pioniera della demoscopia e della scienza delle comunicazioni ai tempi del nazionalsocialismo, avrebbe fatto richiesta all’Agenzia delle notifiche dei parenti dei caduti della Wehrmacht per vedere se in quelle liste figurava qualche familiare di Tappert. A Becker l’idea è venuta dopo aver notato che il futuro Derrick, nel 1947, aveva lavorato presso una compagnia teatrale di Tubinga di cui Noelle- Naumann era co-fondatrice. Una potenziale nota a piè di pagina è diventata così la storia principale, o meglio, il finale a effetto che neanche Herbert Reinecker, il raffinato sceneggiatore della serie tedesca più conosciuta nel mondo, amante delle citazioni colte e delle atmosfere metafisiche, avrebbe saputo concepire. «Horst Tappert – si legge nel dispaccio dell’Agenzia delle notifiche – diventa in data imprecisata membro del Battaglione SS-Flak ad Arolsen, e il 22 marzo 1943 annuncia la sua adesione al Primo Reggimento Granatieri delle Panzer SS, allora attivo in Russia». La «Frankfurter Allgemeine Zeitung», che il 25 aprile scorso ha riportato la notizia, conferma di essere entrata in possesso della documentazione originale e di averne accertato l’affidabilità.
«Se avessimo saputo di quella militanza non lo avremmo mai nominato Commissario Onorario della Polizia bavarese», dichiara oggi il ministro dell’Interno del Land Joachim Hermann, chiedendosi se esista una procedura per privare l’ormai deceduto Tappert del titolo. L’emittente televisiva «Zdf», produttrice di 281 episodi della serie tradotta in oltre 100 lingue, si dice «scioccata e sorpresa» e come misura punitiva, sempre postuma, decide di non trasmettere più neanche una puntata: «Non renderemo onore a uno che ha mentito sul proprio passato». Bloccate le repliche anche nel canale televisivo olandese «Max»: «È una questione di rispetto per le vittime della guerra», ha commentato il direttore del broadcasting Jan Slagter. Anche la tv belga «ha tagliato» l’ispettore più famoso di Germania.
In effetti Tappert mentì: dei suoi anni giovanili si era limitato a scrivere, in un suo libro di memorie, che era ufficiale medico e che fu fatto prigioniero. A differenza di Günter Grass, il Premio Nobel della Letteratura che nel 2006 confessò di essersi arruolato volontario nelle Waffen SS, e non coscritto come aveva lasciato credere fino a quel momento, Tappert non ebbe il coraggio di raccontare il fronte russo, né la decisione di farsi granatiere per i corpi speciali nazionalsocialisti. Se lo avesse fatto, del resto, il suo mito sarebbe crollato come è in parte crollato oggi. Ma avrebbe fatto molto più rumore, perché lo stesso serial dell’Ispettore Derrick si reggeva su quella menzogna. La Germania vi era presentata come un grande interno borghese, dove i personaggi si muovevano col passo felpato di attori di teatro, ognuno preso dai suoi ragionamenti, spesso contorti, che l’ispettore aveva il compito di sciogliere per arrivare alla soluzione del delitto. La realtà era molto diversa: nelle case dei tedeschi, tra gli Anni 70 e 80, si respirava un acre odore di colpa, che i nonni non potevano/volevano più raccontare e che i padri tacevano perché la compromissione con il regime li aveva comunque lambiti. La «rieducation» portata degli americani non intaccò le coscienze, si limitò a sigillare gli archivi delle procure e a cancellare i segni di storie personali troppo imbarazzanti. Non c’erano tedeschi che non sapevano, c’erano solo tedeschi che facevano finta. Tutti gli altri erano emigrati, o morti.
La serie tv era l’icona perfetta di quella finta, un tardivo ripescaggio dello spirito di Weimar: mai una volta s’incappa in un passato in camicia bruna, ci sono solo tormenti psicologici, narcisismi paralizzanti, freddezze psicopatiche. E alla fine, la compassione di Derrick, che tutto spiega e tutto comprende, talvolta fino a commuoversi per il male commesso da altri. Da un punto di vista politico, quella serie sdoganò la Germania agli occhi del pubblico internazionale, presentando a tutto il mondo il volto positivo della legalità tedesca, magari un po’ cupo, ma sempre pronto alla redenzione. È irrilevante il fatto che anche lo sceneggiatore Reinecker era stato un nazista della prima ora? Probabilmente tutti, in quel cast, lo erano stati, chi più chi meno. «Deve capirci», dicono gli assassini a Derrick nel finale della puntata «Una strana giornata in campagna». E viene da rispondere come fece lui allora: «Ci sto provando».