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 2013  maggio 04 Sabato calendario

«SONO RISORTO. GRAZIE AL CAVALIERE E A DELL’UTRI»

Il primo sms col primo interrogativo della prima giornata da sottosegretario alla Funzione pubblica glielo ha inviato un «carissimo» amico: «Ma non muori mai?». E Gianfranco Micciché ha sorriso soddisfatto: «Beh, sì, è la resurrezione...».
Dimenticati i lontani successi del «61 a 0» con Forza Italia, trombato alle Regionali dello scorso ottobre dopo essersi messo di traverso contro il candidato ufficiale del Pdl spianando in Sicilia la strada a Crocetta governatore, il «ribelle» bacchettato da Alfano e Schifani lo davano davvero politicamente per morto e sepolto. A cominciare dai suoi più stretti amici, un fuggi fuggi dopo il voto. Con un paio di ex assessori subito impegnati a cambiare look: via la cravatta arancione di Grande Sud, barba incolta, giacca casual, pronti al salto in casa Crocetta.
Sorride il risorto che spaccò il Pdl in due tronconi e che il destino e Berlusconi vogliono adesso nello stesso governo con un altro sottosegretario suo fervido nemico, Giuseppe Castiglione. Proprio l’ex presidente della Provincia di Catania da lui definito «pidocchio e traditore», «acaro e ascaro». Con l’interlocutore altero: «I siciliani sanno riconoscere chi fa davvero i loro interessi». Bordate annullate dai sorrisi di ieri sera, al giuramento. Un traguardo che placa Micciché pronto a ringraziare e a smussare.
Chi ringrazia?
«Intanto, Berlusconi. Lo devo a lui, grande stratega, protagonista assoluto di questo governo».
E le guerre con Alfano, Schifani, Castiglione?
«Se ne sono dette di peggio Bersani e Berlusconi. Eppure stanno insieme, adesso. Si litiga anche all’interno della propria area, ma poi con l’età subentrano altri sentimenti».
Lei è quello delle rotture interne al Pdl, come le rimproverava Simona Vicari, altra sottosegretaria adesso con lei al governo.
«Bello che ci sia la Vicari, sarà utile...».
Sulla Rete esplodono commenti pesanti. Stupisce che vi siate riuniti tutti sotto Letta.
«È il miracolo di Berlusconi. Ma, ricordiamo che lo ha potuto fare perché in un paio di Regioni ha vinto il premio di maggioranza con i voti da noi portati».
Per questo la definiscono trombato e ripescato?
«Trombato ci sta, non posso rifiutarlo, anche se presi solo 1.700 voti perché chiedevo di votare per altri. Ma non ripescato. Senza la vittoria alle politiche in Sicilia oggi Berlusconi non sarebbe stato in condizione di pareggiare».
Archiviate sberle e parolacce contro Alfano, Schifani ed altri?
«Sbagliammo tutti, io e loro. Perdendo la Regione Siciliana. L’errore ci fu, anche se non sappiamo se è nato prima l’uovo o la gallina. Errore generale. Ma Berlusconi ha preteso che non se ne facessero più».
Si sente al posto giusto alla Funzione pubblica?
«Il mio pallino. Lo ripeto da sempre che lo Stato per una autorizzazione non può fare passare il cittadino da 24 uffici diversi. Ottima intesa con il ministro Giampiero D’Alia, figlio di un nobile democristiano di Messina purtroppo appena scomparso. Quando la Lega si accorgerà di due siciliani alla Funzione pubblica ci sarà da ridere».
Quanto dura questo governo?
«Anche 5 anni, ma ogni mattina bisognerà aprire la finestra per vedere se c’è ancora».
«Inaudito», come dice Renzi, insistere sul Cavaliere alla «Convenzione per le riforme»?
«Cos’ha di negativo? Non è né Dracula né Hitler. Persona capace e generosa, buona e affabile...».
Sono arrivati sms dagli amici che la abbandonarono?
«Forse hanno perduto il numero. Ma c’è chi non lo ha perso».
Chi?
«Voglio ringraziare Raffaele Lombardo che per l’asse Mpa-Grande Sud ha fatto telefonate a Verdini e Berlusconi invocando la mia nomina. Chiesta anche alla consultazione di Letta».
Le ricorderanno che è sotto inchiesta per mafia.
«Non ho paura di ringraziarlo».
E il suo amico Dell’Utri?
«Ha telefonato per i complimenti. Credo che abbia avuto anche lui un peso nelle scelte che ha fatto Berlusconi. Non mi vergogno di dirlo. Deve aver pesato».
Ci saranno polemiche se sul governo Letta pesa l’input di un condannato per mafia.
«Quando scoprirò che è veramente mafioso non lo saluterò. Ma ancora oggi non ci credo».
Felice Cavallaro