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 2013  maggio 04 Sabato calendario

L’ANOMALIA DI DUE PAPI IN VATICANO

Vestiti entrambi di bianco. Quasi confondibili, visti di spalle. E presentati in modo involontariamente spiazzante da un cerimoniale preso in contropiede da una novità plurisecolare. Chissà se in Vaticano hanno valutato fino in fondo l’impatto della seconda fotografia che ritrae insieme Francesco e il predecessore Benedetto XVI: quella del ritorno dentro le Sacre Mura del primo Pontefice dimissionario dal Medio Evo a oggi, seguita alle istantanee e al filmato del loro primo incontro a Castel Gandolfo, subito dopo l’elezione dell’argentino Jorge Maria Bergoglio. E chissà se hanno calcolato il senso di disorientamento che il loro apparire, fianco a fianco, può creare nella comunità cattolica, e non solo. Quando si chiede a ecclesiastici anche di rango l’impressione che ne hanno ricavato, la reazione è un capolavoro di laconicità curiale, dietro la quale si intravede un imbarazzo palpabile.
«Un gesto di grande fraternità». «Un atto di delicatezza». E via approvando, prima di cambiare rapidamente discorso. È difficile, d’altronde, affrontare la realtà di un ex Pontefice che aveva annunciato di voler rimanere «nascosto al mondo». E invece rispunta, suo malgrado; è presente e quasi incombe, a ricordare e sottolineare un’anomalia che i vertici vaticani avvertono ma non riescono ancora a gestire. E dunque rimuovono e cercano di incorniciare forzatamente in una normalità alla quale non credono per primi neppure loro. Giovedì pomeriggio hanno discusso a lungo, in Segreteria di Stato. Bisognava decidere se passare alle televisioni il filmato del «ritorno» dell’ex Pontefice, accolto da Francesco; oppure se oscurare questo secondo episodio di una saga inedita per la storia della Chiesa cattolica: la convivenza in Vaticano, a pochi metri di distanza, fra quelli che impropriamente vengono definiti due Papi.
Le reti tv hanno atteso invano. Una «seconda volta» sarebbe apparsa eccessiva, dopo la volontà di ritirarsi in preghiera e solitudine dell’ex Papa tedesco; e soprattutto imbarazzante. Si è optato per una fotografia, perché si temeva che altrimenti potessero crescere le voci su Joseph Ratzinger molto malato. Ma la scelta ha provocato comunque una punta di silenzioso sconcerto. Fra l’altro, nell’istantanea si intravede sullo sfondo, accanto a una porta, anche monsignor Georg Gänswein, segretario personale del Pontefice che si è dimesso il 28 febbraio scorso, oggi prefetto della Casa pontificia. E quella foto del giovane monsignore tedesco che osserva sorridente il colloquio ha aggiunto un supplemento di confusione all’intera scena: sembrava scattata qualche mese fa, mentre Benedetto XVI «regnava» ancora e riceveva in udienza in Vaticano l’allora arcivescovo di Buenos Aires, stranamente in abito bianco. Insomma, senza volerlo la scena aveva un tocco vagamente surreale.
D’altronde, il fatto stesso che sia stata discussa l’opportunità o meno di trasmettere le immagini conferma quanto il problema esista. Ma dal modo in cui viene gestito, si capisce che i vertici della Santa Sede non sono ancora riusciti a decidere una volta per tutte come trattarlo. Anche perché in occasione della visita di papa Bergoglio a Castel Gandolfo, l’ex e l’attuale Papa si erano accordati saltando qualsiasi filtro. Stavolta non è stato così. Ma l’impressione è che nelle stanze vaticane serpeggi uno stupore simile a quello seguito alla rinuncia al pontificato; e che per superarlo si tenda a sottovalutare, o comunque ci si limiti a prendere atto di quello che viene liquidato e minimizzato come «un dato oggettivo».
Non solo. C’è una gara a rimarcare che il «Papa emerito» appare in buona salute, nonostante sembri invece molto provato: senza rendersi conto che questo rende ancora più misteriose le vere ragioni della sua rinuncia al pontificato. L’ex presidente della Cei, Camillo Ruini, di recente ha notato che «Ratzinger non ha spiegato a nessuno i motivi del suo gesto».
Per quanto prevista, la loro coabitazione rischia di rappresentare un ulteriore elemento di confusione, se non di contraddizione; e di dare fiato a chi punta a resistere a qualunque progetto di rinnovamento radicale. Eppure, per il «Papa emerito» vivere in Vaticano è in qualche misura inevitabile. È l’unico luogo dove può davvero sperare di appartarsi nel monastero Mater Ecclesiae, nel quale è stato ricavato un appartamento per lui e per il fratello sacerdote, Georg, oltre che per il segretario monsignor Gänswein; e che serve sia a garantirgli l’extraterritorialità rispetto a intrusioni dei mezzi di comunicazione; sia a proteggerlo in caso di polemiche o accuse strumentali e malevole affiorate già durante il pontificato su vicende avvenute quando non era ancora Papa.
È «un ritorno a casa che dà serenità», ha scritto il quotidiano della Cei, Avvenire. Mentre Francesco riconfigura il profilo pontificale, smantellando gli aspetti più esteriori di quello del predecessore e rivoluzionando gesti e parole, le loro immagini almeno per un giorno hanno teso a sovrapporsi, mostrando una Chiesa quasi in bilico fra passato e presente. Incerta tra potere curiale e «modello argentino». Tra riforma dello Ior e continuità. Forse perché mancano ancora atti di vero e proprio governo da parte di Francesco, dopo la nomina degli otto cardinali chiamati da tutti i continenti a consigliarlo sui problemi globali. È un’incertezza che si riverbera all’interno del Vaticano, dove le vecchie abitudini convivono con il nuovo corso.
È come se per qualcuno non ci fosse stato il trauma di un Pontefice dimissionario, e un Conclave che ha segnato insieme una rottura dell’eurocentrismo, la sconfitta del «partito italiano» nella Chiesa, la scelta di un gesuita, e l’archiviazione di un tipo di papato. Con Francesco «la Chiesa cattolica si sente come un animale che esce dal letargo invernale, guarda il sole e cerca aria nuova», annota sul numero di oggi, 4 maggio, il settimanale cattolico inglese The Tablet. «E dal mondo arrivano già i segnali di questo risveglio». Ma la Roma vaticana sembra ancora immersa nel torpore. «C’è chi continua a comportarsi come se non fosse successo niente», confidava giorni fa un cardinale. Eppure, i «due Papi» dicono che già ora niente è più come prima.