varie, 4 maggio 2013
MASCHERA DI ANONYMOUS PER FOGLIO DEI FOGLI
La maschera di Guy Fawkes, la più venduta su Amazon. Circa 100 mila l’anno.
Bianca, le guance rosate, i mustacchi e il pizzetto nero pece, il ghigno inquietante.
«All’inizio non riuscivo a spiegarmi questo improvviso aumento delle vendite. Poi, un giorno, ho visto una fotografia delle proteste del gruppo Anonymous davanti alla chiesa di Scientology» (Howard Beige, vicepresidente della Rubie’s Costume, l’azienda che distribuisce la maschera). [1]
La versione base della maschera è prodotta in Cina e costa sei dollari. [1]
L’ultima volta che si sono viste le maschere di Guy Fawkes in varie piazze del mondo è stato per il primo maggio. A Torino, ad esempio, alcuni giovani vestiti di nero e con il volto coperto dalla maschera bianca sono saliti sul palco dove avevano appena finito di parlare Fassino e Cota. Hanno srotolato striscioni e sollevato cartelli di protesta («Cota e Fassino vergogna di Torino»). [2]
Guy Fawkes, nato a York nel 1570 e morto a Londra nel 1606. Di famiglia protestante, poi convertitosi al cattolicesimo. Nel 1605, insieme a un gruppo di complici, tutti cattolici, cercò di fare saltare in aria con trentasei barili di polvere la sede del Parlamento di Londra nel giorno in cui re Giacomo Stuart, VI di Scozia e I d’Inghilterra, vi sarebbe stato solennemente ricevuto. [3]
«Se il complotto fosse andato a segno i congiurati avrebbero ucciso il figlio di Maria Stuarda e distrutto d’un colpo solo l’intera classe politica del regno. Il colpo fallì perché la polizia, allertata da una denuncia, decise d’ispezionare, alla vigilia della cerimonia, una cantina costruita nelle fondamenta della Camera dei Lords e trovò, insieme ai trentasei barili coperti da fascine e ciocchi di legno, l’uomo che aveva il compito di dare fuoco alle polveri. Era, per l’appunto, Guy Fawkes, un militare che aveva combattuto per molti anni in Olanda e in Germania» (Sergio Romano). [3]
La storia finì che, dopo lunghe torture, Guy Fawkes confessò i nomi dei complici e i responsabili furono tutti condannati a morte. Da allora nel Regno Unito e in Nuova Zelanda il 5 novembre di ogni anno si festeggia il fallimento dell’attentato con la “Guy Fawkes Night”. I bambini girano casa per casa a chiedere spiccioli per comprare fuochi d’artificio e bruciano in un falò un pupazzetto dell’attentatore.
La prima diffusione della maschera di Guy Fawkes grazie al film del 2006 V per Vendetta, adattato dai fratelli Wachowski (quelli di Matrix) dalla serie di fumetti di Alan Moore e David Lloyd pubblicata dal 1983 al 1985 nelle pagine della rivista britannica Warrior. La storia è ambientata in una Gran Bretagna futuristica, governata da un regime totalitario. Un misterioso uomo mascherato, che si fa chiamare semplicemente V, tenta di distruggere il regime, progettando un attentato con un treno carico di esplosivo al parlamento inglese. [4]
La maschera è stato poi presa come simbolo dagli hacker di Anonymous, noti tra l’altro per avere mandato in tilt i siti web di imprese globali, da Visa e MasterCard. Si vide per la prima volta nel 2008 in occasione di un’azione contro Scientology, a Londra e in cinquanta altre città del mondo: migliaia di volti coperti dal nuovo simbolo della protesta. Da quel momento è diventata l’icona dei movimenti anticapitalisti e antisistema nel mondo. Fino a quando, nel settembre 2011, molti membri del movimento Occupy, da New York a Londra, l’hanno fatta propria.
«Anonymous non è un’organizzazione, una setta, un complotto anti complotti, ma il prodotto naturale e inevitabile di un mezzo come la Rete che consente, che invita, la partecipazione di chiunque alla reciproca sorveglianza, dietro la maschera irridente di Guido “Guy” Fawkes, il papista cattolico – paradossale scelta simbolica, questa. Sono, o credono di essere, gli angeli vendicatori della opacità politica, bancaria e industriale. Le sentinelle invisibili nell’ombra della Rete. In Italia hanno naturalmente assunto anche la maschera dei No Tav, inondando Twitter, Facebook, tutti i luoghi e gli strumenti della comunicazione e della espressione indignata» (Vittorio Zucconi). [5]
Tra le azioni di Anonymous Italia l’attacco al sito del governo il 12 gennaio 2012, o quello a CasaPound. Nell’ottobre 2012 poi “l’operazione Antisec” (anti-sicurezza) contro Polizia, con la pubblicazione di oltre 3.500 presunti documenti privati delle forze dell’ordine.
A fare profitti con la maschera di Guy Fawkes sono però la famiglia di capitalisti neworchesi Beige, la Time Warner e Amazon. «I Beige possiedono una grande azienda di famiglia, con più di tremila dipendenti in 14 Paesi, la Rubie’s Costume Company. Si presentano al mondo come il maggior produttore di oggettistica per la festa di Halloween. Ma hanno anche 150 licenze per produrre su larga scala costumi di film, da Superman a Batman, da Harry Potter al Signore degli Anelli. Fino a V per Vendetta. Time Warner controlla la Warner Brothers, che incassa diritti per ogni oggetto di merchandise che faccia riferimento, tra i tanti, anche a V per Vendetta. E questi costumi del film del 2005 dei fratelli Wachowski sono distribuiti soprattutto da Amazon». [6]
Questo significa che quando si vende una maschera di Guy Fawkes, dai sei dollari in su ma anche oltre i 50, una parte delle entrate va alla famiglia Beige, un’altra va in royalties alla Time Warner, una ad Amazon. «E significa anche che c’è almeno un pezzo di capitalismo che aspetta con un certo ottimismo la prossima ondata di manifestazioni e proteste contro Wall Street, contro la City di Londra, contro le banche e le grandi multinazionali». [6]
Il guaio, per le tre società coinvolte nel successo della maschera di plastica, sta nel fatto che la seconda metà del 2012 non è stata granché per i movimenti sociali globali. Alla Rubie’s Costume dicono di avere venduto maschere di Anonymous in gran quantità soprattutto nel 2010 e nel 2011. Negli ultimi mesi dell’anno scorso, però, le vendite sono iniziate a calare. [6]
«Una maschera piena di elementi che riportano alle visioni tradizionali del male. Il bianco e il nero, la spigolosità, il luccichio negli occhi. Un misto tra il Joker di Batman e la regina cattiva di Biancaneve» (la costumista di Broadway Susan Hilferty). [7]
Altro paradosso legato alla maschera: «La Warner ha compiuto un riuscitissimo esperimento di marketing neopopulista, al punto che lo slogan “I popoli non dovrebbero avere paura dei propri governi, sono i governi che dovrebbero avere paura dei popoli” — che risuona in V per Vendetta e che è stato fatto proprio da Anonymous – non appartiene a Thomas Jefferson, come si crede, e neppure ad Alan Moore. Questa citatissima frase, che ormai vediamo persino sugli striscioni in piazza, esiste solo nel film e appare come baseline in tutto il suo materiale promozionale. Ragazzi, attenti: questo è il primo motto rivoluzionario che viene da uno slogan pubblicitario». [8]
In Bahrain il regime ha vietato l’importazioni della maschera di Guy Fawkes, pena l’arresto. La misura dopo che il volto del protagonista di V per vendetta era comparso tra la folla nelle rivolte popolari esplose nel 2011 e mai del tutto sopite. [9]
«Noi non possiamo indossare una maschera per renderci anonimi, mentre questo è consentito ai conti bancari in Svizzera» (Julian Assange, indossando la maschera di Guy Fawkes in una manifestazione a Londra nell’ottobre 2012). [10]
Fece scalpore, nel gennaio del 2012, la foto di alcuni membri del Parlamento polacco che indossarono la maschera di Guy Fawkes per manifestare la loro opposizione alla proposta di legge Acta, l’accordo commerciale anticontraffazione. «Il dubbio è lecito: ci sono già membri di Anonymous Italia nel nuovo Parlamento? Rispondere non è semplice visto che gli Anonymous non hanno mai dato riferimenti sui propri partecipanti. Potrebbe essere il politico di mezza età del Pdl o un esponente dei Cinque Stelle, così come uno dei ministri del nuovo esecutivo Letta». [11]
Note: [1] Il Post 30/8/2011; [2] Maurizio Tropeano, La Stampa 3/5; [3] Sergio Romano, La Lettura 10/5/2012; [4] Franceschini e Rociola, Vanity Fair 7/11/2011; [5] Vittorio Zucconi, la Repubblica 6/3/2012; [6] Danilo Taino, Corriere della Sera 17/4; [7] Tim Murphy, New York Times 27/10/2011; [8] Guido Vitiello, la Lettura 01/4/2012; [9] Samuel Muston, The Indipendent 25/2; [10] Enrico Franceschini, la Repubblica 16/10/2011; [11] Antonino Caffo, Panorama 3/5.