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 2013  aprile 30 Martedì calendario

“LADRO, LADRO” VENT’ANNI FA LA FUGA DI CRAXI

La prima volta dell’antipolitica è di venti anni fa. E ha le fattezze di Bettino Craxi che esce dall’hotel Raphael di Roma e si rifugia nella propria auto, sommerso dal lancio di monetine e altre cose ancora. A contestarlo, il 30 aprile 1993, è un centinaio di persone che rappresenta un paese stanco delle ruberie e della corruzione. Craxi è l’immagine di quella stagione che “mani pulite” sta smontando un pezzo alla volta, la “vergogna” nazionale da additare con foga. Il giorno prima il Parlamento lo aveva “assolto” respingendo l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti chiesta dai giudici di Milano. Il Pds di Achille Occhetto decise allora di uscire dal nuovo governo Ciampi. Francesco Rutelli, dei Verdi, restò ministro solo per 11 ore, un record forse ancora imbattuto. E poi, dietro piazza Navona, successe l’impensabile.
GIÀ NEL POMERIGGIO, nel corso di alcune interviste televisive, il leader Psi è costretto ad assistere al passaggio di una moto da cui, a un passo dal suo volto, gli lanciano il grido: “ladro”. Un urlo così secco e forte che si sente anche in tv. Poi, verso le 19, ecco arrivare quella folla, altre centinaia di persone si ritrovano sotto Montecitorio e altre ancora per le vie del centro. Gli uomini della scorta, e anche il proprietario del Raphael, l’amico Spartaco Vannoni, gli suggeriscono di non uscire dall’entrata principale. Ma lui non arretra. Esce. E i fischi si mescolano alle monetine, alle zolle di terra, a quello che la gente lì accalcata riesce a raccattare da terra. È un attimo, Craxi riesce a salire in auto ma le immagini, impietose, lo perseguiteranno per sempre. Le cronache di quei giorni, del resto, raccontano che ovunque si recasse l’accusa di “ladro” gli soffiasse sul collo. Anche la sera del 30 aprile, dopo il Raphael, quando giunge agli studi di Canale 5 per essere intervistato da Giuliano Ferrara, si imbatte in un gruppo di ragazzini, lì per altri motivi, che ripetono la stessa musica: “Ladro, ladro. Ridacci i soldi”.
La sua fine è la fine di un ciclo. Le inchieste di Milano premono sempre più insistentemente, il governo del Caf è stato già piegato e si apre la fase del governo tecnico prima che giunga la restaurazione berlusconiana. L’ideologo delle Lega, Gianfranco Miglio, si diceva certo dell’imminenza di “insurrezioni di piazza” mentre, l’allora “progressista” Ferdinando Adornato, avvertiva dal rischio di Weimar. Il giorno dell’assoluzione parlamentare di Craxi, la Lega e il Movimento sociale di Gianfranco Fini, prima di essere gli alleati più fedeli di Berlusconi, urlavano “ladri, ladri” direttamente nell’aula di Montecitorio e i loro militanti circondavano la Camera intimando la resa. Anche il segretario dei Repubblicani, Giorgio La Malfa, prima di restare abbagliato, anche lui, dal Cavaliere, spiegava che il Parlamento stava scavando “un abisso con la pubblica opinione”. La ristretta cerchia craxiana, invece, la sera del 29 aprile, se ne andava allegra al Raphael a festeggiare. Prima del diluvio. Prima delle monetine.
SE LA FINE POLITICA di Craxi è datata 30 aprile, la vera “scomparsa” avverrà con la fuga ad Hammamet, in Tunisia. Di quei giorni, restano i ricordi di Umberto Cicconi, il fotografo, l’amico e il sodale oltre che fratello della moglie del figlio. Dal suo racconto si ricava che Craxi sperava di potersi rifugiare in Francia con l’aiuto dell’allora presidente François Mitterrand ma l’asilo politico non arriverà mai. Allora sceglie la Tunisia. “Dopo il celebre discorso alla Camera dei deputati in cui chiama a correo tutto il Parlamento italiano, racconta Cicconi, Bettino con il suo passaporto pronto, decide di partire. Non scappa. Senza polemiche, lui non scappa. Siamo andati a Ciampino, con tanto di macchine di scorta. Era un giorno qualunque, la macchina della polizia davanti e due macchine di scorta dietro, blindate. C’è un piano di volo e le autorità lo sanno benissimo. Il piano di volo prevede un viaggio in Messico, dal Messico un breve scalo a Parigi, prima di ripartire per la Tunisia. E questo sarà l’itinerario da lui seguito, con l’aereo dello Stato italiano”. La fuga è dunque pubblica, di fatto viene resa possibile. "Quando siamo arrivati a Ciampino – continua Cicconi – mentre lui era già salito sull’aereo e io stavo sulla scaletta, a un tratto dice: ’Umberto, Umberto, oddio ho lasciato tutte le carte lì sparse’. Erano le carte nel suo appartamento all’hotel Raphael. Allora io torno velocemente perché temevo che qualcuno avesse messo mano tra le sue carte sapendo che non sarebbe più tornato. Infatti noto che sono spariti due piccoli quadri del Settecento”. “Nicola l’autista mi riaccompagna velocemente perché deve riconsegnare la macchina blindata al ministero dell’Interno. “Allora prendo degli scatoloni dai negozi, continua ancora il racconto, ne riempio 15 e decido di portarli di nascosto nelle cucine per farli uscire dalla porta posteriore dell’albergo. La mattina seguente vado con un furgoncino, carico tutto, lo porto sulla via Portuense, in un container e su un grande tir che parte per la Francia. Io prendo un aereo, ci rivediamo a Parigi con il tir e da lì con un altro furgoncino porto tutto in Normandia”.
LE CARTE SONO di un certo interesse. C’è un dossier di tutte le lettere riservate personali di Francesco Pazienza a Craxi, la corrispondenza personale di Sandro Pertini, presidente della Repubblica e quella di Edoardo Agnelli, le raccomandazioni di Francesco De Martino a favore di Walter Pedullà come consigliere d’amministrazione della Rai, alcune veline confidenziali che danno l’esatta struttura piramidale della P2 in cui Licio Gelli non è ai vertici. Oppure anche una lettera di insulti affettuosi di Marco Pannella a un Craxi già nei guai. Una vera mole di carte, che gli storici dovranno incrociare fra di loro tenendo presente la cronologia che emerge dai numerosi block note dove si registrano puntualmente le telefonate in entrata e in uscita del ventennio craxiano.