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 2013  aprile 30 Martedì calendario

SIENA, RABBIA AL MONTEPASCHI “MUSSARI CI HA ROVINATO”

Parole durissime. Alessandro Profumo e Fabrizio Viola consegnano agli azionisti del Monte dei Paschi il loro atto d’accusa contro i loro predecessori, Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, e stavolta il tono non perdona: “Anomalia, abnormità, illegittimità... l’ex presidente Mussari si è ingerito direttamente nella gestione della banca pur non avendo ricevuto delega dal consiglio, ha violato il canone della diligenza, tenuto oltretutto conto dello standard di condotta esigibile da un avvocato con vasta esperienza nel settore bancario, ha agito perseguendo interessi estranei e contrari a quelli della società, tra cui quello di preservare la propria leadership...”. A Siena va in scena il rito tribale della vendetta, feroce ma tardivo come tutti i riti. L’assemblea approva l’azione di responsabilità contro i due artefici di una rovina ormai inarrestabile, come rileva icasticamente il socio Fiorenzani: “La croce e il lanternone toccan sempre al più coglione”. Nella parte del coglione i 1100 dipendenti in via di esternalizzazione, quelli che pagheranno il conto, come la socia Mugnaini, che invoca una ribellione dei senesi contro i due ex dirigenti, “uomini che mi vergogno a dire uomini”.
I DERIVATI Santorini e Alexandria, stipulati con Nomura e Deutsche Bank, con i quali si cercava di occultare la voragine provocata dall’acquisto incauto dell’Antonveneta, hanno provocato danni per centinaia di milioni di euro, ma soprattutto hanno scassato per miliardi il patrimonio del Monte, costringendo Profumo e Viola a chiedere allo Stato 4 miliardi dei cosiddetti Monti bond. Entro cinque anni quei soldi vanno restituiti, sennò il cerino resterà ai contribuenti e la banca, o quello che ne resterà, sarà automaticamente nazionalizzata. “Ma ci riuscite a restituire i Monti bond?”, chiede una azionista. Profumo, che appare sempre più esitante con il passare dei mesi, dice: “Sì, ma nulla è scontato” . Il presidente, che sta cercando di salvare la banca per 57 mila euro l’anno (“Avendo avuto fortuna nella vita ho deciso di fare così”), sembra arrivato a un passo dalla rassegnazione. I conti della banca non perdonano. Dopo aver chiuso il 2011 con 4,7 miliardi di perdita, ieri gli azionisti hanno approvato un bilancio in rosso per altri 3,2 miliardi: all’origine del nuovo buco ci sono la svalutazione dell’avviamento della banca per 1,5 miliardi e la cancellazione di crediti deteriorati per 2,9 miliardi, superiori ai magri guadagni. Profumo e Viola remano controcorrente. Vogliamo ripagare i Monti bond e mantenere la banca “indipendente e a Siena”, come dice Profumo vellicando il campanilismo degli azionisti più arrabbiati, come il suddetto Fiorenzani che inveisce contro “l’astio storico delle province confinanti” non senza aver apostrofato l’amministratore delegato Viola, per il suo eloquio monocorde e dettagliato, come “addormenta suocere”. Folklore a parte, Profumo deve inseguire un drastico aumento della redditività (“ma nessuno sarà licenziato”) che prepari a un aumento di capitale forse nel 2014, si parla di un miliardo, che però per Profumo non deve venire da una banca. Ma chi metterà dei soldi in una baracca ad alto rischio di tornare statale in poco tempo? Perché la redditività, che Profumo persegue guardando soprattutto al taglio dei costi (facendo imbufalire i 30 mila dipendenti), dovrebbe appoggiarsi su un’attività bancaria che va restringendosi: nel 2012 la raccolta di capitali è scesa del 9 per cento.
MENTRE CELEBRA il rito del solenne sputtanamento di Mussari e Vigni, l’assemblea degli azionisti deve fare i conti con uno scenario esterno sempre più sfavorevole. L’eventuale nazionalizzazione significherebbe “il fallimento della Fondazione Mps”, spiega Profumo, cioè la fine della storia di banca e di agiatezza della città del Palio. Franco Ceccuzzi, plenipotenziario Pd e amico di Mussari che chiamò un anno fa Profumo per mettere una pezza al disastro, è stato travolto dallo scandalo e ha rinunciato a candidarsi a sindaco. Adesso il Pd ha in corsa il sindaco di Monteriggioni Bruno Valentini, funzionario del Monte secondo tradizione e apostolo locale di Matteo Renzi, proprio il sindaco di Firenze che durante la campagna delle primarie brandiva il nome del Monte dei Paschi come un’arma letale contro Pier Luigi Bersani. A Roma c’è un nuovo governo. Il premier Enrico Letta è un vecchio estimatore di Profumo, ma complessivamente il nuovo quadro politico è per Siena più ostile del precedente e soprattutto di quello previsto fino a poche settimane fa. I “nostri” non arriveranno più e intanto nessuno si sente di giurare che dai cassetti di Rocca Salimbeni non salteranno più fuori brutte sorprese.