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 2013  aprile 30 Martedì calendario

SE IL NOBEL FA A PEZZI I CIARLATANI COME DARIO FO

Dario Fo si candida a un eventuale secondo Premio Nobel per la letteratura con un lun­go messaggio pubblicato sul blog di Beppe Grillo. Vi chiedere­te: perché l’Accademia dovreb­be consegnare un secondo allo­ro al nostro uomo di teatro già vincitore nel 1997? Tutto merito della sua battuta sulla statura di Brunetta (che non sarebbe all’al­tezza) e del suo gioco di parole sul cognome di Schifani (che fa­rebbe schifo). Ebbene, queste non sono insulse freddure scon­finanti nell’insulto come asseriscono «i soliti giornali moralmente corretti e i media in generale». Questa è ar­te, scrive Fo. È il lazzo grottesco di chi vuole fustigare il potere, lo sberleffo geniale del giullare capace di sovvertire le regole. Quindi, subito dopo un accenno poco convinto al pericolo di cen­sura, giunge il monito del comi­co stilato in limpida (?) prosa: «Potete continuare a cacciarci se vi riesce e, come ha richiesto certa stampa, a pretendere che l’Accademia di Svezia ci ritiri il Premio Nobel, ma qui bisogna che vi avverta subito: andate a ri­schio che in seguito a questo no­stro comportamento verso una nazione come è oggi l’Italia ce ne diano un altro di Premio No­bel con la stessa motivazione del primo: “Questo premio vi è consegnato per aver dileggiato il potere a vantaggio della digni­tà degli oppressi”».
Segue Post Scriptum. Il Pre­mio Nobel annuncia l’uscita del suo nuovo libro, scritto a quat­tro mani con la giornalista Giu­seppina Manin: Un clown vi sep­pellirà (Guanda, in libreria dal 30 maggio). Si tratterebbe di «sa­tira», «le persone spiritose si di­vertiranno... un po’ meno certi politici». In realtà, nel corso del colloquio con la Manin, Fo espo­ne il suo punto di vista sulla dis­soluzione dei partiti tradiziona­li e sull’emergere di nuove forme di democrazia. In altre paro­le, Un clown vi seppellirà è una ri­flessione sul Movimento 5 Stelle che si sviluppa a partire da perso­nali ricordi del 1968. I lettori del blog di Grillo apprezzeranno e forse acquisteranno.
Pochi giorni prima, a metà me­se, arriverà in libreria anche una raccolta di saggi firmata da un al­tr­o Premio Nobel per la letteratu­ra, il peruviano Mario Vargas Llosa. Il titolo è invitante (La ci­viltà dello spettacolo, Einaudi), il contenuto è dirompente. Sarà interessante leggerlo in paralle­lo al libro di Fo, tenendo a mente anche le sue ultime sparate. Se­condo Vargas Llosa sono saltate tutte le gerarchie artistiche: con la scusa di portare la cultura al popolo, intellettuali irresponsabili hanno esaltato superficiali­tà e trivialità. I protagonisti rive­riti di questo nuovo mondo sono i comici, che siedono al posto un tempo occupato da filosofi e scrittori, ormai screditati. La cul­tura si è ridotta a farsa e parodia. Siamo nell’epoca dei ciarlatani e dei saltimbanchi, ancora più nocivi quando si avvicinano alla politica, che abbassano al loro li­vello attraverso la retorica dell’antipolitica. Spietato. Mario Vargas Llosa fa qualche nome a esempio della mediocrità generale. «Questa nostra epo­ca- scrive l’autore-conforme al­l’inflessibile pressione della cul­tura dominante, che preferisce l’ingegno all’intelligenza, l’immagine all’idea, lo humour alla serietà, la banalità alla comples­sità e il frivolo alla profondità ormai non produce talenti come Ingmar Bergman, Luchino Visconti o Luis Buñuel. Chi è l’ico­na del cinema del nostro tem­po? Woody Allen, che è, rispetto a David Lean o Orson Welles, quello che è nella pittura Andy Warhol rispetto a Gauguin o Van Gogh; e nel teatro Dario Fo rispetto a Cechov o Ibsen». Il se­condo Nobel può attendere.