Cesare Peruzzi; Sara Monaci, Il Sole 24 Ore 30/4/2013, 30 aprile 2013
MPS, «NIENTE È SCONTATO» SUI MONTI-BOND
[due pezzi]
Duemilatredici, ritorno alla normalità: potrebbe essere questo il titolo del film che Banca Mps sta interpretando, sotto la regia di Bankitalia e Commissione europea. Una trama, in parte drammatica in parte avventurosa, con il finale ancora tutto da scrivere. Ma di cui Alessandro Profumo, presidente del gruppo, ieri ha ricordato i passaggi decisivi.
Rocca Salimbeni ha bisogno di uno statuto normale, senza il tetto del 4% al diritto di voto degli azionisti (vincolo che non ha mai riguardato la Fondazione Mps). Deve poi tornare a produrre reddito in quantità almeno normale, cioè sufficiente a remunerare gli investitori (il piano industriale indica l’obiettivo del 7% per il 2015). Queste due condizioni saranno i presupposti per lanciare, probabilmente il prossimo anno, l’aumento di capitale da un miliardo già approvato e delegato al consiglio d’amministrazione, primo passo per raggiungere il terzo requisito di normalità: cominciare a restituire i 4 miliardi di aiuto pubblico ricevuti con l’emissione di Monti bond sottoscritta dal Tesoro.
«Sarete chiamati presto a deliberare sull’eliminazione del tetto statutario al diritto di voto: ce lo ha chiesto la Banca d’Italia e ce lo chiede anche Bruxelles», ha detto Profumo agli azionisti, nel corso dell’assemblea che in sede ordinaria ha approvato a larga maggioranza (98,7% dei presenti) il bilancio 2012 chiuso con oltre 3,1 miliardi di perdita, e nominato il consigliere Pietro Giovanni Corsa (famiglia Aleotti) vice presidente in sostituzione del dimissionario Turiddo Campaini.
In sede straordinaria, invece, è arrivato il via libera all’azione di responsabilità nei confronti dei vecchi vertici (l’ex numero uno Giuseppe Mussari e l’ex direttore generale Antonio Vigni) e degli istituti stranieri Nomura e Deutsche bank per le operazioni Alexandria e Santorini. Con voto praticamente unanime (99,99%).
La svolta di Rocca Salimbeni, dopo il cambio dei vertici un anno fa e la pulizia di bilancio, è stata al centro degli interventi di Profumo e dell’amministratore delegato Fabrizio Viola. «La nostra operazione trasparenza deve diventare un modello», ha detto Viola, ricordando come quello passato sia stato «un esercizio difficile anche per il contesto economico e finanziario esterno».
La svalutazione degli asset intangibili (1,6 miliardi nel 2012) e la riduzione degli attivi finanziari (da 550 a 299,9 milioni) mette Siena tra i più virtuosi del sistema nazionale, mentre la flessione dei volumi (-9,1% a 218,8 miliardi l’attivo totale; -1,6% a 142 miliardi gli impieghi) rientra in un «trend normale. Questo bilancio è corretto e non esistono altre perdite», dice Viola.
Da parte sua, Profumo sottolinea che «soluzioni magiche non esistono. Il Monte può evitare la nazionalizzazione, ma nulla è scontato - ha detto con la consueta franchezza -. Stiamo lavorando perchè la banca resti indipendente e basata a Siena: per questo, il rimborso dei Monti bond è la sfida più importante». Con lo stato azionista di maggioranza, il futuro di Mps verrebbe deciso altrove. Ma, con solo una quota di minoranza in mano pubblica, il discorso sarebbe diverso. «Per restare indipendenti dobbiamo avere un gruppo solido e forte - ha aggiunto il presidente -. In fase di aumento di capitale, poi, mi piacerebbe trovare azionisti che non siano bancari».
Profumo e Viola hanno incassato l’appoggio della Fondazione Mps, sia per i conti 2012 che per l’azione di responsabilità (vedere altro servizio). Anche la Borsa si è allineata al consenso (+6,9% il titolo). «L’azione di responsabilità è un primo passo per restituire credibilità al gruppo - commenta Franco Casini, segretario nazionale della Fabi -. Adesso ci aspettiamo strategie di rilancio attraverso la crescita e non soltanto il taglio dei costi operativi». È quel "ritorno alla normalità" che dovrebbe realizzarsi gradualmente nel corso dell’anno.
Cesare Peruzzi
INCHIESTA, PROVE DI DIALOGO FRA PM E NOMURA–
Prove di dialogo tra la procura di Siena e Nomura intorno al l’inchiesta giudiziaria su Mps. Ieri i pm si sono confrontati con i rappresentanti dell’area legale dell’istituto di credito giapponese, coinvolta nel dossier per via delle perdite provocate dal prodotto strutturato Alexandria, sottoscritto con la banca senese nel 2009.
Gli avvocati di Nomura ieri si sono presentati dagli inquirenti con minore tensione rispetto a quella di qualche giorno fa, quando i pm hanno chiesto con decreto urgente il sequestro di 1,8 miliardi ai danni della banca giapponese, per un ammontare pari ai costi occulti e di marginazione (ovvero una sorta di Cds che Mps paga a Nomura su un finanziamento da 3 miliardi). Da una decina di giorni l’inchiesta si è arricchita infatti di due nuove pesanti accuse, usura e truffa aggravate, rivolte, oltre che agli ex manager Mps, anche all’ex ad del mercato europeo di Nomura, Sadeq Sayeed, e al manager Raffaele Ricci.
Il gip di Siena non ha però convalidato il sequestro, dando una battuta d’arresto alle indagini. I pm stanno ora puntando all’appello al tribunale del Riesame, convinti dell’impianto giudiziario evidenziato con quest’ultimo provvedimento, che farebbe fare un passo in avanti a tutta l’inchiesta. Con questo decreto i due filoni di indagine su Mps - l’acquisto di Antonveneta per 9,3 miliardi (più 10 miliardi di debiti da saldare subito) e la ristrutturazione di prodotti strutturati con Nomura e Deutsche Bank - trovano finalmente una connessione. Per i pm infatti il contratto di «mandate agreement», che connetteva le perdite in bilancio con gli strutturati, fu occultato dagli ex vertici del Monte per nascondere il buco e dimostrare così la bontà dell’operazione finanziaria realizzata per acquistare la banca padovana, e infine assicurare la propria immagine e il proprio posto di lavoro.
Tesi però non condivisa dal gip. Per quanto riguarda l’usura il giudice ritiene che manchi «qualsiasi elemento obiettivo per ritenere come indebiti e sproporzionati i vantaggi economici derivati a Nomura dalla complessiva transazione conclusa con Mps». Inoltre manca «lo stato di difficoltà percepibile all’esterno». Per quanto riguarda invece la truffa, per il gip «non pare legittimo sostenere in termini di fumus che gli organi interni della vigilanza fossero del tutto all’oscuro dell’intenzione di ristrutturare le perdite di Alexandria mediante operazione a lungo termine da definire con Nomura». Inoltre questi stessi organi interni «parteciparono attivamente alle fasi che condussero alla definizione e all’esecuzione della transazione» e avevano compreso «che i rapporti con Nomura non si limitavano all’acquisto di Btp».
Tuttavia per il gip risulta comunque un’operazione poco chiara: «La Procura non ha evidenziato che incentivi, benefit e premi erogati agli indagati siano riconducibili al fatto di avere contribuito alla indubbiamente poco trasparente operazione con Nomura, sulle cui esatte finalità, reali beneficiari e illeciti vantaggi non pare essere stata ancora fatta piena luce». Una sottolineatura naturale da parte del giudice, se si considera che a marzo ha convalidato l’arresto dell’ex responsabile dell’area finanza di Mps Gian Luca Baldassarri per inquinamento prove o pericolo di fuga relativamente al reato di ostacolo alla vigilanza, commesso per gli inquirenti proprio per occultare il «mandate agreement» e aprire così la strada a Nomura.
Sara Monaci