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 2013  aprile 29 Lunedì calendario

GLI EREDI DI GIUSEPPE VERDI SE LE SUONANO DI SANTA RAGIONE

Più intricata della trama de Il Trovatore, più comples­so del plot di Nabucco: nemme­no la fantasia del librettista più creativo avrebbe sapu­to fissare su carta il melodramma che va in scena in questi giorni a villa Sant’Aga­ta di Villa No­va d’Arda, do­ve gli eredi di Giuseppe Ver­di, sfiancati da anni di con­troversie, in attesa che si ritrovi un testamento, non si sono limi­tati agli acuti ma sono perfino venuti alle mani. Nell’anno del bicentenario della nascita del Maestro, mentre il mondo fa a gara per ricor­dare il Cigno di Busseto, i quattro fratel­li Carrara-Ver­di sembrano non trovare miglior via alle celebrazio­ni che mette­re all’asta la dimora dove Verdi abitò con Giuseppina Strepponi dal 1851.
Non c’è Abi­gaille accecata dalla sete di po­tere, manca all’appello un Con­te di Luna pronto a tutto per ri­parare il torto subito: i perso­naggi di questa opera hanno no­mi, mestieri, ragioni ed intem­peranze da terzo millennio. La «ventottesima» opera che Ver­di non avrebbe mai voluto scri­vere narra di un’infanzia armoniosa fra le 50 camere della vil­la, con i quattro fratellini che scorrazzando fra il pianoforte e lo scrittoio del maestro e poi fuo­ri nei sette ettari di parco. Il se­condo atto, o almeno più recen­te, è di un mese fa: il primogeni­to Angiolo è stato condannato dal Giudice di Pace per lesioni nei confronti della sorella Ema­nuela «rea» di essersi avven­turata nella villa di cui in­vece lui si sen­te l’unico pro­prietario. I 600 euro di multa per lui oltre ai lividi di lei non so­no che la pun­ta di iceberg che, a parte i molti più zeri, nasconde una monta­gna di incomprensioni. In ogni «melò» che si rispetti c’è un flashback, causa di ogni male: alla morte del padre nel 2001, in mancanza di testamento, si pro­cede ad una divisione per quo­te di legge. L’armonia del quar­tetto si spezza in due fazioni. Da una parte Emanuela e una sorella vorrebbero procedere alla di­visione e creare una fondazio­ne per gestire la villa come un museo. Diverso l’avviso del fra­tello e dell’altra sorella che so­stengono l’esistenza di un testa­mento che invece assegnereb­be al­ solo Angiolo la parte dispo­nibile dell’eredità. I toni si alza­no e non manca il colpo di tea­tro: in tribunale spunta perfino la testimonianza di una loqua­ce zia che ricostruisce il testa­mento fantasma a favore del «fi­glio maschio». Nemmeno Azu­cena avrebbe ricordato di più. Il primo duo di sorelle ricorre in appello e in attesa dell’esito del ricorso e dell’eventuale epifa­nia del testamento, il fratello rie­sce a stra­ppare all’amministra­tore del museo della villa un co­modato gratuito per insediarsi a Villa Verdi che da allora è off limits a chi non la pensi come lui. Sal­vo botte. «Mi dispiace che i nodi vengano al pettine nell’anno del bi­centenario della nascita del Maestro», spiega Ema­nuela Carrara Verdi. La villa, vincolata dal­la Sovrinten­denza, è ora nelle mani di un pool di pe­riti. Il bene è tutt’altro che... mobile e i poderosi la­vori dovrebbe­ro concluder­si entro l’esta­te. Lo Stato avrebbe dirit­to di prelazio­ne ma se non lo eserciterà la casa andrà all’asta. «L’esatto contrario di quello che ci auguravamo» spie­ga la signora Carrara Verdi. A chi finirà la villa del Cigno? Ad un pool di banche, ad una nuo­va fondazione oppure ad un magnate, magari straniero, col pallino del belcanto che potreb­be chiudere per sempre le por­te di Sant’Agata al pubblico dei melomani? Intanto sta per arri­vare il contributo di un milione per il Bicentenario e si spera che almeno su come spendere questo gruzzolo siano tutti d’ac­cordo. Per «Forza del destino».