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 2013  aprile 29 Lunedì calendario

ODISSEA TRA VAGLIA E CONTANTI È IL PASSATO CHE CI INSEGUE

Chi saprebbe spiegare la differenza fra vaglia ordi­nario, vaglia circolare, vaglia veloce e vaglia internazio­nale? Prima ancora, facendo un passo indietro: chi avrebbe pen­sato che nel 2013 esistesse il va­glia, e anzi fosse necessario per pagare qualcosa? La sottoscrit­ta confessa la sua totale ignoran­za in materia: pensavo, mea cul­pa, che per pagare qualcuno a di­stanza bastasse un bonifico, di quelli comodi comodi, che puoi fare dalla scrivania, due o tre clic sul conto on line, e via. Invece no, no no. Il vaglia esiste (in quat­tro versioni, oltretutto) e ricorda - a noi tutti, che viviamo inconsa­pevolmente e leggermente nel Ventunesimo secolo - che il pas­sato non si scolla dal presente, che certi dinosauri della burocrazia non si sono mai estinti, an­zi ogni tanto riaffilano i denti aguzzi per pizzicarci di sorpre­sa. Dunque la sottoscritta, dopo avere prenotato una casetta in Liguria per il mese di agosto (la banalità delle banalità, mica un soggiorno sulla Luna...) ha chiesto alla titolare dell’agenzia im­mobiliare: «Mi darebbe l’Iban per l’acconto?». Risposta: «Il bo­nifico non va bene. O mi porta i contanti, o mi fa un vaglia». La signora ha fornito i dettagli: pare ­con le agenzie immobiliari, ligu­ri specialmente (sia detto senza offesa: la sottoscritta lo ha anche sposato, un ligure) non si sa mai - che il bonifico non consenta di separare la quota dell’affitto ve­ro e proprio dalla commissione che spetta all’agenzia; e le due ci­fre sono da indicare separata­mente in un apposito registro di nuova invenzione, sempre nel­l’ottica della semplificazione etc etc. (i tedeschi verranno a pa­gare direttamente in spiaggia? Chissà).
Insomma serviva il vaglia. Che è un foglio normale, ha l’aspetto di un bollettino qua­lunque, non è più di quel colore rosellino di tanti anni fa. In ogni caso richiede, oltre alla compilazione che fa sempre sudare un pochino, la coda alla posta. Biso­gna anche richiedere prima il modulo, perché non lo trovi esposto in bacheca, quindi: devi aspettare il turno, chiedere il vaglia, compilarlo, e poi aspettare il tuo turno per pagare. «580 eu­ro e 20 centesimi, signora». Che cosa avreste fatto? Io, mea culpa di nuovo, ho allungato il bancomat (alla posta, questo lo so, non si può pagare con la carta di credito, anche se ne ignoro il mo­tivo). La signora, al di là del vetro che attutisce sempre un po’ il suono delle parole, così che ti senti sempre un po’ più cretino del necessario, si è raddrizzata all’improvviso: «Ma il vaglia non si può pagare col banco­mat». Il mio sguardo perso non l’ha impietosita. «Lei lo sapeva. Non è la prima volta che fa un va­glia». Mea culpa inconfessabile. Inchiodata lì, davanti a un ve­tro.
La storia è paradossalmente a lieto fine. Certo, 580 euro e rotti non li prelevi a qualunque ban­comat, ma a poche centinaia di metri c’era uno sportello della mia banca e così, inspiegabil­mente, sono riuscita nell’impresa: pagare (mi sono dovuta an­che scusare, è ovvio, e ho dovu­to anche ringraziare la signora della posta per la gentilezza di avermi aspettato).
Nello stesso giorno, proprio appena prima di andare alla po­sta, in casa discutevo del fatto che la nonna di mio marito (an­ni novanta appena compiuti), per controllare la sua pensione, debba consultare il sito dell’Inps, con il suo codice pin (chiunque abbia provato, sa benissimo come le parole «codice pin» siano ingannevolmente in­nocenti: la procedura è este­nuante, e spesso va cambiato perché misteriosamente «decade»). È ovvio che questa sia pura teoria: la nonna di mio marito, come la madre della sottoscritta e come migliaia, milioni di pen­sionati, non è in grado di andare sul sito dell’Inps: quindi o lo fa un parente con qualche decen­nio in meno oppure- così succe­de nel paesino della nonna - si va alla posta e ci si fa stampare il cedolino dall’impiegato, pagan­do. Sia chiaro: che l’Inps cerchi di abbattere la burocrazia, risparmiare la carta, evitare le co­de e le mattinate perse (magari di ferie), è fantastico. È una co­mo­dità che sogneremmo in tut­ti gli ambiti della burocrazia infinita di questo paese. Ma non è l’ideale per i novantenni, e nean­che per i settantenni.
Anche se è ovvio che quando si cambia qualcuno rimanga in­dietro, anche se è ovvio che non saranno mai tutti contenti, figu­riamoci, la domanda è: c’è una logica? Oltre a complicarci la vi­ta, s’intende. Con grandissimo senso di colpa...