Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 29 Lunedì calendario

DOPO TOGLIATTI ANCORA SANGUE A MONTECITORIO

Preiti come Pallante? Quello di ieri è il primo episodio di violenza che si registra da molti decenni a questa parte, nel rettangolo del potere al cen­tr­o di Roma che include anche Montecitorio. Sta cambiando il clima? L’ult­i­mo episodio del genere avvenne cen­to metri più in là, all’inizio di via della Missione. Era il 14 luglio 1948, faceva un caldo bestiale e un uomo sparò a Palmiro Togliatti. La notizia si sparse a macchia d’olio.Con Togliatti in ane­stesia, la rabbia del popolo di sinistra si scaricò in confuse manifestazioni. A tre mesi dalle elezioni che avevano punito il Fronte popolare, lo studente di destra Antonio Pallante offrì al Pci la carta della rivincita. Il giorno dopo ci furono i mitra, i dimostranti spararo­no, i celerini risposero e si contarono i morti. Ci penseranno, poi, le imprese di Bartali sui colli del Tour a spegnere gli ardori e a far finire la rivoluzione nel cassetto. Un momento storico im­mortalato nel grande affresco di Dino Risi Una vita difficile con Alberto Sor­di che ha molte inquietanti analogie, caldo a parte, con l’attentato di ieri mattina ad opera di Luigi Preiti. Innan­zitutto anche ieri si è trattato del gesto isolato di un uomo disperato. Anche questo venuto sotto Montecitorio da un Sud sempre più depresso e con po­che prospettive di occupazione. Poco sembra cambiato da allora, da quel dopoguerra di incertezze sociali e poli­tiche. Anche ieri l’aria che si respirava attorno a Palazzo Chigi era di grande insicurezza, nonostante i propositi di facciata e i sorrisi del primo giorno di scuola. Un governo che può cadere a ogni votazione e che verrà bersagliato da chi, come Grillo, intende farlo per professione. Ma se l’attentato a To­gliatti era politico qui la matrice appa­re meno chiaramente identificabile, almeno sulle prime. Unica vera diffe­renza è che l’obiettivo di Pallante (il leader politico) era a portata di pistola e sarebbe andato in porto se non fosse stato per l’arma assai scadente.
All’epoca dei fatti Pallante da Ba­gnoli Irpino era uno studente di giuri­sprudenza che considerava pericolo­sa la politica del Pci, di cui Togliatti era segretario. Deciso a eliminare il peri­colo rappresentato dal «Migliore», comprò con pochi soldi una pistola ca­libro 38, praticamente un ferrovec­chio e 5 pallottole di tipo scadente con una limitata possibilità di penetrazio­ne. Proprio a tale armamentario ina­deguato si deve probabilmente la so­pravvivenza di Togliatti. Partì dalla Sicilia per Roma, nella mattina del 14 lu­glio, anche lui si appostò all’uscita di Montecitorio, attendendo l’obietti­vo. Quando vide Togliatti (in compa­gnia di Nilde Iotti) esplose 4 colpi, di cui 3 colpirono il bersaglio. Interroga­to rispose: «Un nemico della patria al servizio di una potenza straniera». Sposato con due figli vive ora novan­tenne da anonimo pensionato a Cata­nia.