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 2013  maggio 01 Mercoledì calendario

LO SCIENZIATO DEL DIRITTO CHE NON CREDE AL GENIO: "IL MIO LAVORO? METICOLOSITA’"

Chi lo conosce sa quanto poco gli piaccia la luce dei riflettori. Franco Coppi ama le aule dei Tribunali e quelle universitarie mentre sfugge ai salotti televisivi. E sicuramente la fuga di notizie sulla sua possibile difesa di Berlusconi non gli deve far piacere. Un avvocato, il primo d’Italia, che ha come cifra la competenza, certo, ma soprattutto la grande umanità nascosta sotto un piglio spesso burbero e distante. A fianco dei poteri forti, ma anche di quelli debolissimi. Di Andreotti e di Sabrina Misseri. Un caso, quello della ragazza di Avetrana, che ha coinvolto profondamente il professore e il suo studio. A chi, e sono molti, si stupisce che abbia accettato questa difesa lui spiega che lo ha fatto «per amore di giustizia». E gratis. «Ho obbedito ad un istinto. Quello di mettermi accanto a una persona che viene indicata come un mostro».

Di lui si sa pochissimo. Classe 1938, professore di diritto penale alla «Sapienza» di Roma, è nato a Tripoli, sede di lavoro del padre, dirigente Fiat. Arriva a Roma a quattro anni e la legge non è stato il suo primo amore. Alle pareti dello studio, arredamento sobrio ed elegante, pieno di libri e boiserie, nel cuore dei Parioli ha appese le prove della sua passione giovanile: la pittura.

Ogni causa studiata minuziosamente perché la «grandezza di un avvocato è soprattutto nella diligenza, con un venti per cento di cultura e un cinque per cento di genio. Ma se non conosci gli atti del processo dal primo all’ultimo il genio non serve a niente». E l’arma segreta delle sue arringhe sta oltre che nell’abilità retorica, proprio nella conoscenza delle carte e nella logica con cui concatena i fatti.

Una vita dedicata al lavoro. E una famiglia che ormai è abituata a vederlo fare le ore piccole in studio. La moglie, Annamaria, è da sempre il suo sostegno. In un’intervista di lei ha detto: «Sono stato fortunato nel matrimonio, con mia moglie Annamaria, perché non so se un’altra donna avrebbe accettato di starmi accanto. Tre figlie, di cui una, Francesca, è avvocato e lavora con lui, senza nessun privilegio di sangue rispetto agli altri collaboratori.

Coppi non chiede mai ai suoi clienti se sono colpevoli o innocenti e non lo chiede neanche a se stesso: «Certo, leggendo gli atti del processo ci si può accorgere se la situazione è più o meno chiara, ma il compito di un difensore è la valorizzazione di tutti gli elementi a favore dell’imputato», ha spiegato in un’intervista a La Stampa.

Nella storia professionale di Coppi molte cause che sono parte dei libri di storia. Tra questi il processo per il tentato golpe Borghese del 1970, in difesa del generale Vito Miceli (assolto). E lo scandalo Lockheed per cui difende l’ex ministro Luigi Gui davanti alla corte Costituzionale (nel 1979 arriva il verdetto che assolve Gui con formula piena).

Tutti pensano che sia stato quello di Andreotti il processo della sua carriera, e forse è stato così. Fino al caso Misseri, a Sabrina, «la sventurata», come la chiama il professore che ne ha fa una questione di giustizia. Soprattutto dopo l’ergastolo. «Sarò al fianco di questa ragazza fino alla fine».