Antonio Pitoni, La Stampa 1/5/2013, 1 maggio 2013
IL M5S LO ESPELLE VIA WEB MA IL SENATORE MASTRANGELI ANNUNCIA IL RICORSO CIVILE
La rivoluzione del cittadino Marino Mastrangeli finisce sul web. Esattamente dove era iniziata pochi mesi fa con le primarie online del Movimento 5 Stelle. Perché la Rete non perdona, specie se la colpa è quella di aver disobbedito al primo comandamento di Beppe Grillo: divieto assoluto di partecipazione ai talk show. E alla fine, quella «scappatella» negli studi Mediaset, ospite di Barbara D’Urso, ha finito per costargli il massimo della pena: l’espulsione dal gruppo al Senato. «Ce l’hanno con me perché sono andato dalla nemica del M5S», commenta a caldo l’epurato a mezzo Internet. Che per la replica torna, neanche a dirlo, sul «luogo del delitto», di nuovo dalla D’Urso a Pomeriggio Cinque.
È lo stesso Grillo ad annunciare il verdetto, con un post sul suo blog: dei 19.341 votanti (su 48.292 aventi diritto) si sono espressi per l’espulsione in 17.177 (pari all’88,8%). Solo 2164 (l’11,2%) hanno, invece, cliccato sul no. Una sentenza che conferma il cartellino rosso già esibito a Mastrangeli dai colleghi di Palazzo Madama e di cui prende atto il capogruppo al Senato, Vito Crimi: «Ratifichiamo e basta un processo democratico che nessun partito attua». Capitolo chiuso? Decisamente no.
La partita si sposta ora dalle aule della politica a quelle giudiziarie, dove i legali del senatore silurato intendono impugnare la decisione degli iscritti, definita «invalida ed illegittima». Perché, come spiegano gli avvocati Luigi Piccarozzi e Roberto Ricci, la ratifica dell’espulsione «non è stata preliminarmente adottata a maggioranza» dai gruppi del Movimento. Secondo Mastrangeli, d’altra parte, in occasione del voto dei gruppi mancavano all’appello 72 parlamentari: su 163 eletti solo 62 si erano espressi per l’espulsione. Senza contare che, fanno notare ancora i legali, la memoria difensiva presentata il 23 aprile ai capigruppo Roberta Lombardi e Vito Crimi «è stata completamente disattesa». Non sembrano esserci, del resto, alternative alla giustizia ordinaria. «Non esiste una sede (interna al movimento, ndr) per presentare ricorso, siamo nella Corea del Nord, non Italia – accusa Mastrangeli –. Con i miei avvocati si sta valutando se ricorrere al Tribunale Civile di Roma». E avverte: «Dovranno venire i commessi del Senato a portarmi via dal gruppo parlamentare e intendo che dovranno farlo fisicamente».
Arriva via Twitter la solidarietà di Federica Salsi, la consigliera comunale di Bologna espulsa dal M5S per l’accusa rivoltale da Grillo di solleticarsi il «punto G» con le comparsate televisive: «Ecco a voi la versione digitale del tribunale dell’inquisizione». Per quanto forzato, a Mastrangeli non resta che il trasloco nel gruppo Misto. «E lì formerò una componente che chiamerò “Minoranza M5S” – annuncia –. Qualcuno mi seguirà? Spero di sì. Sono uno che la mordacchia non la sopporta tanto». Di dimettersi da senatore non ci pensa proprio. «Sono stato il candidato ciociaro più votato alle parlamentarie del Movimento che nel Lazio ha preso 786mila voti – ricorda –. Perché mi devo dimettere per un’intervista?».