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 2013  aprile 28 Domenica calendario

IL WHISKY MIGLIORE? GIAPPONESE PER BERE LA LINGUA NON CONTA PIU’

Scozia, Irlanda, Stati Uniti? Whisky, whiskey o bour­bon? Macché: Nikka! Il whisky più pregiato al mondo arriva dal Giappone, dove la purezza dei corsi d’acqua,il clima e l’uti­lizzo di botti tipiche locali crea­no un distillato lievemente pic­cante, intenso, delicato, ispira­to allo stile scozzese - da dove ar­riva l’orzo maltato - ma con un minore apporto di torba, ciò che lo rende poco fenolico e più morbido. E infatti gli intendito­ri di tutto il mondo stanno ini­ziando ad apprezzare questi whisky particolari e spesso mol­to costosi. Per dire, lo Yamazki 50 years-old, prodotto dalla Suntory Holdings ltd, arriva a costare 13mila euro a bottiglia. Ma non state a preoccuparvi di procurarvene una per il dopo­cena di stasera: ce ne sono solo 150 in giro per il mondo e proba­bilmente sono state già scolate o giacciono nel caveau di qual­che oligarca russo.
Il fatto è che il bere alcolico è affare talmente globalizzato da avere tradito ogni geografia, soprattutto in quei prodotti che non sono vincolati da un disci­plinare rigido o da condizioni climatiche precise. Prendete il vino: un tempo era roba da fran­cesi, italiani, al massimo spagnoli e portoghesi. Poi sono arri­vate etichette anche pregiate dal Sudafrica, dall’Argentina, dal Cile, dagli Stati Uniti, dal­l’Australia, dalla Nuova Zelan­da, dal Libano. E ora perfino dalla Cina, Pae­se che sta scoprendo che tra i piaceri dell’occidentalizzazio­ne non è tra gli ultimi quello di degustare con lentezza un ros­so pregiato. Di importazione, ma anche di produzione pro­pria. E non pensate solo a imita­zioni, a blunelli e boldò. Nella re­gione montuosa e arida del Nin­gxia, qualche centinaia di km a ovest di Pechino, il governo lo­cale ha irrigato le distese deser­tiche favorendo la coltivazioni di uve internazionali come il Merlot. Ora, si sa che i vini mi­gliori nascono da territori stres­sati e difficili. E così dalla regione ai confini della Mongolia sono uscite bot­tiglie sorprendenti. Ma sor­prendenti davvero. Al punto che in una recente degustazio­ne condotta da un panel di esperti francesi e cinesi su cin­que vini cinesi e altrettanti bor­dolesi, i primi quattro posti so­no stati occupati dagli asiatici, che peraltro costano anche molto meno dei blasonati colle­ghi europei. Si dice che tra vent’anni la Cina sarà il più grande consumatore di vino al mondo, ma non è detto che per i produttori tradizionali questo significhi necessariamente un boom dell’export.
Altra bevanda alcolica, altra sorpresa. La vodka che va più di moda non è russa, polacca o finlandese, bensì francese. Si chia­ma Grey Goose e nasce da un’idea di un miliardario Usa che voleva sfruttare il blasone francese (enfatizzato da una bandierina tricoleur sulla botti­glia satinata) per creare una vo­dka di lusso. Non a caso è pro­dotta a Cognac con grano d’in­verno coltivato nella Beauce, fil­trata attraverso i calcari di Champagne e diluita all’acqua di fonte di Gensac-la-Pallue. Oggi il marchio appartiene al gruppo Bacardi. Peraltro an­che l’Italia si affaccia nel merca­to della vodka con la Sernova delle distillerie Fratelli Branca (quelle del Fernet) e la Uvix di Moletto, che stanno incontran­do successo in tutto il mondo.
E le birre? Ogni Paese ha la sua etichetta e il suo stile birra­rio, anche se poi il consumato­re medio va con il pensiero sem­pre alla Germania, all’Olanda, al Belgio, alle rosse e dense irlandesi, alle Ales inglesi, alle Pi­ls ceche. Negli ultimi anni tra le birre da export ci sono anche molti marchi italiani: non solo la Peroni che spopola come bir­ra very young in tutto il mondo, ma anche con i birrifici artigia­nali capaci di donare alle botti­glie il glam e la varietà del vino italiano.