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 2013  aprile 25 Giovedì calendario

E ORA LA BOLDRINI SI FA SCORTARE PURE SU INTERNET

Non ha voluto la scorta in strada, per andare contro gli abusi della vec­chia politica. L’ha pretesa invece sulla rete, per controllare internet e far incri­minare chiunque si diverta a ironizzare su di lei. Escono inediti e inquietanti particolari sullo smodato uso del pote­re, da casta vecchio stile, della presiden­te della Camera, Laura Boldrini, che per arginare la foto-burla che su Face­book ritraeva una finta Boldrini nuda, ha scatenato l’inferno e preteso la pre­senza di ben 7 poliziotti alla Camera co­sì da monitorare il web e perseguire chiunque osi scherzare sulla terza cari­ca dello Stato. I sette poliziotti ad personam sono stati distolti da importanti attività contro il crimine informatico tant’è che le altre indagini della squadra social network del compartimento Poli­zia postale e telecomunicazioni del La­zio sono praticamente bloccate. For­malmente solo la responsabile risulta aggregata a Montecitorio con un ordi­ne di servizio. Gli altri 4 agenti della «squadra», e altri 2 poliziotti in forza al­la PolPost del complesso Tuscolano, uf­ficialmente non risultano distaccati né aggregati in Parlamento: sono «fanta­smi», a servizio della presidentessa, con problemi di straordinari, buoni pasto e vestiario (si sono dovuti pagare giacca, cravatta e tailleur per lavorare in presidenza) come denunciato dal sindacato Coisp. Ma c’è di più. Incro­ciando più fonti, e consultando carte, il Giornale ha ricostruito l’iter di quest’in­credibile vic­enda che ha portato al siluramento di Gaudenzio Truzzi, dirigen­te dell’ispettorato di polizia della Came­ra. Domenica 14 quest’ultimo riceve la denuncia «dalla persona offesa» (cioè la Boldrini, ma secondo il suo entoura­ge non vi era stato intervento diretto). Truzzi informa la segreteria del capo della polizia e il vertice della «Postale» (Andrea Rossi). Vengono allertate Digos e Mobile a Latina che fanno visita a un giornalista di Fondi che aveva postato il fake su Fb. Respinti i poliziotti per mancanza del mandato di seque­stro, la postale si rivolge alla procura di Roma. Salta fuori un pm disponibile, ma non è in ufficio bensì in un ristoran­te romano vicino piazza Navona. Tra uno stuzzichino e un drink , firma un de­creto «d’urgenza» di sequestro preven­tivo. E parte il repulisti sul web, tra per­quisizioni e sbianchettamenti. Spariscono molte foto della falsa Boldrini, ma anche articoli che denunciavano la bufala, come quello di Giovanni Pili, blogger della testata web Young.it , «oscurato» nonostante per primo aves­se difeso l’onore della presidente rive­lando il fake.
Nel decreto diretto a Young e al sito cado in piedi vicino alla Casaleggio asso­ciati, si dispone «il sequestro preventi­vo mediante oscuramento delle pagine web (...) nonché delle diverse e ulteriori pagine web che verranno individuate sulla rete con loghi, marchi, contenuti, riconducibili alla persona offesa». È la parolina «contenuti» a inquietare. Non si può nemmeno parlare di questa sto­ria? Siamo alla censura? Anziché chie­dere ancora più poliziotti, come la Bol­drini sembra voler fare per rendere ope­rativa anche di notte la sua squadretta webbuoncostume, la presidente fareb­be bene a fermarsi. E a riflettere.