Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 30/04/2013, 30 aprile 2013
UNA PICCOLA GUERRA AMERICANA LA CONQUISTA DI GRENADA
Il suo accenno al blitz di Grenada mi hanno fatto tornare in mente le numerose manifestazioni di quel periodo nel nostro Paese contro gli Stati Uniti. Ormai ricordo solo vagamente la vicenda. Reagan aveva ragione o torto?
Roberta Scotti
Varese
Cara Signora, Grenada, una piccola isola del mare dei Caraibi abitata da meno di 100.000 persone, fu invasa all’alba del 25 ottobre 1983 da una corpo di spedizione americano composto da 25.000 uomini. Era una vecchia colonia britannica, indipendente dal 1974, ma ancora membro del Commonwealth. Qualche giorno prima, un colpo di Stato aveva destituito e giustiziato il capo del governo, Maurice Bishop, e i congiurati s’erano impadroniti del potere. Bishop era uomo di sinistra e il suo governo simpatizzava generalmente per le posizioni internazionali dell’Unione Sovietica, ma Bernard Coard, leader dei golpisti, era più a sinistra di lui ed era soprattutto legato al regime castrista di Cuba, presente nell’isola con un gruppo di consiglieri. Vi era a Grenada anche un migliaio di cittadini americani, quasi tutti studenti di medicina e iscritti all’Università di Saint George per aggirare il numero chiuso con cui la potente lobby della Medical Association limitava il numero degli aspiranti dottori nelle scuole mediche degli Stati Uniti.
La presenza dei consiglieri cubani e la necessità di proteggere gli studenti furono i due argomenti di cui Ronald Reagan, allora presidente degli Stati Uniti, si servì per giustificare l’invasione. Washington si fece autorizzare dall’Organizzazione degli Stati americani, inserì nel proprio corpo di spedizione un simbolico contingente di forze provenienti da altri minuscoli Stati dei Caraibi e montò frettolosamente un’operazione che ricorda l’invasione sovietica della Cecoslovacchia nell’agosto del 1968.
Se non vi fossero state vittime (più di cento morti fra militari e civili) la guerra di Grenada sarebbe ricordata soprattutto per gli errori e le distrazioni dei suoi organizzatori. Sembra che le mappe distribuite al corpo di spedizione fossero vecchie carte turistiche dell’isola e che qualche reparto, nel corso delle operazioni, abbia perduto la strada. La conquista di Grenada piacque comunque all’opinione pubblica americana ed ebbe per la presidenza Reagan un risultato positivo: quello di distrarre l’attenzione dal micidiale attentato terroristico organizzato a Beirut due giorni prima. Il 23 ottobre, all’alba, un camion carico di esplosivi aveva travolto le barriere del campo in cui i marines americani, inviati in Libano insieme a truppe francesi e italiane per separare i contendenti della guerra civile, si erano installati. I morti furono 241 e indussero Reagan a ritirare, qualche mese dopo, il corpo di spedizione.
La vicenda non piacque invece all’opposizione democratica nel Congresso, a molti Paesi dell’America Latina, all’Onu e soprattutto alla Gran Bretagna. Grenada, come sappiamo, era membro del Commonwealth e il suo capo di Stato (rappresentato a Saint George da un governatore generale) era la Regina Elisabetta. Margaret Thatcher, allora Primo ministro, ebbe a quanto pare un moto di stizza. Ma Reagan avrebbe potuto ricordarle che anche la Gran Bretagna, nel marzo dell’anno precedente, aveva fatto una guerra per la riconquista delle Falkland senza attendere il permesso dei propri alleati. In queste faccende sono rari i Paesi che non abbiano uno scheletro nell’armadio.
Sergio Romano