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 2013  aprile 29 Lunedì calendario

SVOLTA MONDIALE CONTRO L’EVASIONE

Prove di svolta mondiale nella lotta all’evasione. Non siamo ancora alla cabina di regia unica sul contrasto a chi non paga le tasse o cerca di pagarne il meno possibile, sfruttando i paradisi fiscali, ma qualcosa si sta muovendo soprattutto sul fronte dello scambio automatico di informazioni tra i Paesi e sull’abbattimento del muro del segreto bancario. Dopo che anche l’ultimo G-20 dei ministri delle Finanze ha esortato a proseguire su questa strada. Certo, i singoli Stati non rinunciano a procedere ognuno per sé, però da un lato l’Unione europea e dall’altro l’Ocse si propongono come i playmaker di un’azione più sinergica.
La spinta della crisi
La crisi sta mettendo in ginocchio le principali economie mondiali e grava sui bilanci pubblici. Diventa così sempre più sentita l’esigenza di fare cassa e di recuperare, almeno in parte, le ricchezze nascoste al Fisco. Il difetto italiano della mancanza di una stima ufficiale dell’evasione fiscale si riflette a livello internazionale. Ma se la stima del sommerso nella sola Unione europea è di mille miliardi di euro all’anno si capisce la gravità del fenomeno dell’occultamento di ricchezza verso i paradisi fiscali. Per questo l’Ocse sta dando battaglia con una moral suasion sui Paesi offshore a fornire informazioni agli Stati a prelievo "pieno" (come l’Italia) e con un contrasto a chi cerca di ridurre al massimo l’imponibile e di farsi tassare a condizioni più vantaggiose nei paradisi fiscali. Nel mirino c’è il meccanismo delle controllate estere così come il transfer pricing, vale a dire il prezzo del trasferimento di beni o di servizi tra società appartenenti allo stesso gruppo, ma che si trovano in Paesi diversi: le somme vengono spostate da uno Stato all’altro gonfiando i costi. E a schermare i capitali degli evasori ci sono anche i "tradizionali" trust o le frodi carosello per non versare l’Iva. Per questo sono al lavoro tre gruppi di studio che, entro luglio, presenteranno un action plan per indicare la strada lungo cui muoversi sull’erosione di redditi imponibili.
Il modello degli Stati Uniti
Il vento anti-evasione soffia anche negli Stati Uniti, che puntano ad aggredire il segreto bancario con il Fatca (acronimo di Foreign account tax compliance act), fatto approvare nel 2010 dall’amministrazione guidata dal presidente Barack Obama. La legge, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2014, ha l’obiettivo di far emergere le attività finanziarie che i cittadini americani detengono all’estero. Per rendere operativo il Fatca è necessario che Usa e Paesi stranieri sottoscrivano un accordo. A firmare le intese Facta, finora, sono stati Messico, Danimarca, Regno Unito, Irlanda e Svizzera: banche e intermediari finanziari attivi in questi Stati dovranno segnalare la presenza tra i loro clienti di cittadini Usa.
La piattaforma dell’Europa
Proprio il Fatca è diventato il modello intorno al quale alcuni Paesi Ue puntano a fare squadra contro l’evasione internazionale. Nei giorni scorsi i ministri delle Finanze di Germania, Francia, Italia, Spagna e Regno Unito hanno scritto al Commissario Ue al Fisco, Algirdas Semeta, per annunciare l’intento di lavorare insieme su «una piattaforma multilaterale di scambio di informazioni». E ai primi cinque Stati si sono aggiunti Polonia, Olanda, Romania e Belgio.
Ma non solo, perché l’obiettivo è anche quello di monitorare i passi avanti che vengono fatti dai singoli Stati sia sul versante dell’individuazione di paradisi fiscali sia attraverso le azioni anti-abuso per contrastare la pianificazione fiscale aggressiva per eludere le imposte. Un monitoraggio che sarà affidato alla piattaforma per la buona governance fiscale di cui faranno parte sia i rappresentanti delle autorità tributarie degli Stati membri sia esperti non governativi e provenienti, per esempio, dal mondo delle attività produttive, delle università o delle associazioni non profit.
Lo schema Rubik
Un altro fronte su cui si sono mossi alcuni Stati europei - più per recuperare gettito dai capitali trasferiti illecitamente all’estero che per combattere l’evasione - è quello dei patti "separati". Gli esempi sono gli accordi siglati da Gran Bretagna e Austria con la Svizzera (e anche dalla Germania, ma qui l’accordo non è stato "bloccato" dal Parlamento): intese che lasciano intatto il segreto bancario in cambio di un prelievo alla fonte su depositi e conti correnti. In questa direzione si è mossa anche l’Italia nei mesi scorsi, ma le difficoltà politiche hanno rallentato l’iter dei colloqui con Berna. E nel prossimo futuro potrebbe anche essere presa in considerazione un’ipotesi per favorire il rimpatrio di tutti i capitali esportati illecitamente con il pagamento delle imposte ordinarie, ma con un abbattimento delle sanzioni, come suggerito dal gruppo di lavoro sull’autoriciclaggio del ministero della Giustizia.
Intanto, però, è vicina al traguardo la ratifica della convenzione con San Marino, che farebbe cadere il segreto bancario. Dopo il via libera del Consiglio dei ministri al disegno di legge, ora dipende tutto dal Parlamento che dovrà approvarlo.

A cura di Valentina Maglione, Valentina Melis, Giovanni Parente

COME SI DRIBBLA IL PRELIEVO –
SOCIETÀ OFFSHORE
Il cittadino residente in Italia (così come in altri Paesi a prelievo fiscale "pieno") acquista immobili o effettua investimenti in modo del tutto "nascosto" (in pratica dietro uno schermo) attraverso la costituzione all’estero in paradisi bancari o fiscali di società o trust
Le società o trust sfruttano il loro statuto (le società di capitali o le società fiduciarie come i trust possono, infatti, rendere del tutto anonimi i possessori delle quote delle singole strutture) o la mancanza di cooperazione verso l’Italia per garantire ai contribuenti nazionali il più stretto anonimato
Per portare i capitali all’estero si utilizzano pagamenti estero su estero, società italiane che pagano all’estero fatture per prestazioni di servizio o, ancora, acquisti di beni del tutto inesistenti
TRASFERIMENTO DI CAPITALI
Per i contribuenti persone fisiche uno dei fenomeni di evasione più diffusi è il trasferimento all’estero di capitali con apertura all’estero di conti che, sfruttando la mancanza di cooperazione internazionale, rimangono del tutto anonimi
Il trasferimento oltreconfine di importi oltre i limiti consentiti si realizza con varie tecniche, più o meno sofisticate, che consentono al contribuente di ottenere la disponibilità all’estero di risorse
Tra le modalità maggiormente utilizzate ci sono il pagamento estero su estero per prestazioni effettuate a favore di un operatore estero, o il trasferimento al seguito di somme non dichiarate, o ancora la compensazione valutaria tra posizioni creditorie e debitorie di diversi soggetti anche sfruttando schermi societari
FRODI CAROSELLO
Le frodi carosello sono una modalità utilizzata per sottrarsi al pagamento dell’Iva dovuta
Il fenomeno tocca da vicino numerosi settori commerciali e si è sviluppato nell’ambito comunitario a seguito dell’eliminazione delle barriere doganali
L’evasione non si realizza in modo complesso: il fornitore di un bene o un servizio vende dei beni o dei servizi sogggetti a Iva riscuotendo l’imposta dal cliente e non versandola all’Erario
In questo modo si ottengono due risultati: si evade l’importo dovuto al Fisco e si riesce a vendere a prezzi competitivi
Per rendere difficile il riscontro dell’evasione da parte delle autorità fiscali, si inseriscono nella catena una serie di operatori o delle operazioni con l’estero
COSTI BLACK LIST
L’acquisto di beni e servizi in Paesi che non rispettano i principi internazionali di cooperazione tra amministrazioni finanziarie consente ai contribuenti persone fisiche, come agli operatori economici, di creare in Italia costi fittizi e di generare all’estero disponibilità di risorse finanziarie anonime
In particolare, questo avviene quando la controparte estera è situata in un Paese che non accetta le regole di scambio di informazioni previste dalle convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni secondo la rotta tracciata dall’Ocse
L’Italia ha stabilito un elenco di Paesi per i quali la deduzione dei costi dal reddito d’impresa è sottoposto a un particolare regime documentale che provi l’esistenza dell’operazione e indichi il costo sostenuto in dichiarazione
TRANSFER PRICING
Le politiche aggressive sui prezzi
di trasferimento (transfer pricing) finalizzate a ottenere un vantaggio fiscale puntano a sfruttare i passaggi interni di beni e servizi (vale a dire
le cessioni di beni o l’erogazione
di servizi) andando a fissare
un corrispettivo a un valore non di mercato che consenta di spostare
una parte dell’imponibile da uno Stato a fiscalità piena verso uno a basso prelievo (spesso un paradiso fiscale)
Per citare un esempio, nella determinazione del corrispettivo che una società italiana deve pagare a una sua controllata estera in un Paese a fiscalità privilegiata si prevede un importo più alto che consenta di aumentare i costi in Italia e i ricavi nel Paese a fiscalità privilegiata. In questo modo si determina uno spostamento di base imponibile dall’Italia
L’Ocse ha acceso un faro anche sulle pratiche di transfer pricing finalizzate a ottenere indebiti vantaggi fiscali
e le linee di azione saranno presentate nel prossimo mese di luglio
ESTEROVESTIZIONE
I fenomeni di esterovestizione si realizzano attraverso una costituzione solo fittizia di una società all’estero che poi, di fatto, subentra nel business della società residente negli Stati a fiscalità piena
Nelle situazioni portate alla luce dalle contestazioni dei verificatori dell’amministrazione finanziaria,
la società viene costituita in Paesi
a fiscalità privilegiata, ma continua
a essere gestita dall’Italia, dove vengono prese le scelte strategiche
e dove resta la sede della direzione effettiva
Il principale effetto della creazione di una società fittizia in un paradiso fiscale è che parte dei ricavi vengono sottratti all’imposizione in Italia e quindi si traducono in minori incassi per l’Erario
In alcune circostanze il trasferimento della sede all’estero può contribuire a determinare
una sottrazione fraudolenta
al pagamento delle imposte
e dei creditori
OBBLIGAZIONI O AZIONI
Una modalità – forse un po’ più sofisticata – di evasione internazionale è rappresentata dal ricorso a strumenti finanziari come azioni o titoli di partecipazione
8Lo schema per arrivare all’evasione funziona per grandi linee in questo modo: la società italiana sottoscrive uno strumento finanziario che può godere di un regime fiscale di vantaggio, perché i dividendi percepiti sono tassati solo per il 5% del loro ammontare, mentre i costi sostenuti a garanzia del titolo sono deducibili interamente
In realtà il reddito percepito
sul titolo ha natura di interesse
e avrebbe dovuto essere tassato
per il suo intero importo
Di conseguenza la società italiana sottoscrive uno strumento finanziario, il cui rendimento è rappresentato anche dal vantaggio ottenuto, vale a dire la perdita fiscale prodotta che può essere dedotta da altri redditi
del contribuente
VENDITA DI MARCHI
Un’altra forma di evasione internazionale si può realizzare attraverso la vendita dei marchi. Anche in questo caso, però, la cessione è meramente fittizia e finalizzata
a pagare meno imposte in Paesi
a fiscalità di vantaggio
Per capire meglio come funziona
il meccanismo, ipotizziamo che
una società italiana proprietaria di un marchio (o di altro diritto immateriale) lo venda a una compagine estera
ma riconducibile al "venditore"
La società estera può essere posizionata in un Paese a fiscalità privilegiata. La vendita avviene a un valore ridotto. A fronte di tale operazione, la società italiana
si impegna, poi, a versare alla società estera una royalty particolarmente elevata
Pertanto, a fronte di un ricavo iniziale basso, la società italiana dell’esempio corrisponde un costo annuale elevato, che consente lo spostamento all’estero di una parte della base imponibile

A cura di Diego Avolio


LE MOSSE DELL’ITALIA –
Berna e Titano capitoli aperti
LA CONVENZIONE CON SAN MARINO
Il Consiglio dei ministri del 18 aprile scorso ha segnato un primo passo avanti verso la caduta del segreto bancario di San Marino. Il Governo ha dato, infatti, il via libera al disegno di legge per la ratifica della Convenzione contro le doppie imposizioni (datata 2002) e il successivo protocollo di modifica (firmato, invece, poco meno di un anno fa). Uno degli interventi destinati ad avere maggior impatto è l’adeguamento dell’accordo agli standard Ocse sullo scambio di informazioni, compreso il superamento del segreto bancario e quindi con la possibilità, in futuro, per il Fisco, di conoscere le disponibilità dei contribuenti italiani nel Titano. Ora, però, il Ddl di ratifica per diventare operativo dovrà essere approvato dal Parlamento
I CONTATTI CON LA SVIZZERA
Nei mesi scorsi si è discusso molto sull’ipotesi di un’intesa con la Svizzera secondo lo schema Rubik con il mantenimento del segreto bancario, già sperimentato da Austria, Germania (anche se ora è congelato) e Regno Unito. Le diplomazie fiscali dei due Paesi si sono incontrate più volte per discutere sui due pilastri dell’accordo: tassazione del passato e prelievo alla fonte per il futuro (con gli intermediari finanziari che sarebbero poi chiamati a fare da sostituti d’imposta). Ma prima le puntualizzazioni del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, nell’autunno scorso, in base alle quali l’intesa non può essere un’amnistia, e poi lo stop intimato da Bruxelles agli accordi con Berna hanno contribuito a rallentare le trattative. L’esito dipenderà anche dal prossimo Governo e dalle scelte che saranno fatte su questo versante. Allo stato attuale, la stima dei depositi italiani nei forzieri elvetici oscilla tra i 100 e 120 miliardi di euro. L’eventuale gettito derivante dall’intesa dipenderebbe sia dall’aliquota applicata, sia dai capitali effettivamente rimasti, perché molti potrebbero essere stati trasferiti in altri paradisi fiscali proprio per i timori di un prelievo post accordo

LE POLITICHE DELL’UNIONE EUROPEA –
Aumenteranno i flussi diretti
LO SCAMBIO DI DATI CON GLI USA
Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito hanno sottoscritto un accordo con gli Usa per lo scambio dei dati in base alle regole Fatca. È una sigla che sta per «Foreign account tax compliance act», la legge messa a punto dagli Usa nel 2010, per contrastare l’evasione fiscale tramite società offshore e paradisi fiscali. Il pacchetto di regole, che entrerà in vigore con diversi step dal 1° gennaio 2014, permetterà alle autorità Usa di raccogliere informazioni sui conti bancari, gli investimenti e i redditi dei cittadini americani all’estero
LA COOPERAZIONE
I ministri delle Finanze degli stessi Paesi europei (Germania, Francia, Italia, Spagna e Regno Unito) hanno inviato il 9 aprile una lettera alla Commissione Ue per annunciare di voler lavorare insieme su «una piattaforma multilaterale di scambio di informazioni» che consenta di lottare efficacemente contro l’evasione fiscale. I ministri spiegano che il loro obiettivo è creare un sistema che serva da modello a livello internazionale, e invitano gli altri Paesi Ue ad associarsi a questo progetto-pilota
LE DIRETTIVE IN CAMPO
Il 1° gennaio scorso è entrata in vigore la direttiva 2011/16/Ue sulla cooperazione amministrativa che prevede lo scambio di informazioni tra i 27: fino al 2015, lo scambio su cinque redditi (lavoro, pensione, assicurazioni-vita, immobiliari e compensi per dirigenti) è su richiesta, se i dati sono disponibili. Dal 2015 lo scambio diventerà automatico, per tre redditi su cinque. Nel 2017, i redditi al centro dello scambio di informazioni saliranno a otto, con l’aggiunta di dividendi, plusvalenze e diritti d’autore. È in discussione dal 2008, poi, il rafforzamento in chiave anti-evasione della direttiva sul risparmio
LA LOTTA AL SEGRETO BANCARIO
Il Lussemburgo ha annunciato che dal 2015 accetterà di condividere informazioni bancarie con i propri vicini. È forte la pressione internazionale perché anche l’Austria segua questa strada

LE INDICAZIONI DELL’OCSE –
Scacco alle politiche aggressive
DUE FRONTI SOTTO OSSERVAZIONE
L’attenzione dell’Ocse (l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) sul fronte del contrasto all’evasione fiscale si concentra principalmente su due versanti: l’incentivazione allo scambio di informazioni tra i Paesi e una revisione delle regole internazionali per stringere il cerchio su chi applica politiche fiscali aggressive per erodere la base imponibile e spostare i profitti verso Stati a più basso prelievo fiscale
IL FLUSSO DI INFORMAZIONI
Uno strumento multilaterale di cooperazione è rappresentato dalla convenzione sulla mutua assistenza amministrativa, che prevede lo scambio di informazioni sia su richiesta, sia in automatico, oltre alla possibilità di verifiche simultanee. Più di 50 Paesi hanno già firmato o si sono impegnati a firmare la convenzione (tra questi sono compresi tutti quelli del G-20). Il numero potrebbe aumentare entro maggio, anche se la vera lacuna è che finora non hanno aderito molti Stati ritenuti offshore. L’altro fronte di scambio di informazioni è rappresentato dai Tiea (le intese bilaterali): l’Ocse ne conta più di 800 anche se l’Italia fino ad ora si ferma soltanto a sei
LA PIANIFICAZIONE FISCALE
Dopo il rapporto pubblicato a febbraio sull’erosione dell’imponibile, l’Ocse punta ad affrontare su base multilaterale il problema di chi cerca, per esempio, attraverso prezzi di trasferimento o controllate in Paesi black list di ottenere vantaggi fiscali con la tassazione in aree a più basso prelievo. Un problema che, secondo l’organizzazione internazionale, finisce con il creare un’alterazione della concorrenza a danno soprattutto delle piccole e medie imprese e crea perdite di gettito per le casse degli Stati più grandi e a fiscalità "piena". Sono già stati istituiti tre focus group (su contrasto, giurisdizione, transfer pricing) che dovrebbero consegnare un piano d’azione entro il vertice dei ministri delle Finanze del G-20 in programma per il prossimo luglio

GLI ACCORDI BILATERALI –
Sotto tiro i forzieri svizzeri
IL FATCA CON BERNA
La lotta all’evasione fiscale internazionale ha preso di mira le ricchezze custodite nei forzieri svizzeri. E le armi per combatterla sono gli accordi bilaterali tra Stati. I più efficaci sono quelli messi in campo dagli Stati Uniti, basati sul Fatca (Foreign account tax compliance act), che punta a fare emergere le attività finanziarie detenute all’estero dai cittadini americani. Dopo la firma dell’accordo con gli Usa lo scorso 14 febbraio, il sistema Fatca sarà operativo in Svizzera, abbattendo, di fatto, il segreto bancario
I PATTI RUBIK
Lasciano invece intatto il segreto i patti Rubik, siglati nel 2011 dalla Svizzera con la Gran Bretagna e l’Austria (e anche con la Germania, ma l’accordo non è stato ratificato dal Parlamento, dopo le bocciature di fine 2012 della Camera dei Laender e della Commissione di conciliazione). Questi accordi preservano l’anonimato dei conti svizzeri in cambio del prelievo, sui capitali depositati, di un’imposta alla fonte, da riversare al Paese di origine dei correntisti. Si tratta di un’imposta una tantum per sanare l’evasione del passato (con aliquote comprese tra il 21% e il 41% per la Gran Bretagna e tra il 15% e il 38% per l’Austria) e di un’altra annuale per il futuro. Segue questo schema anche il patto che l’Italia sta cercando di raggiungere con la Svizzera
OLTRE LA SVIZZERA
Ma la Svizzera non è certo l’unico "paradiso fiscale" al mondo. Anzi, i colpi inferti a Berna rischiano di accelerare la migrazione delle ricchezze verso le casseforti ancora del tutto blindate. Finora, gli Stati Uniti hanno sottoscritto accordi Fatca con il Messico e la Danimarca (il 19 novembre 2012), il Regno Unito (il 9 dicembre 2012) e l’Irlanda (il 23 gennaio 2013). Inoltre, ci sono gli accordi bilaterali per lo scambio delle informazioni e contro le doppie imposizioni, monitorati dall’Ocse. Molti Paesi riconosciuti come paradisi fiscali, siglando questi patti, sono usciti dalla lista nera dell’Ocse. Resta però dubbia la reale efficacia di questi strumenti nell’arginare l’evasione

DAL CENTRO-AMERICA ALL’AFRICA TANTI «PICCOLI» NON IN LINEA –
Almeno a livello Ocse in lista nera non c’è più nessuno. Eppure non tutti i Paesi sono sullo stesso piano nella disponibilità, nell’accesso e nello scambio di informazioni: i tre macro-parametri attraverso cui l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico effettua la sua valutazione paritaria sulla collaborazione degli Stati nella lotta all’evasione internazionale. C’è anche un diverso livello di gradualità nel monitoraggio: in alcuni casi l’attenzione è focalizzata solo sul sistema di norme sulla trasparenza fiscale, in altri si approfondisce anche la loro applicazione.
L’aggiornamento preparato dall’Ocse per l’ultimo G-20 dei ministri delle Finanze che si è svolto a Washington mostra come molti passi avanti siano stati fatti, ma la strada sia ancora lunga. Al di là dei casi più conosciuti a livello europeo (Austria, Liechtenstein, Lussemburgo) su cui l’organizzazione indica quali siano gli aspetti da potenziare, la vera sfida riguarda ancora i piccoli Stati: dal Centro-America all’Africa, senza dimenticare alcune enclave bancarie in Asia e Medio Oriente e le micro-isole del Pacifico.
Scorrendo la lista dei lavori in corso, le piccole isole e gli Stati che si affacciano sul mar dei Caraibi riportano ancora molti "cartellini rossi". In realtà, al di là del dato cromatico ci sono molti Paesi ancora non in linea («not in place» li definisce l’Ocse) o parzialmente in linea («in place, but») soprattutto sulla disponibilità di informazioni sui titolari di società e trust e sulla contabilità di queste strutture. È il caso di Panama, Costa Rica, tanto per citare solo qualche esempio.
Problema condiviso anche in altri continenti: un caso fra gli altri in Africa è rappresentato dalla Liberia.
Ma sono le isole come le Marshall, Nauru o Vanuatu (anche in questa circostanza l’elenco non è esaustivo) a presentare ancora più di uno scoglio quando si tratta di risalire a chi si cela dietro gli schermi societari.

STRATEGIE DIFFERENZIATE –
STATI UNITI
Gli Stati Uniti puntano sull’abolizione del segreto bancario da parte degli intermediari finanziari che operano in paradisi fiscali, come la Svizzera. Così, a gennaio 2013, è stata inviata dalle autorità fiscali americane la prima richiesta di informazioni a una decina di banche svizzere
In sostanza, le banche per la prima volta dovranno fornire, oltre ai nomi dei clienti americani che si sono rivolti loro e alle transazioni da questi effettuate, anche i nomi dei dipendenti e dei consulenti finanziari che, di fatto, hanno assistito i contribuenti Usa per frodare il fisco americano
Tutto ciò è stato reso possibile anche grazie al coinvolgimento diretto, oltre che dell’amministrazione finanziaria, anche del dipartimento della Giustizia, che si occupa di perseguire (su scala nazionale e oltreconfine) i reati fiscali e finanziari più rilevanti
GERMANIA
L’Esecutivo tedesco sta vagliando nuove iniziative da affiancare alle misure già attuate per agevolare e intensificare lo scambio automatico delle informazioni tra i diversi Paesi
Sta valutando la possibilità di infliggere sanzioni mirate, come il ritiro delle licenze per le banche e gli altri intermediari finanziari e la revoca dell’esercizio per i professionisti e le società di consulenza che prestino assistenza ai contribuenti, suggerendo loro di effettuare operazioni non solo che comportino un’evasione di imposta, ma che permettano anche di realizzare un risparmio di imposta e, dunque, che si rivelino elusive
È poi allo studio una speciale task force, con poteri di indagine fiscale molto più ampi rispetto a quelli finora riconosciuti all’amministrazione finanziaria tedesca, per acquisire informazioni rilevanti nella lotta all’evasione internazionale
SPAGNA
La Spagna, dal 1° aprile 2013, ha istituito un nuovo ufficio nazionale di fiscalità internazionale (Onfi) incardinato presso il dipartimento dell’ispezione dell’agenzia tributaria (Aeat), con il compito di coordinare e partecipare alle verifiche simultanee con le amministrazioni fiscali di altri Paesi e scovare così le frodi fiscali
Il governo iberico sta rinegoziando gli accordi bilaterali con altri Paesi per adattarli al nuovo quadro geopolitico internazionale e rendere più incisivi la cooperazione amministrativa e lo scambio di informazioni
È stato così firmato il protocollo che modifica la convenzione tra la Spagna e gli Stati Uniti per evitare le doppie imposizioni e prevenire l’evasione fiscale, in vigore dal 1990. E sono state siglate nuove convenzioni contro le doppie imposizioni con il Regno Unito e con l’Argentina
FRANCIA
Dopo lo scandalo dell’ex ministro del Bilancio francese – Jérôme Cahuzac – che ha ammesso di detenere ingenti somme di denaro non dichiarate in paradisi fiscali, il Presidente François Hollande ha annunciato nuove misure in materia di trasparenza fiscale
È stata prevista la pubblicazione periodica delle dichiarazioni dei redditi dei politici. Poi, è stato imposto alle banche che operano in Francia di comunicare ogni anno all’amministrazione l’elenco delle sedi e filiali all’estero, specificando le attività svolte e i servizi resi. Saranno inoltre considerati paradisi fiscali i Paesi che rifiuteranno lo scambio di informazioni
Sono già state adottate iniziative per rendere più efficaci gli accordi fiscali bilaterali, soprattutto sui «prezzi di trasferimento», applicati nelle transazioni tra soggetti di uno stesso gruppo societario ma residenti in Stati diversi

A cura di Rosanna Acierno

SARANNO LE BANCHE A FORNIRE INFORMAZIONI –
In questi giorni la lotta all’evasione fiscale internazionale ha subito un’accelerazione notevole sotto molti fronti: lo dimostrano i passi avanti fatti dall’Italia con il Ddl di ratifica dell’accordo con San Marino ma anche le azioni messe in campo a livello comunitario e le indicazioni dall’Ocse agli Stati del G-20.
Più in generale, la carta su cui puntano i Governi per migliorare il contrasto all’evasione è quella dello scambio di informazioni. L’information technology ha acquisito significato strategico nel contesto della cosiddetta "lotta ai paradisi fiscali" poiché gli Stati in cui hanno la residenza i soggetti che localizzano i propri redditi in giurisdizioni a bassa fiscalità hanno bisogno, per accertare i relativi redditi, della cooperazione di queste giurisdizioni, le quali non hanno però una propensione a fornire tali informazioni per evidenti ragioni di tutela dei propri interessi nazionali.
I Paesi Ocse hanno, per esempio, intrapreso una "campagna" diretta a indurre la disponibilità di queste informazioni mediante l’introduzione di un nuovo principio in base al quale gli Stati debbono adempiere a un obbligo di scambio di informazioni.
Questo obiettivo è stato perseguito mediante due strategie coordinate. In primo luogo, si è richiesto ai Paesi "non collaborativi" inizialmente inclusi in un’apposita black list di concludere specifici trattati che impongono e regolano lo scambio di informazioni, stabilendo una soglia minima di tali trattati per ogni Paese al fine di essere escluso da questa black list.
In secondo luogo, l’articolo 26 del modello Ocse di convenzione fiscale è stato modificato nel senso di introdurre l’obbligo per gli Stati contraenti di produrre ogni informazione che sia «prevedibilmente rilevante» per contenere l’evasione fiscale internazionale, al contempo escludendo l’eccezione del segreto bancario sollevata da numerosi Paesi.
Il risultato della prima iniziativa è che nella black list Ocse dei Paesi "non collaborativi", allo stato, risultato solo un paio di micro-giurisdizioni; quello della seconda è che sono attese rinegoziazioni dei trattati.
Ma queste iniziative hanno introdotto una norma del diritto internazionale che renda lo scambio efficace? I dubbi al riguardo sono molti, in particolare dovuti al fatto che le amministrazioni fiscali hanno reali problemi nel gestire uno scambio di informazioni massiccio che le vede reciproci agenti in una fitta rete composta da molti Stati, nonché al fatto che giurisdizioni formalmente "cooperative" sono comunque in grado di intralciare il processo avvalendosi di eccezioni procedurali.
I principali policy makers si stanno dunque avviando a iniziative che si affidano su due elementi ulteriori: l’unilateralità e la collaborazione forzata degli intermediari finanziari, piuttosto che degli Stati. E questo modello trova conferma nella normativa Fatca la quale impone, con portata ultraterritoriale – e quindi anche al di fuori degli Stati Uniti – agli intemediari finanziari di rendere potenzialmente disponibili a richiesta informazioni relative ai beneficiari dei redditi, sanzionando l’inadempimento.

Carlo Garbarino

ORA UNA CABINA DI REGIA «FORTE» –
La cooperazione internazionale, se vuole ottenere risultati effettivi nella lotta all’evasione fiscale e nel contrasto ai crimini finanziari transfrontalieri, deve essere multilaterale, automatica, integrata e senza deroghe e riserve. Al contrario, le iniziative unilaterali o bilaterali (che perseguono in genere obiettivi di gettito e spesso prevedono deroghe per garantire l’anonimato degli investitori), rischiano di vanificare gli sforzi e offrono spazi di manovra a chi, proprio nell’assenza di uno stretto coordinamento di azione, mette in atto comportamenti fraudolenti ed evasivi. In effetti, la rete destinata a isolare gli Stati che alimentano fenomeni di illegalità, deve essere creata non solo sulla base di strategie comuni, ma anche in forza di metodi univoci e coerenti. In altre parole, è necessaria la creazione di una regia unica sovranazionale che sfrutti al massimo le potenzialità delle differenti banche dati informatiche di cui ciascun Stato dispone. La spinta alla cooperazione internazionale è stata caratterizzata, negli ultimi anni, da azioni e soluzioni non sempre coerenti. Si pensi agli accordi stipulati dal Regno Unito, dalla Germania (poi congelato) e dall’Austria con la Svizzera (per giunta non osteggiati dall’Unione europea): in questi casi, a fronte di introiti immediati, i paesi Ue hanno sacrificato la possibilità di ottenere informazioni in modo automatico. Questa scelta che - in un’ottica meramente finanziaria può essere anche accettabile - risulta del tutto incoerente rispetto agli impegni che nei vari consessi internazionali gli stessi Stati hanno preso per sconfiggere fenomeni transfrontalieri di frode e di evasione. Un’ulteriore esperienza negativa (che finalmente è finita) riguarda le riserve che alcuni Stati (Austria, Belgio, Lussemburgo, e Svizzera) avevano opposto alle nuove regole sugli scambi di informazioni predisposte nel 2005 dall’Ocse all’articolo 26 delle convenzioni contro le doppie imposizioni. Riserve che sono state formalmente eliminate solo nel 2010. Queste riserve hanno reso più lungo e difficile il superamento a livello europeo del segreto bancario, segreto che ancora in questi giorni agita le discussioni all’interno dell’Unione europea. Altro esempio di errore commesso (e al quale ora si cerca di rimediare) è la possibilità offerta ad alcuni Stati Ue dalla direttiva risparmio (2003/48/Ce) di evitare lo scambio automatico di informazioni - e quindi di garantire l’anonimato degli investitori - con l’introduzione di una ritenuta alla fonte sugli interessi maturati da un soggetto non residente in un altro Stato. L’euro-ritenuta, seppur nel tempo divenuta più pesante, non ha assolutamente scoraggiato i soggetti a mantenere nascosti i propri investimenti localizzati in Stati diversi da quelli di residenza. D’altro canto, non si può dire che la legislazione sul risparmio introdotta dall’Unione europea che, a prescindere dagli Stati che applicano o applicavano la ritenuta, consente lo scambio automatico delle informazioni, sia stata un’esperienza del tutto negativa, ma ora è necessario voltare pagina e intraprendere una nuova via. La cooperazione deve cambiare (come predicano molti Stati) e deve rispettare, dunque, alcune caratteristiche irrinunciabili. Deve essere multilaterale: non può più basarsi su accordi bilaterali, ma ispirata da strategie e misure uniche e condivise; deve essere automatica: l’informazione acquisita deve essere messa (rispettando ferree regole di rispetto dei diritti di ciascuno) a disposizione di tutti gli Stati aderenti; deve essere integrata, vale a dire che le ricerche devono essere possibili incrociando senza confini le diverse informazioni; deve essere senza deroghe: non si può ammettere che qualche Stato possa fare attraverso delle deroghe delle politiche non coerenti con il gruppo cooperante. È una strada difficile. Ma solo così la comunità internazionale potrà sperare di raggiungere risultati apprezzabili nel contrasto ai fenomeni di illegalità fiscale.

Benedetto Santacroce