Andrea Bonanni e Roberto Petrini, la Repubblica 30/4/2013, 30 aprile 2013
IL PIANO CRESCITA COSTERÀ 10 MILIARDI LA UE TEME UN ALLENTAMENTO DEL RIGORE
ROMA — La strada che sta valutando la maggioranza di governo è quella dello «sfondamento controllato» e della richiesta di una proroga di due anni per il rientro sotto il tetto del 3 per cento, sulla scia di quanto fatto da Spagna e Francia. Potrebbe essere questo il tentativo di negoziazione che il premier Enrico Letta porterà domani e giovedì a Bruxelles quando incontrerà Van Rompuy e Barroso.
Solo percorrendo questa via si potrebbe trovare quello 0,5 di Pil, corrispondente a 7-8 miliardi dei circa 10 necessari, che consentirebbe di mettere in campo le prime misure-tampone per la moratoria sull’Imu, la Tares-rifiuti, la sterilizzazione dell’Iva e le misure per il lavoro a partire dal rifinanziamento della cassa integrazione in deroga.
Le prime sensazioni che si avvertono a Bruxelles suggeriscono tuttavia che la promessa di Letta di “mantenere gli impegni” presi in Europa sui conti Italiani sia poco compatibile con il pacchetto le indicazioni programmatiche nel suo discorso. Il governo
deve infatti presentare entro aprile il programma di convergenza e il piano nazionale di riforme secondo le indicazioni della Commissione. Sarà anche
sulla base di queste indicazioni che la Commissione deciderà, dopo le previsioni economiche di maggio, se proporre di togliere la procedura aperta contro l’Italia per deficit eccessivo.
Per ottenere la chiusura della procedura di deficit eccessivo, il governo deve dimostrare non solo di aver chiuso il 2012 sotto il 3 per cento nominale, ma anche di poter mantenere il deficit sotto questa soglia almeno per il 2013 e il 2014. In teoria, dunque, tutte le voci che nel programma di governo comportano maggiori spese dovrebbero essere coperte con nuove entrate.
Il governo Monti ha già consegnato i due documenti (Def e Pnr) ma evidentemente se il nuovo governo dovesse decidere di modificare in modo sostanziale l’equilibrio dei conti pubblici, dovrebbe inviare immediatamente un aggiornamento: su questa opzione sarà decisiva l’audizione del ministro dell’Economia Saccomanni già richiesta dalla Supercommissione della Camera che dovrà consegnare il Def all’aula entro il 6 maggio per l’esame.
La soluzione dunque sarebbe quella di cambiare percorso rispetto a Monti: l’Italia rinuncerebbe ad ottenere la chiusura della procedura per deficit eccessivo e proverebbe a fare come Spagna e Francia, che hanno chiesto e ottenuto proroghe nel percorso di risanamento dei conti pubblici restando sotto procedura.
Se questa sia una scelta conveniente è questione difficile da giudicare. Monti aveva accettato di tenere fede all’impegno di Berlusconi di raggiungere il pareggio strutturale di bilancio per allentare la pressione allora insostenibile dello spread e per ottenere la chiusura della procedura e dunque poter utilizzare i margini di manovra consentiti dal Patto per i Paesi che sono sotto la soglia del tre per cento. Questa soluzione tuttavia prevede solo un bonus dello 0,5 per cento limitato al 2014 esclusivamente per «investimenti produttivi». Lo sfondamento darebbe di più ma esiste sempre il rischio-debito e dovrebbe anche essere assicurato da un congruo avanzo primario che limiterebbe comunque i margini di manovra.