Marco Neirotti, La Stampa 30/4/2013, 30 aprile 2013
“NESSUNA GIUSTIFICAZIONE MA LUI NON E’ UN VIOLENTO E NON LO ABBANDONIAMO"
Dignità e pacatezza: così nella foschia dell’indomani si fa strada l’altro volto - l’altra vita - dell’uomo sconfitto dalla crisi generale, da quella personale, dalla ribellione insanguinata. Ed è il volto di Ivana Dan, 40 anni, la moglie separata di Luigi Prieti, divorata dalle telecamere, dai microfoni, dai taccuini appena scende le scale di casa con il figlio, 11 anni e una timidezza che si disperde tra innocenza, stupore e curiosità.
Vive da sei anni qui Ivana, alloggi popolari in un cortile del centro, di fronte al caffè Roma dove le parole su domenica mattina non si fermano ma si fanno più misurate e consapevoli. Dice la donna: «Luigi non è mai stato violento, aggressivo. Non riesco a capire come abbia potuto pensare quel gesto. Non capisco e non giustifico. Non possiamo fare altro che chiedere scusa a quelle persone, a tutti».
Non giustifica, non sa spiegare e proprio per questo non ghigliottina il futuro dell’uomo e soprattutto del suo ragazzino: «Pur nelle difficoltà è stato un papà amorevole e non lo abbandoneremo. Crescerò il bambino nel rispetto di suo padre, pur nella coscienza di ciò che è accaduto».
Non c’è teatralità nelle sue parole, soltanto il cammino che continua. Non ci sono distacco né commiserazione negli sguardi, nei saluti dei concittadini che si riparano dalla pioggia ai tavoli del bar, pazienti con le troupe televisive piazzate sotto il portico come in attesa di un evento. Qualcuno invita a vedere una targa affissa all’asilo dei bambini, proprio lì accanto: «Venga a vedere un mondo che non c’è più, che non è più possibile». È scolpito il grazie alla benefattrice Giuditta Campi, «esempio raro di modestia e risparmio» che donò denaro per la struttura. «Se lo vede oggi un muratore disoccupato che risparmia? Oggi ne ha da parte chi li ruba. E il muratore umiliato che fa?».
Non è uno sfizio, qui, il senso del passato. Alle finestre della biblioteca - dove nell’era della tv e di Internet si organizzano serate di lettura collettiva - sono appese le foto di Predosa agricola dal 1912 al 1915, con i bimbi scalzi in piazza, poi quelle di Predosa svuotata dal 1915 al 1917. Però brucia quel passato, perché dà il senso se non certo di benessere almeno di fiducia nel futuro. E dopo gli sfoghi di domenica - «Gigi doveva soltanto aspettare mezz’ora in più, che arrivassero loro» - adesso prevale la necessità di annebbiare quella giornata impazzita a Roma, la «sede dei mali d’Italia», un’Italia però in cui si sente il bisogno di rientrare in silenzio. Il sindaco Giancarlo Sardi: «La gente qui come ovunque patisce ogni giorno di più la crisi, ma sa andare oltre gli sfoghi. E ora si deve uscire dalle telecamere. Per riflettere serve la quiete».
«Chissà lui in questo momento? Avete notizie dal carcere?». Le notizie sono quelle che sapete anche voi, quel che ha fatto ha distrutto anche lui. Dice Ivana che «è giusto che si renda conto e che sconti ciò che ha commesso» e che anche dentro questo passaggio «pensi a suo figlio e al suo bene».
Nel pomeriggio, al bar, guardano in tv il fratello di Luigi, Arcangelo Preiti, ospite di Barbara D’Urso, su un altro schermo c’è la conferenza stampa della figlia del brigadiere Giangrande. E sono sgomenti, perché si fanno più nitide le conseguenze della confusa ribellione, la coscienza che il ferito gravissimo è uno come loro, e in più uno che «per mestiere, per dovere, sta dalla parte della altrui sicurezza e del proprio pericolo». La pena della gente per bene ha trovato le vie per spandersi con equità.