Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 30 Martedì calendario

EQUILIBRISMO ECUMENICO FATTE LE NOZZE IMPOSSIBILI

Più per forza che per amore, ma la strana coppia si è infine maritata. Centrodestra e centrosinistra si sono uniti in fondo a una mesta cerimonia celebrata in un pomeriggio di plumbea democristianitudine, e calata su Montecitorio sotto forma di calibrature e compensazioni. Di pochissima teatralità. Erano le sofisticatezze perché si convolasse dopo il ruvido e sterile filarino del governo di Mario Monti. Da ieri ci si accoppia per salvarsi dai disastri ventennali e l’omelia di Enrico Letta era l’unica possibile: universale, incontrovertibile, onnivora. Riassumibile, secondo le parole del segretario dei F.lli d’Italia, Guido Crosetto, col teorema (poi citato in aula da Giorgia Meloni) di Carlo Donat Cattin: se senti un discorso di cui non puoi dire il contrario e che può essere pronunciato in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo, o chi ti parla è Gesù o ti sta prendendo per i fondelli. C’è anche una terza ipotesi: ed è quella avviata ieri di mettere assieme i cocci per restare a galla. Ci sarà da divertirsi.

Già da subito, per riflesso condizionato, si segnalano i ministri distribuiti geograficamente sui banchi del governo: Angelino Alfano, Maurizio Lupi, Beatrice Lorenzin e Nunzia Di Girolamo tutti alla destra del premier; Andrea Orlando, Graziano Delrio, Iosefa Idem ed Emma Bonino alla sua sinistra. Ci si avvicina per tappe. In attesa di atti, si innalzano propositi roboanti. Questo governo «è un’occasione storica», dice Mariastella Gelmini. E sicuramente «un momento storico», dice Lorenzo Dellai di Scelta civica. La sola che mette in chiaro di chi sia la roba è Rosi Bindi: siamo corresponsabili di quello che si fa da ora in poi, non di quello che è stato fatto prima. Il più ardente è Renato Brunetta che la fa fuori da statista nel momento grave: parla di pacificazione nazionale, pacificazione col paese, si rifà a Karol Wojtyla e invita a «non avere paura», si appassiona all’idea che il bene del paese stia prevalendo sul bene del partito. Dice: atti di pace. E poi: pagina nuova. Cerca il colpo a effetto ribollendo davanti all’«orrido razzismo» e saluta la ministra venuta da lontano (cioè Cécile Kyenge). Niente. Da sinistra neanche un sorriso. Neanche un brivido. Tutti lì ad ascoltare immobili e gelidi. E da destra restituiranno la cortesia al capogruppo del Pd, Roberto Speranza, anche lui molto attento a non mettere i piedi fuori dalle orme. Ricordando don Lorenzo Milani si chiede a che serva «avere le mani pulite se le si tengono in tasca»; è l’unica vaga concessione alla superiorità morale di cui il Pd va tanto orgoglioso, più delle mani in realtà non così linde. Ma siamo al minimo garantito. Per il resto è concordia, è riconciliazione epocale e planetaria: «Voi con la Merkel, noi con Hollande», dice Speranza. Il quale è così giovane (34 anni) e ha l’esigenza di accreditarsi. «Si tratta di essere fiduciosi e di vivere il tempo che ci è stato dato», dice citando Aldo Moro, ed è un sacramento laico tanto caro a Giorgio Napolitano.

Peccato che di fisico non ci sia stato nulla. Tutto amore platonico. Quasi uno stil novo: al massimo si vede Letta che - annunciando a sorpresa, anche dei suoi, che lo stipendio di ministro sarà levato a chi è già parlamentare mette una mano cameratesca sulla spalla di un gioioso Angelino Alfano. Al massimo si vede una processione di parlamentari in omaggio da Emma Bonino. Qualche boss (come Brunetta) che scende per gli auguri al presidente del Consiglio. E lui non delude nessuno. Riesce nel miracolo di sollevare di peso i cinque stelle e costringerli all’applauso quando benedice il brigadiere Giuseppe Giangrande. Riesce nel miracolo di imporre l’ovazione a Pierluigi Bersani al centrodestra (che in effetti qualche ragione di gratitudine la coltiva). Annuncia la riduzione del peso fiscale e la sospensione della rata di giugno dell’Imu, ed esultano in massa, specie a destra; vuole pari opportunità e definisce odiose le violenze sulle donne, ed esultano in massa, specie a sinistra. Ringrazia i magistrati, boato di qui. Ringrazia le forze dell’ordine, boato da là. Ringrazia insegnanti e medici, boato di su e di giù. Ringrazia i militari e pareggia ringraziando i volontari. Forse non è nemmeno democristianitudine. Forse è ecumenismo con tentativi di modernità da generazione Erasmus. E non è neanche melassa ma disperazione. I leghisti infatti hanno apprezzato qualche annotazione e si astengono ma non votano contrario. La Meloni annuncia opposizione ma non fa mancare la stima personale. Devono fiorire, se pure non fossero rose.