Lionello Cadorin, CorrierEconomia 29/04/2013, 29 aprile 2013
INDICI. MISURARE I MERCATI CON I RITMI DELLA VITA
Si racconta che Alan Greenspan, dal 1987 al 2006 alla guida della Federal Reserve, si tenesse sempre informato sul numero di voli notturni delle grandi compagnie di corriere espresso: più voli del normale gli segnalavano un migliore stato di salute dell’economia, meno voli il contrario. Anche per il numero uno della banca centrale americana, che pure disponeva di uno dei dipartimenti di ricerca più affidabili del mondo, un dato empirico come le consegne overnight di Fedex e Ups poteva risultare più efficace di tanti complessi indicatori elaborati dagli economisti. Greenspan, nel corso dei suoi cinque mandati alla Fed (un record), non ha mai nascosto di seguire, nobilitandoli con il suo interesse, anche altri indici non convenzionali e sorprendenti: come per esempio il Mui, Men’s Underwear Index, che misura l’andamento degli acquisti di mutande maschili (vedere riquadro) e che grazie a lui è diventato, da curiosità che era, un segnalatore credibile di crisi e riprese economiche.
Concretezza
Guardare a qualche fenomeno concreto, potenziale indizio di una tendenza pur senza esserne per forza una prova, può tornare utile anche a un singolo investitore intraprendente che voglia semplicemente intuire un po’ prima dove tirerà il vento dei mercati finanziari. A Che cosa guardare allora in questi prossimi mesi del 2013?
Mettiamo da parte per una volta indici e numeri dell’economia che, per la loro oggettiva rilevanza, non si può non considerare: il Pil cinese e americano, l’export tedesco, e così via. Vediamo quindi alcuni indicatori importanti ma un po’ meno ricorrenti nell’informazione finanziaria. Poi, a costo di far storcere il naso agli analisti di mestiere (anche a quelli che non ci azzeccano mai), proviamo a battere strade meno convenzionali in cerca, se non proprio di certezze matematiche, almeno di qualche fondato sospetto su quanto potrà succedere.
Case
Già specializzati, ma molto importanti per chi investe guardando agli Usa, sono i segnali dell’andamento del mercato immobiliare americano, dal quale si scatenò nel 2008, con i famosi mutui subprime, la madre di tutte le crisi finanziarie. Li trovate con un po’ di semplice ricerca su Internet (fa testo per esempio il National House Reporting di Re/Max): il 2012 è stato un anno di svolta, con aumenti delle vendite e ancor di più dei prezzi medi delle case, i primi mesi del 2013 sono andati ancora meglio, con incrementi che non si vedevano dal 2009.
Debito
Degli Usa continua a far paura soltanto il gigantesco debito pubblico. Volete sapere quant’è adesso? E quanto velocemente cresce? Collegatevi al sito usdebtclock.org, dove potrete vedere in tempo reale, su un quadrante dove i numeri si aggiornano vorticosamente, l’impressionante escalation negativa dei conti pubblici americani (qui sopra la sua rappresentazione a venerdì scorso).
Indice della paura
Il concetto di paura, sui mercati finanziari, è legato a un particolare indice: il Vix (CBOE volatility index). Calcolato dal Chicago Board Option Exchange, è costituito da un paniere di opzioni riferite allo S&P 500. Misura la cosiddetta volatilità implicita (in pratica la «velocità» nei 30 giorni successivi) del mercato azionario americano. Quando gli operatori temono un calo dei mercati, si proteggono comprando opzioni put, e in questo caso il Vix sale. Quando riprendono fiducia, non comprano più opzioni put, o addirittura le vendono, e allora il Vix scende. Quanto vale ogni giorno l’indice Vix, lo trovate facilmente su Yahoo Finanza. Anche senza una conoscenza del mercato delle opzioni lo si può guardare per capire qual è, in qualsiasi momento, il polso degli operatori. Sotto 20 punti la situazione si può ritenere tranquilla. In generale, più in basso scende il valore, più le aspettative sul mercato azionario americano sono rialziste. Che cosa ci dice di questi tempi il Vix? Che non dobbiamo assolutamente aver paura, dal momento che viaggia abbondantemente sotto quota 20. Ai tempi della crisi russa, nel 1998, il Vix arrivò a superare 45, un livello sfiorato anche nei giorni peggiori seguiti all’attentato alle Torri Gemelle nel settembre 2001. Toccò addirittura 80,86 il 20 novembre 2008, testimoniando i sentimenti di panico diffusi sui mercati con il fallimento di Lehman Brothers.
Vacanze ad Atene
Se il meteo di Wall Street segnala bel tempo, lo stesso non si può dire per l’euro, anche se il peggio sembrerebbe passato. Qui fa testo il famigerato spread. Rappresenta, ricordiamolo, la differenza di rendimento, espressa in punti base (100 punti base uguale 1%), tra i titoli di stato decennali di ogni Paese e quelli della Germania. Nel caso dell’Italia lo spread a 320, per esempio, significa che i Btp rendono il 3,2% in più dei Bund tedeschi. Ma il tormentone quotidiano dello spread, non dimentichiamolo, è nato dalla crisi greca.
Forse sarà opportuno, nei prossimi mesi, tenere sott’occhio l’andamento del turismo in Grecia. La capacità dello Stato greco di ripagare i suoi debiti dipende infatti moltissimo dalla maggiore fonte di ricchezza per l’economia greca, appunto il turismo.
Uragani e petrolio
Un altro dato fondamentale per l’economia, e quindi per gli investitori, è il prezzo del petrolio. Si può guardare con un po’ di lungimiranza a quanto accade nel Golfo del Messico, area chiave per il mercato del greggio. Qui gli uragani, con crescente intensità negli ultimi anni, colpiscono l’estrazione e la raffinazione.
Conoscere prima le previsioni, in questo caso meteorologiche, consente di evitare, e magari ai più esperti di anticipare, sfruttandole, le forti oscillazioni del mercato petrolifero che si riverberano sui mercati finanziari.
Lionello Cadorin