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 2013  aprile 29 Lunedì calendario

LOTTA ALL’EVASIONE. TROPPI SANTI IN PARADISO (FISCALE) - I

paradisi fiscali sono cellule fuori controllo dell’ordine mondiale. Ma quanto fuori controllo? Il buco nero dell’economia planetaria è pari a 21 mila miliardi di dollari (nascosti al fisco), secondo James Henry, ex capo economista di McKinsey. Il più grande furto della storia, che si perpetua. Prendiamo l’Atlante e senza entrare troppo nei sofisticati «distinguo» politici o di certe liste (black, grigia o grigia chiara), rinfreschiamo la memoria. Andiamo a vedere chi sono i capi di Stato delle Cayman o delle Bvi, di Cook, Niue o Curaçao; chi comanda alle Bahamas e Bermuda o a Madeira e Macao. Un viaggetto geopolitico può servire.
Lotta quasi implacabile
Intanto ricordiamo le parole dei Grandi della Terra. «Barack Obama vuole recuperare 100 miliardi dai paradisi fiscali», scrivevano i giornali nel 2008. Lo stesso presidente americano ha definito gli investimenti con base a Cayman un «oltraggio» e una «frode fiscale». Ma il Delaware che cos’è se non una sponda (compiacente e legale) di tanti ricchi che «ottimizzano» le tasse scomparendo poi nelle nebbie di Panama o del Belize? È un punto fondamentale: nessuno utilizza un unico appoggio offshore, è la combinazione di giurisdizioni che cancella le tracce. È un cocktail in cui ogni singolo ingrediente può dichiararsi pulito e innocente.
«Lotta implacabile ai paradisi fiscali», tuonava poche settimane fa il presidente francese François Hollande (nel frattempo il ministro del bilancio confessava di avere soldi nascosti tra Svizzera e Singapore e spuntavano le società alle Cayman dell’ex tesoriere di Hollande, Jean-Jacques Augier).
Fermiamoci qui e torniamo all’atlante.
Territori della Corona
Le Cayman sono tre isolotti nel Mar delle Antille, 55 mila abitanti, 264 chilometri quadrati pari a un terzo della provincia di Lodi. Le British Virgin Islands (Bvi) sono 40 isolette per appena 151 chilometri quadrati e 30mila abitanti. Stati sovrani e autonomi? No, sono territori britannici d’oltremare con una relativa autonomia: il capo dello Stato è il sovrano del Regno Unito. Le Bvi hanno un governatore che esercita le funzioni delegate dalla regina Elisabetta II e nomina il primo ministro. Insomma sono dipendenze del Regno Unito o colonie britanniche come vengono ancora definite. Lo scorso dicembre il primo ministro di Cayman venne arrestato per corruzione.
Improbabile che Elisabetta II sia del tutto all’oscuro di come si guadagnano da vivere queste isolette. Quando dici Cayman, per esempio, vengono in mente le banane o la finanza offshore? Bermuda è un altro gioiello della Corona. Gibilterra è un territorio esterno sotto sovranità britannica. Dipendenze della Corona britannica sono le Isole del Canale e l’Isola di Man. Tutte pedine di quel gioco universale che sottrae migliaia di miliardi dai bilanci degli Stati. Tutte «complici», tutte con il marchio GB.
Peschiamo qua e là dalle cronache. Nella caccia al tesoro della famiglia di Hosni Mubarak gli investigatori hanno trovato un fondo delle Bvi schermato da una compagnia cipriota. L’inchiesta Dirty Money della Direzione Antimafia ha portato alla luce una frode per decine di milioni dirottati verso finanziarie delle Bvi. All’aeroporto Jfk l’Fbi ha arrestato il tesoriere della cosca degli Arena di Isola Capo Rizzuto: gestiva gli affari della ndrangheta attraverso una società delle Bvi. Raffaele Amato, detto ’O Spagnolo, trafficante di droga, camorrista, capo del clan degli Scissionisti di Secondigliano, arrestato nel 2009, aveva società di copertura a Panama e Bvi.
From Usa to London
Ma quando Obama parlava di «oltraggio» e «frode fiscale» a proposito di Cayman, saranno fischiate le orecchie a qualcuno a Londra?
Certo però che Panama è uno dei luoghi al mondo più sicuri e protetti per la finanza grigia e nera. Chi da sempre esercita un’influenza notevolissima sugli assetti politici del Paese del Canale? Washington. Usa e Regno Unito hanno marciato uniti spendendo miliardi per rovesciare regimi dispotici e cacciare terroristi, possibile che non riescano a mettere in riga qualche isoletta?
Corone Unite
In un altro Oceano, sotto la protezione della Nuova Zelanda, Cook e Niue ospitano anch’esse i soldi e le società dei ricchi che vogliono nascondersi. Le carte di Offshoreleaks hanno portato alla luce innumerevoli posizioni sospette, tra cui molti italiani. La Nuova Zelanda è uno Stato indipendente nell’ambito del Commonwealth. Dunque il capo dello Stato è ancora Elisabetta II. Il suo viceré «in loco», con ampi poteri, è Jerry Mateparae. Anche le Bahamas per molti aspetti sono un paradiso fiscale, cambia il governatore ma il sovrano è sempre quello.
L’Olanda aveva anch’essa un impero coloniale e quel che rimane è un paradiso fiscale e del gioco d’azzardo (che talvolta vuol dire riciclaggio). Curaçao e Sint Maarten, sono territori esterni della monarchia olandese.
E Madeira? È così piena di commercialisti che non si trovano più elettricisti. Passano di lì centinaia di operazioni sospette eppure siamo in territorio portoghese, in pieno Atlantico, 545 km a nord-ovest del Marocco. Recentemente 45 persone, tra cui la pornostar Jessica Rizzo, sono state indagate dalla procura di Pescara (pm Paolo Pompa) per una presunta maxi frode fiscale realizzata via Madeira. È un caso tra mille ma, chissà perché, è al top nel ranking di Google.
Hong Kong e Macao vivono di luce propria ma hanno le caratteristiche dei classici paradisi fiscali; su di loro veglia la Cina.
I grandi del mondo urleranno ancora e batteranno i pugni contro le isole che offrono sponda ai proventi dell’evasione e riparo ai soldi della criminalità. Ma è una sensazione contraddittoria: sembra di vedere il «palo» di una rapina gridare che c’è una rapina in corso.
Mario Gerevini