Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 29/04/2013, 29 aprile 2013
PRESIDENZIALISMO AMERICANO SEMIPRESIDENZIALISMO FRANCESE
Negli ultimi giorni, dopo le note vicende presidenziali, si torna a parlare di presidenzialismo o semipresidenzialismo e di premierato, come di sistemi che permetterebbero di rendere i governi più efficaci attraverso il rafforzamento del potere esecutivo. Accanto a questo obiettivo, mi sembra che una riforma dovrebbe avere anche quello di «rendere le istituzioni più forti dei partiti». Gradirei il suo parere sulla differenza sostanziale tra presidenzialismo e semipresidenzialismo. A parte l’esistenza o meno di un primo ministro, mi sembra che la sostanza dei due sistemi è la costruzione dei noti contrappesi, i quali esistono sia negli Usa che in Francia.
Franco Pettini
pettini@skynet.be
Caro Pettini, vi sono molti presidenzialismi e altrettanti semipresidenzialismi, ma il confronto tra gli Stati Uniti e la Francia è probabilmente quello che può maggiormente interessare gli italiani in questi giorni.
Negli Stati Uniti il presidente è eletto dal popolo e ha un mandato personale che non ha bisogno di ratifiche parlamentari e non è soggetto a un possibile voto di sfiducia. È comandante supremo della forze armate, forma il suo esecutivo (nel linguaggio politico americano «amministrazione») con persone fidate e governa, nei limiti consentiti dalla costituzione, grazie a strumenti che noi chiameremmo decreti e ordinanze. Alle leggi vere e proprie provvedono invece i due rami del Congresso, ma il presidente può approvarle allegando una nota sui modo in cui intende applicarle oppure restituirle con un veto. In questo secondo caso i parlamentari potranno correggerle o approvarle definitivamente, ma con una maggioranza qualificata (due terzi delle Assemblee). Nella democrazia americana, quindi, i due poteri — il legislativo e l’esecutivo — sono nettamente separati e concorrono insieme, con un rapporto spesso dialettico, al governo del Paese. La parola «Government», negli Stati Uniti, non si applica soltanto all’esecutivo, come in Europa, ma al lavoro congiunto dell’esecutivo e del legislativo.
Anche nella Francia della V Repubblica il presidente è eletto dal popolo. Gli articoli della Costituzione che concernono i suoi poteri dicono che è capo delle forze armate; che «assicura con il suo arbitrato il regolare funzionamento dei poteri pubblici e la continuità dello Stato»; che è garante dell’indipendenza nazionale, dell’integrità del territorio e del rispetto dei trattati; che esercita i pieni poteri nelle grandi crisi nazionali. Sono formule dietro le quali si legge in trasparenza che il capo dello Stato è direttamente responsabile, quanto meno, della politica estera e militare della Francia, ma è altresì, quando la patria è in pericolo, un dittatore in pectore.
Esiste anche, tuttavia, un governo che presenta due caratteristiche in teoria difficilmente compatibili: dipende dal presidente della Repubblica che nomina il primo ministro, ma deve contemporaneamente rispondere al Parlamento che può, all’occasione, sfiduciarlo. I costituenti hanno voluto che il capo dello Stato, pur essendo investito dei maggiori poteri, non venisse logorato dall’amministrazione della politica d’ogni giorno e ne hanno scaricato le responsabilità sul governo; ma hanno corso il rischio di depositare nella Carta i germi di eventuali conflitti istituzionali. Se questo non è accaduto, si deve in gran parte al taglio nettamente presidenziale che il generale de Gaulle ha conferito, con il suo stile e il suo metodo di lavoro, alla costituzione della V Repubblica. Se diverrà semipresidenziale, l’Italia dovrà probabilmente definire con maggiore chiarezza i poteri del capo dello Stato e quelli del governo.
Sergio Romano