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 2013  aprile 28 Domenica calendario

L’OCULISTA ARRIVATA IN ITALIA DAL CONGO: «ORA LA RIFORMA DELLA BOSSI-FINI»

Non era mai successo prima, un ministro della Repubblica d’origine africana. Cécile Kyenge mantiene un tono fermo e sicuro, un leggero accento francese, ma poi, sì, confessa: «Mi fa un po’ paura, è una grande responsabilità...». Se c’è un volto che racconta il cambiamento, un volto-manifesto della svolta che il nuovo premier vuole marcare, lei lo sa, è il suo: «Un segnale forte, anche simbolico». Una donna, medico, nata in Congo 49 anni fa è la nuova titolare dell’Integrazione. «La società è multipla, meticcia, bisogna prenderne atto». Il calciatore Mario Balotelli è contento: «Un passo verso un Paese più civile».
Non era scontato. E lei non se l’aspettava, «fino a questa mattina non era nei miei progetti». Poi Enrico Letta l’ha chiamata, e non ha avuto bisogno di convincerla: «Lo conosco come persona seria, trasparente, capace di fare bene». Che cosa le ha detto? «Mi ha voluto per una politica di cambiamento, per lavorare assieme, per dare un segnale all’Italia. Del resto, io ho sempre lavorato per questo».
In ospedale, nelle associazioni, nei Ds e poi nel Pd. L’onorevole Kyenge rivendica un curriculum molto denso, sottolinea lo sforzo di «un gruppo di cui sono portavoce», tiene a ringraziare Livia Turco e il Forum immigrazione dei democratici. Gli ultimi dieci anni tutti politici, nella circoscrizione di un Comune del Modenese, quindi in consiglio provinciale, infine a Montecitorio.
Ma l’impegno è anche più antico, percorre l’intera biografia, e non dimentica l’Africa. Cécile Kyenge Kashetu è nata Kambove, nella Repubblica Democratica del Congo, il 28 agosto 1964. Famiglia numerosa, di «alto lignaggio», raccontano i suoi collaboratori, «ma non ricca». Arriva a Roma poco più che maggiorenne, nel 1983, per studiare Medicina e chirurgia all’Università Cattolica. Sceglie di spostarsi in una cittadina di provincia «a misura d’uomo», e si specializza in Oculistica a Modena. E qui si stabilisce a vivere con il marito, di origine calabrese, e le due figlie, Maisha e Giulia, oggi ventenni. Studio, lavoro, famiglia, pochi svaghi, raccontano, nessun libro in questi giorni sul comodino, l’ultima volta in cui ha avuto il tempo di andare al cinema non se la ricorda neanche più. Le visite in corsia e i programmi sanitari in Congo, il sostegno ai lavoratori stranieri e la Rete Primo Marzo, la carriera nel partito e il progetto «Diaspora africana». La sua immagine su Twitter è il profilo di una donna nera, capelli annodati in treccine e labbra rosse.
«L’integrazione come risorsa per il Paese», twittava ieri. Ma anche in Emilia-Romagna non è stato facile. «Ho dovuto lottare per avere un posto di lavoro in quanto donna e straniera, e c’è voluto del tempo per stabilire un buon rapporto con i pazienti», scriveva sul Corriere Immigrazione. Un percorso lungo: «Forse ora sono io che non ci faccio più caso, ma mi sembra di essere guardata meno come "africana" e molto di più come persona. Certo, qui in Italia la paura del diverso è ancora forte».
Da ministro, Kyenge ha già le sue idee, molto chiare. Una legge sull’immigrazione che superi la Bossi-Fini, norme «che contrastino efficacemente la violenza sessista, razzista, omofoba e di qualsiasi altra natura», nessuna apertura (che qualcuno le ha attribuito) a ingressi indiscriminati, ma «dare valore a chi è sul territorio». Prima di ogni altra iniziativa, però, è già stata depositata alla Camera con la sua firma la proposta di legge sulla riforma della cittadinanza: «La priorità è lo ius soli — dice —, italiano chi è nato e cresciuto in Italia». Il suo ministero comincerà con un’attenzione speciale alle seconde generazioni.
A proposito, come hanno preso la notizia le sue figlie? Kyenge è già in macchina, direzione Castelfranco Emilia: «Sto andando da loro, sono felicissime».
Alessandra Coppola