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 2013  aprile 28 Domenica calendario

UN PEZZO D’AEREO RIAPRE I DUBBI SULL’11/9

A distanza di 11 anni e mezzo, New York cova i suoi più recenti fantasmi nei recessi più bui. Ben nascosto da anni di incuria e cumuli di spazzatura, in uno stretto vicolo fra due palazzi che si ergono a soli 400 metri a Nordest del sito del World Trade Center, è stato trovato ieri un grosso rottame metallico, lungo più di un metro e mezzo, attribuito senza ombra di dubbio a uno dei due Boeing 767 che si schiantarono l’11 settembre 2001 sulle Torri Gemelle. Il relitto era praticamente incastrato nel tetro budello largo nemmeno mezzo metro che corre fra due strade di Manhattan, le parallele Murray Street e Park Place. È il pezzo di un meccanismo per la retrazione del carrello di uno dei velivoli, tanto da portare stampigliato in un angolo il marchio di fabbrica della Boeing. I due edifici fra i quali si era incuneato, sono un palazzo che ospita un centro ricreativo e, ironia della sorte, una moschea. Il ritrovamento è stato casuale, originato dalla richiesta a un’azienda specializzata in sgomberi del proprietario del palazzo sito al n.51 di Park Place, perché fosse ispezionato e ripulito il vicolo dove nel corso del tempo si era accumulata immondizia su immondizia. Subito allertato, il dipartimento di polizia della Grande Mela è intervenuto in forze per presidiare l’area e chiuderla al transito, come una vera scena del crimine.
COMPLOTTISTI
Il commissario Ray Kelly ha commentato che «ciò riporta a terribili memorie chiunque si trovava qui e fu coinvolto nell’evento». Non è solo questione di rivangare il passato, poiché la scoperta di quel pezzo di carrello potrebbe mandare in soffitta definitivamente (se mai ce ne fosse bisogno) certe teorie complottiste secondo cui addirittura i grattacieli non furono colpiti da alcun aeroplano. Così sostenevano ad esempio Nico Haupt e Morgan Reynolds, secondo i quali le riprese viste in tutti i telegiornali del mondo sarebbero state artefatte elettronicamente e a colpire i palazzi sarebbero stati addirittura due missili mascherati da «ologrammi» riproducenti le sembianze virtuali dei Boeing 767.
La partita dei rottami è sempre stata cruciale e anche per il caso dell’attacco al Pentagono si parlò di un missile, perché da più parti ci si insospettì della «sparizione» dei relitti dei Boeing, nonostante si siano trovati i resti delle parti più robuste, in acciaio o titanio, come i componenti dei motori a turbina, mentre il grosso del velivolo, in alluminio, è stato praticamente liquefatto dal calore del kerosene incendiato. Del resto, limitandoci ai due velivoli schiantatisi sulle torri WTC, i loro pesi sommati arrivavano a circa 300 tonnellate, non poco materiale, ma «diluito» fra le 250.000 tonnellate di acciaio della struttura dei due grattacieli, che contando poi cemento, vetro, fondamenta, eccetera, arriva a macerie per un totale di 2 milioni di tonnellate. Praticamente, i resti dei due aeroplani rappresentavano grossomodo, in chili, l’1 per 1000 del metallo e l’1 per 10.000 dell’intero cumulo di detriti.
D’altronde oggi resta ben poco dei rottami metallici dell’attentato, per esempio una grossa trave del WTC, prelevata da Ground Zero nel maggio 2002 e poi riforgiata per farne un monumento. Tutto o quasi il metallo recuperato dal luogo della sciagura fu rivenduto come materiale da fonderia soprattutto in Cina, Corea e India, ma simbolicamente una piccola parte venne fusa in America e utilizzata per costruire la prua di una nuova nave da guerra Usa, la “New York”, nave d’assalto anfibio varata nel 2007.
Il perché di tanta mobilitazione per quel pezzo d’acciaio nel vicolo è subito apparso chiaro, quando agli agenti si sono uniti colleghi della scientifica con macchine fotografiche e strumentazione. Ed è legato anche alla spinosa questione dell’identificazione delle vittime. «Non è escluso che accanto ai rottami si possano trovare anche resti umani», ha infatti confermato il commissario Kelly. Del resto, lo scorso 30 marzo il comune di New York ha ufficialmente riaperto la «caccia» a possibili resti ossei delle vittime del World Trade Center. Dati i continui progressi nell’identificazione del Dna anche in condizioni molto critiche dei reperti, si è infatti deciso di ripassare al setaccio nell’arco dei prossimi 4 mesi 450 metri cubi di macerie e detriti provenienti da Ground Zero e attualmente conservati, separati dai comuni rottami, nella discarica di Fresh Kills Landfill, a Long Island.
Finora, delle 2753 vittime dell’11 settembre registrate solo a New York, alle quali se ne aggiungono altre 241 fra l’attacco al Pentagono e la distruzione del Volo 93 dopo la rivolta dei passeggeri, ne sono state identificate 1634, di cui una trentina negli ultimi tempi, grazie a tecniche assai più progredite rispetto a quelle di 10-12 anni fa. In più ci sarebbero resti ossei di altre 27 persone, i cui Dna non coincidono però con alcuna vittima presunta o dispersa, né, sembra, col profilo genetico di qualcuno degli attentatori.
FAMIGLIE INFURIATE
È inoltre freschissima negli Usa la memoria dello scandalo suscitato un annetto fa, nel febbraio 2012, dall’ammissione da parte del Pentagono che numerosi resti di vittime degli attentati del 2001 erano stati gettati per errore in una discarica anziché restituiti alle famiglie. E le polemiche sono già scoppiate. Le famiglie delle vittime, infatti, avrebbero preferito che si evitassero nuove costruzioni a Ground Zero e dintorni per facilitare le ricerche di detriti e resti umani legati alle stragi. «L’obiettivo era costruire, costruire e soldi, soldi, al diavolo i resti umani», ha commentato Sally Regenhard, la madre di un vigile del fuoco morto nei soccorsi l’11 settembre.
Non è comunque la prima volta che il comune di New York riapre le indagini sui resti umani. Le aveva sospese nell’aprile 2005, per riaprirle un anno e mezzo dopo, sull’onda di un ritrovamento eccezionale. Il 20 ottobre 2006, durante lavori di scavo nell’area del disastro, erano stati rinvenuti oltre una decina di resti umani, alcuni erano piccole ossa, ma c’erano anche pezzi di gambe e braccia non del tutto decomposti e perfino due portafogli di vittime. Le indagini erano state nuovamente sospese nel 2010, per ripartire in queste settimane con metodi più accurati.