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 2013  aprile 29 Lunedì calendario

RANE E RANOCCHIE

La rana è tornata. Forse non starà più a testa in giù sulla Punta della Dogana a Venezia, nella scultura di Charles Ray, visto che il sindaco della città la vuole togliere. Di sicuro è riapparsa nelle edicole italiane: «Frogs & co.». È la nuova collezione di ranocchie di plastica molle che comprende ben 16 esemplari, rospi compresi: Raganella occhi rossi, Rana volante di Giava, Dendrobate azzurro, ecc. Ognuna ha la sua scheda, come la Rana dipinta asiatica, consueta in Cina, detta anche Rana toro, che somiglia a un sasso e vive in zone umide, appiccicosa e tossica.

I bambini hanno decretato il successo di questa ennesima collezione di mostriciattoli edita dalla DeAgostini. Perché? Le rane sviluppano un doppio atteggiamento: attrazione o repulsa. Del resto, come ci dice il Dizionario dei simboli di Chevalier-Gheerbrant (Rizzoli), si tratta del simbolo della materia oscura, legato all’acqua e alla metamorfosi. Ambigua o ambivalente, che dir si voglia, la rana è amata dai bambini, sia nella versione morbida del pupazzo sia in questa tutta gommosa. Non a caso si tratta di un anfibio, a cavallo tra due regni, che incarna la tensione tra energia e stasi. Come ha detto una volta Stefano Bartezzaghi, la rana possiede un design preistorico, e ai bambini piace questo ritorno alle età primigenie.

In fondo la rana è la versione minore del dinosauro, che conosce da alcuni decenni un incontrovertibile successo nella popolazione infantile dei Paesi occidentali (e non solo lì). L’arcaico, il remoto, attrae, come il futuribile e il fantascientifico. Non somigliava forse a «qualcosa» sospeso tra la rana e il dinosauro l’extraterrestre ET di Spielberg, che nel 1982 ha decretato il ritorno al futuro? Forse è quell’elemento ancestrale che lavora in tutti noi, e in particolare nei cuccioli dell’uomo, a spingere i visitatori della Punta della Dogana a posare per gli obiettivi fotografici accanto all’anfibio pendente tra le mani del ragazzino.

Il personaggio, ispirato a Huckleberry Finn, nel romanzo di Mark Twain ascolta il gracidare delle ranocchie spinto da una sensazione di stupore meravigliato di fronte al mistero del creato, senza negare quel po’ di crudeltà che scorre nelle sue vene di giovane maschio, tanto da afferrare per la zampa uno di quegli strani animali e sospenderlo per aria. Forse è meno crudele di Galvani, che le disseccava per i suoi fondamentali (per noi) esperimenti sull’elettricità. Rana, omnia munda mundis.